Una circolare dei Ministeri dell’Interno e della Salute chiarisce le nuove modalità di accertamento antidroga: serve dimostrare che la sostanza sia ancora attiva durante la guida. Stop alle sanzioni solo per tracce residue.
Cambiano le regole sui controlli antidroga nel Codice della Strada
Una nuova circolare congiunta dei Ministeri dell’Interno e della Salute ha introdotto importanti chiarimenti sull’applicazione delle norme in materia di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. Il documento, trasmesso a prefetture e forze dell’ordine, segna un’inversione rispetto all’interpretazione più rigida della legge approvata lo scorso novembre.
Il principio cardine su cui si fonda il nuovo indirizzo è che, per poter procedere con sanzioni e sospensione della patente, occorre accertare non solo la presenza della sostanza nell’organismo, ma anche che questa produca ancora effetti al momento della guida.
Non basta un test positivo: servono effetti attivi
In base alla precedente formulazione normativa, bastava un test positivo — anche a distanza di giorni o settimane dall’assunzione — per essere considerati colpevoli. La nuova circolare rivede questo criterio: “Occorre dimostrare che la sostanza stupefacente o psicotropa assunta sia ancora attiva e influenzi le capacità psico-fisiche del conducente al momento del controllo”.
Si torna dunque a un principio di prossimità temporale tra l’assunzione e la guida. Solo se si riesce a stabilire che l’assunzione è avvenuta in un periodo immediatamente precedente alla guida, è possibile procedere a incriminazioni o sanzioni amministrative.
I controlli: come avvengono oggi
Il documento chiarisce nel dettaglio la procedura che le forze dell’ordine devono seguire per accertare la guida sotto effetto di droga. Il primo passo resta il test salivare, considerato un accertamento preliminare. Se il test risulta positivo, si procede al prelievo di due campioni di saliva.
Entrambi i campioni vanno conservati a 4 gradi e inviati nel più breve tempo possibile a un laboratorio di tossicologia forense. Lì si effettuano le analisi “di conferma”, necessarie per validare il primo esito e individuare la presenza di metaboliti.
Metaboliti. Solo quelli attivi contano
Un punto centrale della circolare riguarda la distinzione tra metaboliti attivi e inattivi. I primi indicano che la sostanza è ancora in grado di produrre effetti psicoattivi, i secondi che l’effetto è esaurito.
La sola presenza di metaboliti inattivi, dunque, non può essere usata come prova per sostenere l’accusa di guida sotto effetto di sostanze. Viene inoltre specificato che i test delle urine non sono idonei a determinare lo stato di alterazione psico-fisica al momento del controllo, perché possono rilevare tracce risalenti a molti giorni prima.
Nessuna penalizzazione per farmaci e terapie
La circolare interviene anche su un altro fronte delicato: quello dei farmaci. Se la presenza di metaboliti è riconducibile a terapie farmacologiche prescritte dal medico — ad esempio psicofarmaci o farmaci a base di oppiacei — non si procede ad alcuna incriminazione.
Il chiarimento, in questo caso, serve a evitare che persone in cura vengano sanzionate in modo ingiustificato, pur non essendo in stato di alterazione durante la guida.
Le analisi di secondo livello
Quando l’esame di conferma rileva metaboliti attivi, si apre la strada a una possibile incriminazione. Il secondo campione di saliva, tuttavia, viene conservato a -18 gradi per almeno un anno: ciò garantisce la possibilità di una contro-analisi, richiesta dalla magistratura o dalla difesa.
Questa procedura si allinea agli standard dell’Associazione Gruppo Tossicologi Forensi Italiani, che ha stilato le linee guida seguite dai laboratori per assicurare attendibilità e correttezza scientifica.
Il caso del segretario radicale
Intanto, ha fatto notizia il gesto simbolico di Igor Boni, segretario di Radicali Italiani, che si è autodenunciato pubblicamente: “Sto guidando e sono positivo al test per il THC”, ha dichiarato, sollevando la questione dei controlli e delle pene automatiche in presenza di semplici tracce di cannabis.
Un’iniziativa che ha riacceso il dibattito su un’applicazione più equilibrata delle norme, tenendo conto delle differenze tra uso ricreativo, terapeutico e le tempistiche di metabolizzazione delle sostanze.
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