In questo ottantesimo anniversario dalla fine della guerra mondiale, abbiamo voluto dedicare le pagine di questo numero alla memoria diretta di quella guerra
80 anni fa finiva la Seconda guerra mondiale, definita “mondiale” perché coinvolgeva più continenti nel conflitto e vedeva, forse per l’ultima volta dopo secoli di battaglie, al centro del conflitto proprio il Continente europeo e le sue sfere d’influenza nel mondo. Eppure, da allora la conflittualità nel pianeta è stata – e continua ad essere altissima- e proprio questi anni dopo la pandemia hanno visto esplodere il conflitto Russia Ucraina alle porte dell’Europa, l’endemica conflittualità Israelo-Palestinese, la guerra civile in Sudan, in uno scenario che papa Francesco aveva definito pochi anni fa “Guerra Mondiale a pezzi”. Così, in questo ottantesimo anniversario dalla fine della guerra mondiale, che vede una percentuale della popolazione sempre più sottile, ma ancora attiva, che la ricorda per esperienza diretta, abbiamo voluto dedicare le pagine di questo numero alla memoria diretta di quella guerra. Qui abbiamo raccolto le testimonianze di chi, in ogni parte d’Italia, avrebbe dovuto prendere a calci un pallone, giocare con le biglie e i pochi giochi che, ricchi o poveri, i bambini della prima metà del ’900 disponevano e, invece, si è dovuto nascondere, con le mani sulle orecchie, per non sentire il boato delle bombe, i colpi di fucile, le urla di chi veniva ammazzato, e si è dovuto nascondere, con le mani sugli occhi, per non vedere i propri cari allontanarsi per sempre. Giuseppe, Nando, Tobia e Bachisio, che si raccontano nelle nostre interviste nelle pagine del Primo piano di questo numero, a quei tempi erano bambini, adolescenti e i loro ricordi restituiscono un’immagine di quell’epoca autentica, toccante e densa di spunti di riflessione molto attuali. Il mondo è cambiato ma il dolore che la guerra infligge, soprattutto sui più piccoli, rimane cristallizzato nel tempo. L’Europa, dotatasi di istituzioni comuni e di un mercato unico, a cui sicuramente mancano ancora tanti tasselli importanti, pareva nondimeno aver finalmente imparato la lezione della storia, inaugurando, dopo lo strazio di una seconda guerra nel giro di 20 anni, un tempo di pace e collaborazione che si è però rivelata solo “continentale”. È evidente come il nostro Continente, antico nella storia, anche dei propri conflitti, abbia la responsabilità di aprire gli occhi della coscienza, incoraggiare e sostenere la pace anche fuori dai propri (ancora sicuri poi?) confini. Alle mente, tornano i versi di Giuseppe Ungaretti, poeta che ha cantato con la sua sintetica capacità di illuminare le cose la Prima guerra mondiale: “Di queste case non è rimasto che qualche brandello di muro. Di tanti che mi corrispondevano non è rimasto neppure tanto. Ma nel cuore nessuna croce manca. È il mio cuore il paese più straziato”.
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