All’inizio di luglio sono iniziati anche in Italia i test per la sperimentazione della psilocibina. La sostanza estratta dai funghi allucinogeni sembra funzionare contro la depressione resistente.
Forse la soluzione per la depressione resistente potrebbe risiedere in una molecola per decenni demonizzata: la psilocibina. La sostanza deriva da alcuni tipi di funghi allucinogeni usati in passato per “esperienze” spirituali e rituali, ma che oggi sta vivendo un “rinascimento” nella ricerca scientifica grazie ai promettenti risultati ottenuti in studi clinici per il trattamento di diversi disturbi psichiatrici.
Cos’è la psilocibina e come verrà sperimentata anche in Italia
Anche nel nostro Paese, quindi, dopo l’autorizzazione dell’Aifa, è iniziata la prima sperimentazione della psilocibina per trattare la depressione nelle forme resistenti ai trattamenti tradizionali. Il nuovo studio è coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e finanziato dai fondi PNRR. Sarà condotto presso la Clinica Psichiatrica dell’ospedale di Chieti, con il supporto del Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche dell’Università “D’Annunzio”. Vedrà inoltre la collaborazione della ASL Roma 5 e dell’Azienda Ospedaliero Universitaria “Ospedali Riuniti” di Foggia. Con una durata prevista di 24 mesi, la sperimentazione coinvolgerà 68 pazienti affetti da depressione resistente. Questi pazienti riceveranno la psilocibina in un ambiente strettamente controllato e sotto costante supervisione medica, garantendo la massima sicurezza e aderenza ai protocolli di ricerca.
Come funziona la psilocibina
L’interesse nasce dal modo unico in cui la psilocibina interagisce con il cervello. Una volta assunta, si converte in psilocina, la quale agisce sui recettori della serotonina. Questa interazione contribuisce a modulare l’attività delle reti cerebrali coinvolte nell’umore, nella percezione e nel pensiero, offrendo un approccio innovativo alla salute mentale.
Negli ultimi anni, studi clinici condotti negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Svizzera e in Australia hanno mostrato risultati notevoli. Questi studi indicano che solo una o due somministrazioni di psilocibina possono produrre effetti antidepressivi rapidi e duraturi, con miglioramenti clinici significativi che persistono fino a sei mesi in pazienti che combattono la depressione resistente ai trattamenti tradizionali.
Per approfondire questi effetti, i ricercatori nello studio attuale utilizzeranno tecniche avanzate di neuroimaging e neurofisiologia. Questi metodi sofisticati forniranno immagini dettagliate del cervello, con l’obiettivo di identificare specifici biomarcatori cerebrali e aprire la strada a nuove strategie nella psichiatria di precisione. Ciò potrebbe rivoluzionare il modo in cui comprendiamo e trattiamo le forme gravi di depressione.
Dall’antichità ad oggi, una breve storia della psilocibina
La storia della psilocibina attraversa millenni, intrecciandosi con le pratiche spirituali ancestrali, la ricerca scientifica pionieristica e i movimenti culturali del XX secolo, fino alla sua rinascita odierna come potenziale strumento terapeutico.
L’uso dei funghi contenenti psilocibina (spesso chiamati “funghi magici”) risale a migliaia di anni fa. Le evidenze archeologiche suggeriscono che queste sostanze fossero impiegate in rituali e cerimonie sciamaniche in diverse culture in tutto il mondo, dall’Europa all’Africa, all’Asia e alle Americhe. In Mesoamerica, in particolare, l’uso di funghi psichedelici era radicato nelle pratiche religiose e mediche delle civiltà precolombiane come gli Aztechi e i Maya.
Per millenni, la conoscenza di questi funghi e dei loro effetti è stata tramandata oralmente, spesso in contesti segreti e ritualistici, rimanendo sconosciuta al mondo occidentale fino al XX secolo. Tutto questo sino a R. Gordon Wasson, un banchiere e etnobotanico amatoriale americano. Negli anni ’50, Wasson e sua moglie Valentina Pavlovna Guercken furono tra i primi occidentali a partecipare a una cerimonia mazateca in Messico, dove ebbero l’opportunità di sperimentare l’uso dei funghi psilocibinici.
Questa pubblicazione catturò l’interesse di Albert Hofmann, il chimico svizzero che aveva sintetizzato l’LSD. Nel 1958, Hofmann riuscì a isolare la psilocibina e la psilocina dai funghi Psilocybe mexicana forniti da Wasson e ne determinò la struttura chimica. Questo fu un passo cruciale per la comprensione scientifica della molecola.
Negli anni ’60, la psilocibina, insieme all’LSD, divenne un simbolo della controcultura e del movimento hippie, diffondendosi rapidamente per usi ricreativi e di esplorazione della coscienza. Parallelamente, ci fu una prima ondata di ricerca scientifica sulle sue potenzialità terapeutiche, in particolare per la psicoterapia. Tuttavia, verso la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, le sostanze psichedeliche, inclusa la psilocibina, furono classificate come illegali nella maggior parte dei Paesi, con rigide restrizioni sulla ricerca. Nel 1971, la psilocibina fu inserita nella Tabella I della Convenzione unica sulle sostanze stupefacenti delle Nazioni Unite, limitando drasticamente la sua ricerca e applicazione medica. Per diversi decenni, la ricerca sulla psilocibina è stata quasi completamente interrotta. Solo alla fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 si è assistito a una riapertura degli studi, spinti da un crescente interesse per le sue potenziali applicazioni terapeutiche.
© Riproduzione riservata