La solitudine colpisce migliaia di over 65, soprattutto al Sud e tra i meno istruiti. Ma quasi 3 anziani su 10 si prendono cura di familiari o fanno volontariato
L’isolamento sociale non risparmia chi è al di là con gli anni. Anzi, secondo quanto emerge dall’ultima rilevazione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), 14% degli over 65 in Italia è a rischio di solitudine. Non ha, cioè, nessun tipo di contatto con altre persone in una settimana normale. Ciò significa che queste persone non frequentano centri anziani, parrocchie o associazioni culturali, e non intrattengono nemmeno conversazioni telefoniche. Una percentuale ampia che, tradotta in numeri assoluti, coinvolge centinaia di migliaia di persone lungo tutta la penisola.
Più istruzione meno solitudine
Nella classifica dell’isolamento sociale, peraltro, le differenze tra uomini e donne risultano minime: il 15% delle anziane contro il 13% degli anziani vive questa condizione. Il vero discrimine dello stare soli emerge, infatti, osservando altri fattori. L’età, in primis, che amplifica potenzialmente il rischio: tra gli ultra-ottantacinquenni, infatti, quasi uno su tre si trova in questa situazione, contro appena il 10% della fascia 65-74 anni. Anche l’istruzione e le condizioni economiche giocano un ruolo determinante. Chi possiede al massimo la licenza elementare ha una probabilità più che doppia di finire isolato rispetto a chi ha studiato più a lungo. Come del resto anche chi affronta serie difficoltà economiche, che addirittura triplica il rischio. Infine, il fattore geografico: nel Mezzogiorno l’isolamento sociale degli anziani tocca il 19%, contro il 10-11% del Centro-Nord.
Il paradosso della connessione digitale
Un aspetto interessante che emerge dall’analisi riguarda l’evoluzione del fenomeno della solitudine sociale negli ultimi anni. Dal 2016 al 2024, la percentuale di anziani a rischio isolamento sociale è scesa dal 21% al 13%, segnando un miglioramento progressivo. Un dato che però nasconde una realtà complessa. La riduzione, infatti, non deriva da un aumento della partecipazione ad attività di aggregazione, sostanzialmente stabile nel tempo. Il merito va piuttosto all’incremento dei contatti a distanza: telefonate, videochiamate e altri strumenti tecnologici hanno permesso a molti anziani di mantenere legami sociali senza muoversi da casa.
Quando gli anziani diventano risorsa
Non tutti gli over 65, fortunatamente, vivono nell’isolamento. Circa il 29% di loro offre un contributo attivo alla società. Il 17% si occupa di parenti conviventi, il 15% aiuta familiari o amici che vivono altrove, mentre il 6% partecipa ad attività di volontariato presso ospedali, parrocchie, scuole o altre organizzazioni. Le donne risultano più propense a prendersi cura degli altri rispetto agli uomini, con un 32% contro il 25%. L’età rappresenta nuovamente un fattore cruciale: se tra i 65-74enni più di uno su tre si rende utile alla comunità, tra gli ultra-ottantacinquenni questa percentuale scende al 14%. L’istruzione fa la differenza: i laureati che contribuiscono attivamente sono quasi il doppio rispetto a chi ha solo la licenza elementare. Nel Sud, inoltre, la percentuale di anziani impegnati come risorsa scende al 25%, contro il 32-33% del Centro-Nord.
La vita sociale oltre la cura: eventi, corsi e volontariato
Partecipare alla vita sociale non significa solo prendersi cura di qualcuno. Circa il 23% degli anziani italiani frequenta eventi sociali: gite organizzate, soggiorni di gruppo, iniziative culturali. Un 5% segue corsi di formazione, dall’inglese all’informatica, passando per le università della terza età. Percentuali che possono sembrare modeste ma che coinvolgono comunque milioni di persone. La partecipazione si abbassa con l’avanzare dell’età, passando dal 28% dei più giovani all’8% dei più anziani. Chi ha studiato di più partecipa quasi quattro volte più di chi ha un basso livello di istruzione. Le difficoltà economiche dimezzano le possibilità di prendere parte a queste attività.
Cosa raccontano i dati dell’ISS
L’isolamento sociale degli anziani non è solo una questione statistica. Rappresenta una sfida per l’intera società, con ripercussioni sulla salute fisica e mentale delle persone coinvolte, sui servizi sanitari e assistenziali, sulla coesione delle comunità. La solitudine prolungata si associa a un maggior rischio di depressione, deterioramento cognitivo, malattie cardiovascolari. Chi vive isolato ha maggiori difficoltà a soddisfare bisogni basilari, ad accedere ai servizi, a chiedere aiuto quando serve. D’altra parte, gli anziani che restano attivi e coinvolti offrono esperienza, tempo, cura, mantenendo vitalità e benessere personale. La sfida per il futuro consiste nel trasformare la tendenza positiva in un cambiamento più profondo, che favorisca la partecipazione reale e fisica alla vita comunitaria. Valorizzando maggiormente il ruolo della terza e quarta età come protagonista attiva della società.
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