Il giovane cosentino, sulle orme di nonno Luigi, riporta in vita il mestiere di cestaio, tra le vie di uno dei piccoli borghi calabresi che soffre lo spopolamento. In cantiere anche l’apertura di un museo
«Anno dopo anno, mi convinco sempre di più che al Sud, considerato fanalino di coda, serva questo: dare vigore al verbo fare anche per sfatare stereotipi che ci accompagnano da sempre. Le tradizioni sono la nostra identità, senza la nostra storia, senza la conoscenza del nostro passato non possiamo avere un futuro. Per questo, le tradizioni non solo vanno recuperate ma soprattutto tramandate alle future generazioni affinché si mantenga vivo questo legame indissolubile con i nostri antenati e la nostra terra». Andrea Perrotta, classe 1988, ha trasformato la passione per l’artigianato in una missione: preservare e far rivivere le arti calabresi che altrimenti si sarebbero perse per sempre. Mentore speciale? Nonno Luigi, l’ultimo depositario dell’arte della cesteria, che probabilmente oggi avrebbe sorriso sapendo che anche grazie a lui sorgerà un museo, dove il passato rivivrà nelle immagini ingiallite e in bianco e nero. Teatro della vicenda? Cerisano, un piccolo borgo arroccato sull’appennino costiero, a dieci chilometri da Cosenza, in Calabria, che, come tante piccole realtà, soffre lo spopolamento. Un pugno allo stomaco per tanti, poiché da sempre è polo culturale e centro attrattivo dell’interland cosentino: «Sarà banale e scontato ma per me – dice in premessa Andrea – che ci sono nato, cresciuto e vivo questa realtà, è il paese più bello che esista dove valori come l’accoglienza, la solidarietà, la propensione verso il prossimo sono forti e radicati. In questo mondo, basato sull’individualismo dove prevale l’egoismo, tutto questo non è scontato». E anche le reminiscenze di Andrea bambino, che appaiono come flashback, sono musica per il cuore: «I ricordi – racconta – che ho di mio nonno sono legati alla fanciullezza, forse gli anni migliori perché è in quel momento che la vita ci plasma e ci rende individui. Le cose che più mi hanno colpito di lui, e che cerco di fare mie, sono la calma e la pacatezza con cui affrontava tutte le vicissitudini. Da lui ho appreso molto, ma tra i tanti insegnamenti quello che mi ha profondamente segnato è che la vera ricchezza non si basa sui “denari”, sui beni materiali, ma su quello che si lascia nel cuore della gente». Il protagonista di questa storia ha sempre aiutato il nonno che, ormai in là con gli anni, aveva difficoltà nel raccogliere e preparare il materiale d’intreccio ma il suo impegno si fermava lì, Andrea non ha avuto mai la possibilità di apprendere questa tecnica tradizionale fatta di pazienza e lentezza. Quando il nonno, motore di tutto, è venuto a mancare si è reso conto dell’immenso patrimonio culturale svanito con lui, e ha deciso di riprendere da autodidatta, studiando i lavori avuti in eredità da nonno Luigi. Non è stato semplice. Da sempre l’intreccio è stato pensato e tramandato per essere realizzato con mano destra e anche i mancini in passato dovevano intrecciare a man destra.
«Io ho imparato – precisa – dapprima ad intrecciare con la destra poi però ho deciso di capovolgere la tecnica riuscendo così ad intrecciare con la mano sinistra. E mi piace ricordare anche un aneddoto. Nell’ultima estate trascorsa con mio nonno, mentre preparavamo il materiale necessario, mi aveva dato delle talee di salice chiedendomi di piantarle nell’orto. Davanti alla mia perplessità, quasi come se sapesse cosa aveva in serbo il destino per me, mi ha detto; “tu vacci chianta, ca pue ti ci truavi…” (tu valle a piantare, che poi al momento opportuno le troverai…). Nel 2012 mentre ripulivo il terreno dai rovi uscirono fuori queste piante di salice che potai, e l’anno successivo raccolsi quelle verghe che mi fecero appassionare e scoprire la cesteria».
Il giovane artigiano ha poi recuperato le tradizioni di Cerisano, ha intrapreso gli studi umanistici e si è laureato in storia all’Università della Calabria: «La laurea è stata indispensabile per ricercare e studiare con metodo la tradizione. Dopo aver appreso le tecniche di cestaio, ho deciso di recuperare le tradizioni delle varie zone della Calabria Citeriore girando per i vari borghi alla ricerca degli ultimi cestai presenti». Storia recente è invece ciò che nascerà: un laboratorio con una sala didattica e un piccolo museo per tramandare questa tradizione grazie anche all’utilizzo di fondi del Pnrr: «Questo piano – conclude – è linfa per il territorio. Per fortuna, il nostro sindaco, Lucio Di Gioia, è molto attento al tema dello spopolamento e sta lottando per evitarlo grazie alla realizzazione di progetti che puntano a una crescita turistica del borgo. Tra le tante cose Cerisano è attraversato dalla “via dell’eremita” del Cammino di San Francesco di Paola, e questi progetti non possono che giovare e incentivare i pellegrini a sostare e vivere esperienze uniche nel nostro paese. E io sulle orme di nonno sono contento di fare la mia piccola parte». Perché sono le microstorie, aggiungiamo noi, a costruire la storia grande.
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