Il 24 ottobre del 1945 entrava in vigore la Carta delle Nazioni Unite, firmata nel giugno precedente a San Francisco. Tra svolte epocali e promesse incompiute il “governo mondiale” è ancora un miraggio.
80 anni di ONU: una ricorrenza in tempi difficili
In uno dei momenti più difficili della sua storia, mentre la sua efficienza e la sua stessa esistenza sono messe in discussione, l’Organizzazione delle Nazioni Unite compie ottant’anni. La Carta che la istituiva, firmata a San Francisco il 26 giugno del 1945, entrò infatti in vigore il 24 ottobre successivo, dopo essere stata ratificata (ossia confermata e incorporata nel diritto interno) dalla maggioranza degli Stati firmatari, compresi i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, ossia Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Francia e Cina, i Paesi vincitori della seconda guerra mondiale. Nata sulle ceneri della Società delle Nazioni, che invano aveva cercato di mantenere la pace tra le due guerre mondiali, l’ONU ebbe una lunga gestazione.
Dalla Carta Atlantica alla fondazione
Già nell’agosto del 1941, su iniziativa del presidente americano Franklin Delano Roosevelt, Stati Uniti e Gran Bretagna concordarono la cosiddetta Carta Atlantica, che prevedeva la creazione di un “sistema di sicurezza generale stabilito su basi più ampie”.
Questo impegno fu ribadito il 1° gennaio del 1942 nella Dichiarazione delle Nazioni Unite, che sanciva la nascita del fronte degli Alleati opposto alle nazioni dell’Asse. Solo a fine agosto del 1944, però, dopo il decisivo “sbarco in Normandia”, cominciarono a Dumbarton Oaks, un sobborgo di San Francisco, i lavori preparatori della Carta dell’ONU. In più di un mese di discussioni si decise che la nuova organizzazione avrebbe avuto un carattere mondiale e universale: sarebbe stata aperta a tutti i Paesi del mondo e si sarebbe occupata non solo di pace e sicurezza, ma anche di questioni sociali ed economiche. Poi se ne delineò la struttura, basata su tre organi principali: l’Assemblea Generale, il Consiglio di Sicurezza e il Segretario Generale.
Assemblea Generale, Consiglio di Sicurezza e Segretario Generale
L’Assemblea Generale è l’organo principale dell’ONU: ne fanno parte tutti gli Stati membri (51 alla prima sessione tenutasi a Londra nel gennaio del 1946, oggi 193), ognuno dei quali dispone di un voto. Si riunisce a New York a settembre di ogni anno per sessioni ordinarie che durano fino al mese di dicembre, approva il bilancio dell’organizzazione, nomina il Segretario Generale (su proposta del Consiglio), elegge i membri non permanenti del Consiglio e discute tutte le questioni relative alla pace e alla sicurezza internazionale, potendo compiere studi ed effettuare raccomandazioni non vincolanti.
Il Segretario Generale, nominato per cinque anni, è il supremo organo amministrativo dell’organizzazione; negli anni ha assunto un prestigio morale dovuto essenzialmente alla caratura politica e diplomatica del titolare della carica. Il Consiglio di Sicurezza, infine, è l’organo decisionale dell’ONU: è formato da 15 membri, di cui 10 eletti ogni due anni dall’Assemblea e 5 permanenti (i Paesi vincitori della seconda guerra mondiale). Prende decisioni urgenti per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, con voto favorevole di almeno 9 membri e previa approvazione di tutti i membri permanenti.
Il potere dei Membri Permanenti
Questi ultimi, infatti, in base a quanto stabilito nel famoso vertice di Yalta (febbraio 1945), dispongono del diritto di veto: il voto contrario di uno solo dei cinque Paesi può bloccare qualunque decisione.
La spartizione del mondo in zone di influenza, delineata proprio a Yalta, e la successiva Guerra Fredda tra USA e URSS ha di fatto peralizzato per decenni l’attività del Consiglio, attraverso la pratica dei veti incrociati. Con la crisi dell’URSS sembrava essersi aperto uno spiraglio: nel novembre del 1990 il Consiglio adottò la risoluzione 678, che autorizzava l’uso della forza per imporre il ritiro delle truppe dell’Iraq di Saddam Hussein dal Kuwait, grazie all’astensione della Cina e al voto favorevole di Mosca (con Michail Gorbačëv al Cremlino).
Tra Kosovo e Libia, gli interventi militari dell’ONU
In pochi casi, però, lo schema si è ripetuto negli anni successivi (nel 1999 è stato autorizzata la presenza di forze internazionali nel neonato Kosovo, nel 2011 è stato decretato un intervento a protezione dei civili nella Libia di Gheddafi), scontrandosi peraltro con un problema costante: una volta decise misure che comportavano l’uso della forza, a chi affidarne l’esecuzione? La soluzione è sempre stata quella di delegare l’intervento alle forze armate di uno o più Stati membri, di fatto rinunciando alla direzione e alla responsabilità diretta delle operazioni.
Queste circostanze hanno creato imbarazzi tanto nell’opinione pubblica quanto fra gli esperti, provocando accuse di manovre imperialistiche celate dietro gli interventi armati sotto l’egida dell’ONU. Peraltro un sistema di forze armate autonome delle Nazioni Unite, pur previsto dalla Carta istitutiva, non si è mai realizzato (i “caschi blu” ne rappresentano solo un embrione) lasciando di fatto monca l’organizzazione.
Un futuro fatto di sfide e riforme necessarie
Il miracolo di un consesso deputato alla discussione e al confronto fra tutti gli Stati del mondo non può essere sottovalutato: è il più ampio mai realizzato nella storia.
Ma oggi più che mai l’ONU accusa il passare del tempo e mostra la corda: le nuove tensioni internazionali paralizzano il Consiglio di Sicurezza e la ridefinizione profonda del contesto geopolitico, con la decolonizzazione e l’affermazione dei Paesi emergenti (che vengono spesso a trovarsi in maggioranza nell’Assemblea Generale), impone di riequilibrare gli assetti dell’organizzazione, ancora troppo legati al secondo dopoguerra. Si troverà la forza di avviare (e completare) il processo? Oppure servirà una nuova deflagrazione globale per accelerare drammaticamente le decisioni? In un’epoca di crisi dello “spirito globale”, occorre un’azione profonda di ripensamento e rilancio per realizzare l’ipotesi, sempre auspicabile, di un “governo mondiale” legale e democratico.
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