Nel 2024 si sono contati in Italia 295 milioni reati di pirateria digitale. Le cifre sono in calo ma i danni economici sono reali: 2,2 miliardi di euro e 12mila posti di lavoro andati in fumo. I dati dell’indagine Fapav/Ipsos 2024, presentata nell’ambito degli Stati Generali della lotta alla pirateria.
Sarà forse merito del Piracy Shield e la nuova legge sull’antipirateria? Difficile dire se il leggero calo dei reati nel settore sia dovuto a questo. Negli ultimi due anni con l’entrata in vigore della nuova legge antipirateria e l’attivazione, a febbraio 2024, di Piracy Shield, in Italia è attiva una piattaforma che, entro 30 minuti, può bloccare la messa online illegale di contenuti sportivi live. A questo va aggiunto che anche Google, nel nostro Paese, ha avviato una collaborazione con l’Agcom per contrastare il fenomeno dello streaming illegale di contenuti protetti da copyright. Eppure, la pirateria digitale, con i suoi 295 milioni reati nel 2024, ci è costata moltissimo sia in termini economici che lavorativi.
Quanto costa lo streaming illegale nel nostro Paese
Le ripercussioni sull’economia sono tutt’altro che trascurabili. Tra film, serie/fiction e sport live le aziende possono lamentare un ammanco in termini di fatturato di circa 2,2 miliardi di euro. Il che vuol dire: una perdita per il PIL pari a circa 904 milioni di euro, un mancato introito per lo Stato pari a 407 milioni, una perdita di oltre 12mila posti di lavoro.
Chi sono i pirati digitali italiani
Secondo i dati dell’indagine sviluppata da Fapav/Ipsos 2024 quasi 4 italiani adulti su 10 (38%) hanno commesso almeno un atto di pirateria. Il 29% ha fruito in modo illecito di film, il 23% di serie/fiction, il 22% di programmi e il 15% di sport live. In tutto questo, gli atti di pirateria compiuti sono in calo dell’8% rispetto al 2023 e del 56% rispetto al 2016, anno in cui sono iniziate le rilevazioni. La pirateria sportiva, ad esempio, è praticata dal 15% della popolazione adulta. Resta il calcio il contenuto più ‘piratato’. Seguono Formula 1, tennis e Moto GP.
Come già osservato negli anni precedenti, il tipico pirata di contenuti audiovisivi ha meno di 35 anni (39%), è occupato (60%) e vanta un livello di istruzione superiore alla media nazionale, con il 21% in possesso di una laurea. La maggior parte si trova nel Sud Italia e nelle Isole (40%). I più giovani, invece: nel 2024 circa il 40% degli adolescenti ha commesso almeno un atto di pirateria. Nonostante ciò, si è registrato un calo del 14% nel numero totale di atti illeciti rispetto al 2023, per un totale di 17,7 milioni di atti complessivi.
Quali canali usano
Per fruire in modo illecito di contenuti, i pirati digitali italiani usano soprattutto IPTV illegali (22%). Si tratta di servizi a pagamento non autorizzati che consentono di accedere illegalmente a contenuti normalmente disponibili solo tramite abbonamento o acquisto su piattaforme legali. La cosa assurda, però, è la percezione: chi almeno una volta se ne è avvalso nel 2024, sa che ciò può generare un danno a economia e società (70%), ma il 45% tende a non considerarlo come un reato.
Altri modi per vedere contenuti protetti in modo illegale? Streaming (18%), download/peer-to-peer (15%), social network (13%) e le app di messaggistica istantanea (10%).
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