Nell’agosto del ’44 a Sant’Anna di Stazzema furono uccisi 130 bambini, a Marzabotto più di 200. Viaggio nell’Italia del Secondo conflitto mondiale tra gli episodi che hanno segnato la storia dell’umanità
Ottanta anni fa, l’8 maggio 1945, dopo sei anni di una guerra totale e devastante, la Germania si arrese ufficialmente. La notizia in Italia venne accolta da una popolazione ormai allo stremo, provata anche, in ultimo, da una guerra fratricida e dall’occupazione nazista. Milioni di civili – e tra loro, migliaia di bambini – subirono le conseguenze più dure di un conflitto che negli ultimi tempi si era spostato dentro le case, nei campi, nelle scuole distrutte.
Uno degli episodi più tragici avvenne a Sant’Anna di Stazzema, in Toscana, il 12 agosto 1944. Quel giorno, le truppe delle SS, in collaborazione con i fascisti locali, uccisero 560 civili. Tra loro c’erano 130 bambini, il più piccolo aveva solo 20 giorni. Una sorte simile toccò a Marzabotto, in Emilia, nell’autunno dello stesso anno: oltre 770 morti, tra cui più di 200 bambini.
Ma la fine non arrivava solo con il fuoco delle mitragliatrici. Anche i bombardamenti alleati, pur se mirati a obiettivi strategici, colpirono pesantemente la popolazione civile. Roma stessa, dichiarata città aperta, fu bersagliata dalle bombe. Il 19 luglio 1943, nel quartiere San Lorenzo, morirono migliaia di persone. Anche in quel caso, tanti erano bambini, colti nel sonno o mentre cercavano rifugio tra le rovine. E ancora Cassino, ridotta a un cumulo di macerie: per mesi divenne la linea del fronte, con una popolazione civile costretta a vivere tra le bombe, gli spari e la fame. Per scampare agli stenti, molti bambini furono sfollati al Nord e a Roma, strappati di colpo alle loro famiglie.
Per i piccoli italiani di allora, la guerra significò l’interruzione della scuola, la perdita della casa, la separazione dai genitori (spesso al fronte o dispersi), la fame cronica. I vestiti erano rattoppati, le scarpe passate, nel migliore dei casi, dai fratelli maggiori; il cibo si trovava tramite la borsa nera o grazie alla solidarietà tra vicini. Facile immaginare il gusto o la qualità delle pietanze servite in tavola. Alcuni furono costretti a fuggire dalle città, sfollati in campagna o ospitati da parenti sconosciuti. La paura era quotidiana: del buio, dei soldati, del rumore degli aerei. Molti non capivano cosa stesse succedendo, ma impararono presto a riconoscere il fischio di una bomba o a scappare alla vista di un elmetto.
Poi arrivarono gli americani, le barrette di cioccolata e i pacchi del piano Marshall, pieni di cibo, vestiti e altri beni di prima necessità, che sembravano provenire dal Paese dei Balocchi.
Era l’inizio di una nuova vita, ma dimenticare è impossibile e ingiusto. I bambini di allora sono gli adulti molto anziani di oggi: le loro memorie, cariche della purezza e dello stupore dell’infanzia mescolati all’orrore della guerra, sono le testimonianze dirette – preziose e autentiche -, fondamentali per riavvolgere il nastro della storia. E per ricordare, ancora e per sempre, gli effetti dell’odio e della protervia degli adulti su un’infanzia violata che nessuno restituirà più.
Ottant’anni dopo la fine del Secondo conflitto mondiale il mondo non è diventato più pacifico e la drammatica condizione dei bambini nelle zone di guerra non è cambiata. Secondo i dati dell’Uppsala Conflict Data Program (UCDP), nel 2024 erano in corso 16 conflitti. In Siria, in Afghanistan, in Yemen, in Ucraina, a Gaza, in Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, i bambini continuano a essere le vittime silenziose. A Gaza, denuncia Save the Children, almeno 132.000 bambini sotto i cinque anni rischiano di morire per malnutrizione e 135 sono già morti di fame, 20 dei quali da quando la carestia è stata dichiarata, il 22 agosto scorso.
In Yemen, nove anni di conflitto hanno costretto più di 4,5 milioni di persone, tra cui più di 2 milioni di bambini, a lasciare le loro case. Su 32,6 milioni di abitanti, 18,2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e il 53% sono ancora i bambini. Per le Nazioni Unite l’invasione russa sta provocando danni fisici e psicologici devastanti a una generazione di piccoli ucraini, senza più istruzione né assistenza sanitaria. Si stima che oltre 600 di loro siano stati uccisi e più di 1.420 feriti. Numeri probabilmente al ribasso. L’Unicef riporta che in Sudan, dove la guerra civile è riesplosa nel 2023, le scuole sono diventate campi di battaglia, e milioni di piccoli sfollati vivono senza acqua né cure mediche. Molti sono vittime di abusi sessuali e costretti all’arruolamento forzato.
I numeri cambiano, ma le storie si ripetono. Anche oggi, come nell’Italia di quasi un secolo fa, in troppi crescono senza scuola, senza sicurezza, con la paura quotidiana negli occhi. La fame, la mancanza di cure, il trauma della perdita sono gli stessi di allora. Il volto della guerra, ancora una volta, è quello di un bambino impaurito.
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