Aumenta la contraffazione in Italia, con i dati aggiornati della Guardia di Finanza. Dalle nuove frontiere dell’industria del falso online all’ombra delle mafie, pronte a sfruttare la minaccia dei dazi per espandere i loro affari illeciti.
In crescita il mercato del falso
L’equazione, avvertono gli analisti, è tanto semplice quanto allarmante: più alti sono i dazi doganali, maggiore sarà il rischio di contrabbando e di merce falsa che invade il mercato. Una prospettiva che diventa ancora più preoccupante se guardiamo alla salute — ottima, purtroppo — dell’industria del falso nel nostro paese. I numeri della Guardia di Finanza parlano chiaro e raccontano di un fenomeno che non conosce crisi, anzi, è pronto a sfruttare qualsiasi spiraglio, comprese le tensioni sui mercati internazionali.
Tra il 1° gennaio 2024 e la fine di maggio 2025, i reparti delle Fiamme Gialle hanno condotto ben 8.803 controlli su tutto il territorio nazionale. Il bilancio? Oltre 862 milioni di prodotti contraffatti sequestrati. Se poi si aggiungono anche i beni tolti dal mercato per violazioni legate alla sicurezza e alla tutela del Made in Italy, il totale schizza a un miliardo e mezzo di pezzi. Un’offensiva che ha portato a 6.064 segnalazioni alle Procure e alla denuncia di 4.329 persone, coinvolte a vario titolo nella filiera del falso, dalla produzione alla vendita.
Una mappa che non risparmia nessuno
Guardando alla geografia dei sequestri, emerge un’Italia attraversata da nord a sud da questo fiume di merce illegale.
Il Nord Ovest, cuore pulsante dell’export e dunque più esposto ai rischi derivanti dai dazi, è in cima alla lista con oltre 250 milioni di pezzi requisiti. Seguono Toscana, Lazio e Marche, mentre Nord Est, Campania, Puglia e Sicilia completano il quadro.
Ma non è solo questione di numeri assoluti: la diffusione capillare del fenomeno dimostra come nessuna regione possa dirsi al riparo.
Dai tabacchi alla moda, fino ai rosari
Cosa finisce più spesso nella rete dei controlli? Al primo posto ci sono i prodotti legati al tabacco, come cartine e filtri: quasi 522 milioni di pezzi sequestrati, ai quali si aggiungono tonnellate di tabacco lavorato estero. Seguono le etichette, i loghi e gli imballaggi — ben 283 milioni — veri strumenti di inganno che trasformano articoli scadenti in falsi d’autore, pronti a entrare nei circuiti della moda, della pelletteria e del lusso, dove sono stati sequestrati circa 6 milioni di articoli.
Ma la fantasia dei falsari non conosce confini. Dal mercato sono stati sottratti oltre 22 milioni di giocattoli contraffatti e potenzialmente pericolosi, un milione di prodotti per la cura della persona e una vasta gamma di cosmetici e profumi. Persino la fede religiosa diventa un affare: migliaia di rosari destinati ai pellegrini del Giubileo sono finiti sotto sequestro, ulteriore prova della spregiudicatezza con cui l’industria del falso fiuta le opportunità.
Un conto salato per l’economia e il lavoro
Dietro questi numeri c’è un danno economico e sociale enorme. Il rapporto IPERICO 2024 del Ministero delle Imprese stima in 187,9 milioni di euro il valore dei soli beni contraffatti sequestrati nel 2023. Ma si tratta solo della punta dell’iceberg. Secondo l’Euipo (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale), il commercio mondiale dei falsi ha toccato nel 2021 i 467 miliardi di dollari, pari al 2,3% del totale. Per l’UE, si parla di 117 miliardi di euro. Ricchezza sottratta alle imprese sane, gettito fiscale perso per lo Stato e posti di lavoro evaporati.
A questo si aggiunge un altro fenomeno insidioso, spesso meno percepito ma non meno grave: l’italian sounding. Si tratta di quei prodotti che imitano nomi, colori, simboli e persino font tipici del Made in Italy per far credere ai consumatori stranieri di acquistare un’eccellenza italiana, quando in realtà provengono da tutt’altri paesi. Parmesão in Brasile, Parmesan in Usa o Spagheroni in Germania sono solo esempi di come il richiamo all’italianità venga sfruttato per vendere beni di dubbia qualità, privando le nostre aziende di enormi quote di mercato.
Un inganno che ogni anno sottrae all’Italia circa 120 miliardi di euro, minando la reputazione delle filiere agroalimentari e manifatturiere nostrane.
Social e influencer, nuove vetrine del falso
Come finisce tutta questa merce nelle mani dei consumatori? Sempre più spesso grazie al web. Piattaforme social e influencer sono diventati canali privilegiati per piazzare prodotti contraffatti, recapitati poi tramite pacchi anonimi. Il Nucleo speciale frodi tecnologiche della Gdf ha smascherato vendite di orologi di lusso falsi orchestrate tramite link nascosti, con vetrine online che mostravano immagini ufficiali dei brand ma concludevano la trattativa in chat private.
Dietro questo sistema si muove la criminalità organizzata, con la camorra in prima fila. Ma le procure guardano già avanti: secondo il Procuratore Nazionale Antimafia, Giovanni Melillo, le mafie si stanno attrezzando per sfruttare un eventuale aumento dei dazi, offrendo alle imprese servizi illeciti per aggirare gli aumenti. Si parla di frodi IVA, truffe doganali e false fatturazioni. Un meccanismo rodato che tiene bassi i prezzi per i consumatori, scaricando i costi sulla collettività e alimentando un’economia parallela.
La lotta contro la contraffazione si gioca quindi su più piani: non solo ai confini, ma anche online, nell’analisi dei flussi finanziari e nella collaborazione internazionale.
© Riproduzione riservata