Il Paese vanta una storia di divisioni e influenze esterne, è un mosaico di identità culturali e linguistiche con un ruolo chiave nella strategia geopolitica internazionale
Il Cremlino considera la Moldavia una sua zona di influenza storica e legittima, mentre per Bruxelles il Paese è una priorità nell’agenda di allargamento dell’Unione europea. Si tratta di un piccolo Stato nato 34 anni fa dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, con una popolazione simile a quella di grandi città italiane come Milano o Napoli. Ma ha una posizione geografica di grande rilevanza strategica: incastrata tra l’Ucraina e la Romania, sulla rotta tra l’Europa occidentale e l’area post-sovietica. La capitale, Chisinau, dista appena 150 chilometri da Odessa, rendendo il Paese un crocevia chiave nell’attuale contesto geopolitico. La Moldavia ha alle spalle una storia segnata da divisioni e influenze esterne: il territorio è passato sotto il controllo di Impero Russo, Romania e Unione Sovietica, creando un mosaico di identità culturali e linguistiche. Questa eredità storica pesa ancora oggi sul piano politico, con una parte della popolazione orientata verso Mosca e un’altra decisa a rafforzare i legami con l’Europa occidentale. Un ruolo fondamentale è svolto dalla regione separatista della Transnistria, la striscia di territorio più orientale della Moldavia che dal 1992, dopo un breve conflitto armato, è di fatto sotto il controllo di Mosca. Da allora la Russia mantiene lì una presenza militare significativa. La Transnistria funziona come un avamposto militare del Cremlino in Europa orientale, diventando una leva di destabilizzazione politica, economica e sociale. Il dispiegamento militare garantisce a Mosca un’influenza diretta sulle dinamiche interne del Paese e ostacola ogni processo di integrazione europea. Il 28 settembre 2025 i cittadini moldavi sono stati chiamati alle urne per le elezioni politiche. Da una parte i partiti filo-europei, guidati dalla presidente Maia Sandu, favorevole all’adesione Ue. Dall’altra i partiti filo-russi, che negli ultimi anni hanno registrato una crescita costante. Un elemento determinante è stato il voto della diaspora moldava, costituita principalmente da cittadini emigrati in Europa, Italia inclusa. Nel 2024 questa componente ha votato compatta a favore di Sandu e dei partiti europeisti, spostando l’ago della bilancia e confermando quanto la mobilità internazionale influisca sulla politica interna. La questione europea resta centrale nel dibattito politico: Bruxelles ha promesso l’avvio formale dei negoziati di adesione entro la fine del 2025. Non si tratta di un ingresso immediato, ma dell’inizio di un percorso lungo e complesso, che richiederà riforme profonde in settori chiave come giustizia, economia, burocrazia e lotta alla corruzione. Le istituzioni Ue, insieme ai governi di Germania, Francia e Polonia, mirano a consolidare il legame con la Moldavia, temendo un ritorno sotto un’influenza russa più marcata. A fine agosto, pochi giorni prima delle elezioni, Chisinau ha visto la visita di alto profilo del cancelliere tedesco Friedrich Merz, del presidente francese Emmanuel Macron e del primo ministro polacco Donald Tusk. Una presenza simbolica che sottolinea l’importanza della Moldavia per l’Europa e la determinazione dei principali governi continentali a sostenere l’integrazione del Paese. Merz ha dichiarato: «La porta verso l’Unione europea resta aperta, la Moldavia non è solo geograficamente, ma anche storicamente parte della famiglia europea». Sandu ha aggiunto: «Non c’è alternativa all’Europa; senza l’Ue la Moldavia rimane bloccata nel passato». Macron ha ribadito che la stabilità moldava è prioritaria per l’intera regione. Tusk, parlando in romeno, ha citato un proverbio: “Con la pazienza si può attraversare il mare”. L’opposizione filo-russa ha criticato la visita, parlando di “ingerenza straniera” e di sostegno diretto a Sandu e al suo partito. Nonostante le promesse europee e il sostegno internazionale, la Moldavia è sola ad affrontare instabilità interna e pressioni regionali. La popolazione è in calo, con una perdita media di circa 16mila persone all’anno dovuta soprattutto all’emigrazione verso Italia, Germania e altri Paesi europei. L’età media si attesta intorno ai 40 anni, con una natalità bassa. La riduzione della forza lavoro aumenta le difficoltà economiche e la vulnerabilità politica, mentre lo Stato dipende già in larga misura dagli aiuti europei e internazionali. A questa fragilità si aggiunge la crisi energetica: all’inizio del 2025 è stato interrotto il flusso di gas siberiano verso la Transnistria. Ne sono derivati disagi nella fornitura energetica e aumenti dei costi per i cittadini moldavi, alimentando la narrativa filo-russa secondo cui il governo di Chisinau non garantirebbe sicurezza e servizi, in particolare alle comunità russofone e alle aree orientali del Paese. La combinazione di pressione esterna, fragilità demografica, vulnerabilità economica e instabilità energetica rende la Moldavia un nodo strategico e delicato nel confronto tra Mosca e Bruxelles, con effetti che si riverberano sull’intera regione dell’Europa orientale.
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