Il rispetto della libertà e della dignità della persona anziana è la condizione di partenza affinché si abbia uno spazio abitativo adeguato. A questo si aggiungono le dimensioni degli appartamenti, la salvaguardia della salute e la bellezza degli edifici, tanto per cominciare
Varie sono le risposte possibili per rendere vivibile l’esistenza degli anziani in una società in continua trasformazione, e troppo spesso caratterizzata da solitudine e insicurezza sul piano psicologico e pratico: centri diurni, luoghi di ritrovo e di aggregazione spontanei o predisposti dal volontariato, assistenza domiciliare leggera o più strutturata, counseling per organizzare una vita buona, in particolare in presenza di malattie croniche come la demenza. Sono alternative ciascuna con un proprio profilo, peraltro spesso interpretato con originalità dalle realtà locali; vanno analizzate con attenzione e delicatezza da parte di chi deve consigliare la soluzione più appropriata rispetto alla condizione della singola persona anziana interessata e nel rispetto della sua libertà e dignità.
Le soluzioni di cohousing devono avere alcune caratteristiche:
1) Collocazione dell’edificio in zone piacevoli e con servizi adeguati (trasporti, negozi, uffici, chiese, ecc.). Se possibile, è importante prevedere alcune aree verdi fruibili da parte degli inquilini, alcune delle quali disponibili anche per il vicinato.
2) Le dimensioni degli appartamenti devono essere modulabili a seconda della richiesta (singoli, coppie, presenza di badante, ecc.), con particolare attenzione alle donne sole. Inoltre, è necessario garantire sistemi di allarme e collegamenti con servizi adeguati in caso di emergenze sanitarie o legate alla sicurezza personale. Si deve infine garantire una pulizia rigorosa degli spazi comuni e, su richiesta e a pagamento, delle singole abitazioni. In alcuni casi, si possono fornire pasti a domicilio, anche se la scelta di fondo deve essere a favore di un’autonomia il più ampia possibile. La conduzione del cohousing dovrà dedicare attenzione ad evitare che gli inquilini si “adagino” sui servizi, perdendo progressivamente la propria autonomia psicologica e fisica.
3) In una struttura di cohousing particolare attenzione deve essere data al controllo dell’ambiente di vita (ad esempio, temperatura, presenza di gas tossici, di fumo, presenza di cibi nel frigorifero, frequenza degli accessi ai servizi igienici, ecc.) e dalla condizione di salute dell’inquilino attraverso l’adozione di rilevatori indossabili. Questo sistema impone che vi sia un operatore che sappia comprendere i dati per predisporre eventuali interventi di supporto. La stessa persona dovrà garantire, anche se part time, una presenza nel cohousing, al fine di controllare la qualità complessiva del servizio, ma anche le eventuali tensioni tra gli inquilini (i quali, peraltro, al momento della stipula del contratto devono sottoscrivere alcuni precisi impegni per la partecipazione alla vita collettiva). Dovrà inoltre avere la sensibilità per identificare la comparsa di comportamenti degli ospiti che richiedono interventi professionali. Infine, dovrà vagliare ogni nuova domanda di ingresso, per una collocazione opportuna dei nuovi ospiti (fino a quale livello di compromissione cognitiva o motoria è opportuno accettare le eventuali domande?).
4) È infine importante costruire edifici belli, negli esterni e negli interni; è un aspetto determinante per la qualità della vita dei futuri inquilini, che talvolta abbandonano abitazioni dignitose e giustamente pretendono di vivere in luoghi con le caratteristiche di ambienti accurati. Gli interni devono essere piacevoli, adatti in particolare alle donne che desiderano ricostruire angoli di vita personalizzati. Gli inquilini non devono vivere come un fallimento personale le nuove soluzioni abitative. Inoltre, la città nel suo complesso deve riconoscere che la bellezza è un diritto di tutti, indipendentemente dall’età. Se è possibile, inserire nei nuovi edifici piccole opere d’arte. Per l’architettura contemporanea la progettazione di un cohousing deve rappresentare una sfida: troppe opere esteticamente banali (o brutte!) abbiamo visto in questi anni nell’ambito dei servizi per gli anziani!
5) È necessario prevedere la possibilità di un percorso protetto dalla struttura di cohousing verso una Rsa, nel caso l’ospite perda la propria autosufficienza. È un aspetto delicato, ma importante, perché la paura di un futuro incontrollabile in caso di bisogno è diffusa tra gli anziani. Nell’insieme l’ospite deve sentirsi libero ma protetto; non è una contraddizione, ma il risultato di una conduzione prudente e determinata.
6) Tra gli aspetti irrinunciabili della gestione di una nuova struttura di cohousing vi è la formazione degli operatori, di ogni competenza e professionalità; per molti di loro si tratta, infatti, di un modello operativo nuovo. Particolare rilievo deve essere dato alla formazione degli operatori sociosanitari, che rappresentano la funzione portante del progetto. Peraltro, la nuova struttura deve poter contare su un documento-programma che ne indica lo scopo e il significato e quindi suggerisce i comportamenti più adeguati rispetto agli obiettivi delineati.
Infine, la gestione di una struttura di cohousing deve prevedere la possibilità di attuare sperimentazioni, che progressivamente migliorino la prassi dell’ospitalità.
© Riproduzione riservata