Potrebbe sembrare una perdita di tempo, nel nostro mondo convulso e spesso indifferente, affrontare il tema della gentilezza come aspetto centrale nella cura delle persone anziane. Però, i lettori comprenderanno come l’intera impostazione di questo nostro mensile sia volta a indicare i mondi possibili (che vuol dire realizzabili!), dove gli atti di cura dedicati alle persone fragili, in ogni ambito, inducono enormi e più stabili vantaggi se sono compiuti con gentilezza.
In questi giorni Nature, la più importante rivista scientifica del mondo, ha pubblicato un articolo dal titolo molto espressivo: La gentilezza come azione di sanità pubblica. È importante osservare che, dopo questo articolo, che è quasi un indicatore di percorso obbligato per i nostri servizi, la gentilezza passi dall’essere solo un’encomiabile e utilissima caratteristica del rapporto personale tra chi dona e chi riceve un aiuto, a rappresentare una caratteristica irrinunciabile per l’intera organizzazione della sanità pubblica. Di conseguenza, chi considera la gentilezza soprattutto come un’azione suggerita dal buon cuore deve ricredersi; il lavoro di Nature indica in modo preciso che la gentilezza ha rilevanti conseguenze sull’organizzazione dei servizi, nei quali deve diventare uno stile e non un’opzione. Se questo avverrà su larga scala, come è auspicabile e ‘possibile’, ne avranno vantaggio tutti i cittadini.
Di seguito riassumo alcune modalità attraverso le quali, a mio giudizio, si esprime la gentilezza nell’ambito dei servizi di cura. Infatti, permette di superare le barriere che talvolta erigono quelli che chiedono aiuto, i silenzi di chi non ha nemmeno il coraggio di chiedere un supporto o è troppo orgoglioso per farlo, i rifiuti di chi, pur essendo in difficoltà, non ha la capacità di accettare la mano tesa. La gentilezza è il segno esteriore di una moralità profonda, di un desiderio sincero, che si esprime con atti visibili, di essere utile per alleviare la sofferenza dell’altro. Il desiderio di curare toglie di mezzo qualsiasi pretesa di risarcimento, concreto o psicologico. Inoltre, la gentilezza non è mai noiosa, ripetitiva, pesante, intrusiva, ma sempre lieve, pur senza perdere di concretezza e quindi di serietà e credibilità. Una delle espressioni della gentilezza è l’affidabilità, modalità per dare alla relazione un tono normale, di rapporto facile e concreto, stabile, che induce fiducia nell’altro, il quale così non deve ogni giorno preoccuparsi se i sentimenti positivi sono o meno destinati a durare nel tempo. La gentilezza nei rapporti tra le persone è una testimonianza che va controcorrente e, come tale, rischia talvolta di non essere compresa: perché un atto di cura, un sorriso, un gesto sereno in un mondo di persone distratte, lontane, prive di sentimenti di vicinanza? Talvolta, la gentilezza deve superare sé stessa, quando le circostanze vanno nel senso contrario; è stato sostenuto che, ad esempio, nel lavoro di cura rivolto a persone con malattie di lunga durata, che impongono disponibilità sulle 24 ore, bisogna “essere santi” per non reagire in modo brusco ad eventuali pressanti richieste, dimenticando gli accenti della gentilezza. Ma in questi casi si gioca davvero la grandezza di un’umanità che non perde le sue fondamentali caratteristiche. La gentilezza deve essere un comportamento ‘normale’ nei servizi dove si prestano cure di valenza clinico-assistenziale, in particolare se dedicati a persone fragili, come l’anziano. Questo, soprattutto quando presenta una compromissione delle funzioni cognitive, è sensibilissimo alle modalità con le quali viene avvicinato, toccato, sostenuto. La gentilezza si esprime in un tono di voce senza accentuazioni, in una carezza che accompagna il contatto tattile, in un volto sereno, in occhi sorridenti. Frequentemente la persona non conserva memoria razionale di quanto ha ricevuto, ma un sentire positivo che dura nel tempo. La gentilezza viene sempre interiorizzata; anche se la risposta non è razionale, induce un sottofondo di vita serena, esso stesso una cura. Nelle Rsa, in particolare, queste indicazioni sono importantissime; è un mondo nel quale nulla passa senza lasciare il segno, in tutti i suoi abitanti, ospiti e operatori. Chi dimentica di vivere entro questa realtà di comunicazione continua, anche se non sempre apparente, si esclude di fatto dalla costruzione di dinamiche che caratterizzano una “vita buona”.
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