Vuoti di memoria e amnesie temporanee possono capitare a tutti. Ma quando dobbiamo preoccuparci e pensare che siamo di fronte ai sintomi precoci dell’Alzheimer? Un nuovo studio, sviluppato in Toscana, potrebbe aiutare a riconoscerli in anticipo grazie alla combinazione di modelli matematici ed elettroencefalogramma.
Un vuoto di memoria, una dimenticanza, una momentanea amnesia. Si tratta di situazioni normali che tutti abbiamo provato almeno una volta nella vita. Quando dobbiamo preoccuparci allora? Quando possiamo pensare che si tratti di sintomi precoci dell’Alzheimer? Fino ad oggi l’unico modo per capire se eventuali vuoti di memoria siano i primi segnali dell’Alzheimer è ricorrere a esami complessi come la PET cerebrale o l’esame del liquido cerebro-spinale. Dopotutto, L’Alzheimer è una delle sfide più grandi della medicina contemporanea, con un impatto sempre maggiore su chi ne soffre, sulle loro famiglie e sui sistemi sanitari.
Modelli matematici ed elettroencefalogramma
Da diverso tempo la ricerca si sta sempre più concentrando sulle fasi prodromiche della malattia, cioè il periodo precedente all’insorgere dei sintomi evidenti di demenza. Proprio uno studio coordinato dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi e l’Università degli Studi di Firenze, ha avviato lo sviluppo di un nuovo metodo. Combinando modelli matematici ed elettroencefalogramma, potrebbe aiutare a riconoscere i sintomi precoci dell’Alzheimer, aprendo la strada a nuove tecniche diagnostiche che, con le necessarie verifiche, in futuro potranno supportare i medici nella pratica clinica. Lo studio, intitolato Digital Twins and Non-Invasive Recordings Enable Early Diagnosis of Alzheimer’s Disease, è stato pubblicato sulla rivista Alzheimer’s Research & Therapy.
Secondo Alberto Mazzoni, professore associato di Bioingegneria presso l’Istituto di Biorobotica della Scuola Sant’Anna e coordinatore dello studio: “Non solo saremo in grado di fornire una previsione sempre più affidabile del rischio di sviluppare l’Alzheimer in persone che non hanno ancora evidenti sintomi clinici, ma siamo riusciti a farlo con un metodo completamente nuovo, potenzialmente molto più semplice da utilizzare per ospedali e pazienti rispetto ai metodi attualmente in uso”.
Lo studio sui sintomi precoci dell’Alzheimer
L’obiettivo di questa ricerca, che ha superato i quattro anni, è prevedere la possibile insorgenza della demenza di Alzheimer in individui che non mostrano ancora sintomi clinici conclamati. Nello studio, sono stati analizzati i dati di 124 persone, di cui 86 con lievi disturbi cognitivi di natura solo soggettiva. Questo approccio ha permesso di predire nell’88% dei casi l’esito dell’esame del liquido cerebro-spinale basandosi unicamente sull’elettroencefalogramma. Inoltre, si è riusciti a prevedere 7 conversioni su 7 a un declino cognitivo oggettivabile. Ovviamente si tratta di numeri non molto elevati e, soprattutto, di un tempo di osservazione relativamente limitato per fenomeni che richiedono anni per manifestarsi pienamente. Per questo, sarà necessario ampliare i dati disponibili e proseguire il monitoraggio dei pazienti nei prossimi anni.
“La tecnologia è promettente – afferma Valentina Bessi, responsabile del Centro per i disturbi cognitivi e le demenze presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi di Firenze e professoressa associata di Neurologia presso l’Università di Firenze – e può essere un ulteriore strumento per aiutare nella diagnosi il medico, conoscitore della complessità fisica, psichica e sociale del paziente. Identificare l’Alzheimer quando i segni clinici sono ancora lievi, ma sono già presenti alterazioni biologiche, è oggi considerato fondamentale. La diagnosi precoce sta aprendo nuove possibilità di intervento, consentendo l’accesso a trattamenti innovativi che potrebbero rallentare la progressione della malattia e migliorare la qualità della vita”.
Come funziona il modello matematico per l’Alzheimer
È stato utilizzato un modello matematico che descrive il cambiamento dell’attività cerebrale nel progredire dell’Alzheimer per investigare i segnali che annunciano l’inizio della malattia. Successivamente, è stata analizzata l’attività cerebrale di oltre cento anziani con lievi problemi di memoria tramite una semplice registrazione dell’elettroencefalogramma. Combinando queste analisi, per ciascuno di loro è stata sviluppata una versione personalizzata del modello cerebrale, permettendo di identificare quali soggetti fossero a rischio di sviluppare l’Alzheimer.
La combinazione di metodi di simulazione cerebrale avanzati con un semplice elettroencefalogramma ha dimostrato di superare l’efficacia delle metodologie impiegate fino a ora. Attualmente, lo studio è stato condotto interamente in Italia, ma è in corso un’iniziativa per una validazione più ampia, che includerà collaborazioni con centri europei.
Quali possono essere i sintomi dell’Alzheimer
L’Alzheimer si manifesta spesso con segnali iniziali che possono essere facilmente confusi con il normale processo di invecchiamento. Eppure, riconoscere questi sintomi precoci è di cruciale importanza, poiché permettono di intervenire tempestivamente e migliorare significativamente la qualità della vita di chi ne è colpito e delle loro famiglie.
Il campanello d’allarme più frequente è senza dubbio la perdita di memoria, soprattutto quella che influenza la vita quotidiana. Non parliamo del semplice dimenticare dove si sono messe le chiavi, ma piuttosto del non ricordare informazioni apprese di recente, date significative, eventi importanti o la tendenza a ripetere le stesse domande o storie in un breve lasso di tempo. Spesso, si nota una crescente dipendenza da appunti o promemoria, e le conversazioni recenti tendono a svanire rapidamente dalla mente.
Non solo problemi di memoria
Accanto alla memoria, si manifestano spesso difficoltà nella pianificazione o nella risoluzione dei problemi. Attività che un tempo erano semplici, come seguire una ricetta o gestire il bilancio familiare, diventano improvvisamente complesse. La concentrazione diminuisce e si impiega molto più tempo per completare mansioni che prima richiedevano pochi sforzi. Si può perdere la capacità di mantenere l’organizzazione o di gestire più compiti contemporaneamente, creando frustrazione e disorientamento.
Un altro segnale da non sottovalutare è la difficoltà a svolgere compiti familiari. Azioni routinarie, come guidare verso un luogo ben noto, ricordare le regole di un gioco amato o seguire una sequenza di passaggi per vestirsi o cucinare, possono diventare problematiche. Questo impatta direttamente sull’autonomia e sull’indipendenza della persona.
La confusione con tempi o luoghi è un sintomo distintivo. Gli individui possono perdere il senso delle date, delle stagioni o del passare del tempo in generale. Possono trovarsi disorientati riguardo a dove si trovano o a come sono arrivati in un determinato posto, con episodi di smarrimento anche in ambienti conosciuti. La difficoltà a comprendere eventi che non accadono nell’immediato è un altro aspetto di questa confusione.
Problemi alla vista e alla comunicazione
Anche la sfera visiva può essere compromessa, con difficoltà a comprendere immagini visive e rapporti spaziali. Questo può manifestarsi in problemi di lettura, nel giudicare le distanze o nel distinguere colori e contrasti, portando a incomprensioni come scambiare il proprio riflesso in uno specchio per un’altra persona. La comunicazione subisce alterazioni significative. Si notano nuovi problemi con le parole, sia nel parlare che nello scrivere. Trovare la parola giusta durante una conversazione diventa arduo, si tendono a ripetere parole o frasi, e la capacità di seguire un discorso o di esprimere chiaramente il proprio pensiero si riduce, impoverendo il lessico.
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