Basta un test genetico per prevenire effetti collaterali e migliorare l’efficacia dei farmaci, fin dalla nascita. Cos’è e come funziona il passaporto genetico
Di passaporto genetico, uno strumento digitale o cartaceo che permette di prevedere in anticipo le reazione dell’organismo a determinate terapie mediche, si parla oggi molto. Di fatto si tratta di un documento che raccoglie le informazioni genetiche di un individuo, in particolare quelle relative ai geni coinvolti nella risposta ai farmaci. L’uso si basa su test di farmacogenetica che analizzano specifiche varianti del DNA in grado di influenzare l’efficacia o la tossicità dei medicinali, consentendo così di personalizzare i trattamenti farmacologici fin dalla nascita. In Olanda, il passaporto genetico è già parte integrante della pratica clinica, e l’Italia sta muovendo i primi passi per integrarlo nel proprio sistema sanitario.
La farmacogenetica: una nuova frontiera della medicina personalizzata
Il passaporto genetico si basa sulla farmacogenetica, una disciplina che studia come le differenze genetiche tra le persone influenzano la risposta ai medicinali. Alcune varianti nel patrimonio genetico individuale, infatti, possono determinare se un farmaco sarà efficace, se avrà effetti collaterali o se richiederà un dosaggio personalizzato. L’uso del passaporto genetico nel caso delle statine, prescritte per abbassare il colesterolo, è uno degli esempi più concreti dell’applicazione della farmacogenetica nella pratica. Alcune varianti genetiche influenzano infatti il modo in cui l’organismo metabolizza questi farmaci, aumentando il rischio di effetti collaterali come dolori muscolari e crampi. Grazie al passaporto genetico è possibile identificare in anticipo i pazienti più sensibili agli effetti collaterali, adattando il tipo di farmaco o il dosaggio alle caratteristiche genetiche individuali. Questo approccio personalizzato consente di ottimizzare l’efficacia del trattamento e ridurre i rischi, migliorando l’aderenza del paziente alla terapia.
Il test per ottenere il passaporto genetico
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è necessario sequenziare l’intero genoma per ottenere un passaporto genetico. È sufficiente un’analisi mirata di una selezione di geni chiave, quelli coinvolti nel metabolismo e nel trasporto dei farmaci. Una volta identificata la presenza di determinate varianti, queste informazioni vengono elaborate da algoritmi clinici internazionali per classificare l’individuo in base alla sua capacità di metabolizzare i farmaci. È così possibile sapere, per esempio, se una persona è un ‘metabolizzatore lento’ e ha quindi bisogno di una dose più bassa per evitare effetti indesiderati. Uno dei casi più rilevanti riguarda gli anestetici: conoscere in anticipo le varianti genetiche associate al rischio di reazioni avverse può salvare vite, anche se il paziente non ha mai subito un intervento chirurgico. Un altro esempio riguarda la gentamicina, un antibiotico che può provocare gravi danni all’udito nei neonati con una specifica mutazione nel DNA mitocondriale.
Linee guida per portare la genetica in corsia
Affinché il passaporto genetico entri nella pratica clinica quotidiana, sono necessarie linee guida chiare. Queste indicazioni servono a standardizzare i test, interpretarne correttamente i risultati e guidare medici e farmacologi nella scelta della terapia più adatta. Il modello ideale prevede un lavoro coordinato tra genetista e clinico: il primo esegue il test e ne interpreta i dati. Il secondo li utilizza per definire la terapia migliore, in termini di farmaco e di dose. Il principio che guida tutto è semplice: il farmaco giusto, alla dose giusta, per la persona giusta. Tra l’altro il passaporto genetico non è utile solo in caso di malattia. Può essere realizzato già alla nascita, offrendo un vantaggio importante in termini di prevenzione. Conoscere in anticipo la predisposizione genetica alla risposta ai farmaci consente di evitare terapie inutili o pericolose e di orientare sin da subito le scelte mediche.
Passaporto genetico: il futuro della medicina è già iniziato
Molti Paesi europei – tra cui Olanda, Germania e Spagna – hanno già integrato le linee guida di farmacogenetica nel proprio sistema sanitario. Nel Regno Unito, è stato sviluppato un test genetico in grado di identificare in soli 30 minuti i neonati a rischio di tossicità da gentamicina. Anche in Italia, la Società Italiana di Genetica Umana sta lavorando alla stesura di un documento nazionale per regolamentare l’uso del passaporto genetico nella pratica clinica. Aggiornate periodicamente, queste linee guida permettono di includere nuove conoscenze scientifiche e adattarsi alla realtà genetica specifica del nostro Paese. Il rischio di trascurare varianti rilevanti viene così ridotto, aumentando la sicurezza e l’efficacia delle terapie.
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