Ogni anno il secondo giovedì di ottobre dal Duemila ricorre la Giornata (di sensibilizzazione) mondiale della Vista. Per l’occasione abbiamo intervistato Francesco Bandello. Argomento: la cataratta, una tra le patologie oculari più diffuse nell’età senile.
Tra i cinque sensi la vista è quello più importante nell’esistenza umana. Una sana ed efficiente funzione visiva è necessaria per qualsiasi tipo di attività e per una buona qualità della vita. Eppure la salute degli occhi è spesso trascurata. Sono oltre sei milioni gli italiani che soffrono di patologie oculari, e un terzo di essi presenta una significativa riduzione del visus. In particolare, superati i 50 anni – ma tutti – alle prime manifestazioni di insufficienza visiva dovrebbero sottoporsi alla visita dello specialista e a costanti controlli periodici. Una delle più comuni affezioni dell’occhio, soprattutto nell’età senile è la cataratta (secondo l’Oms, tra le principali cause curabili di cecità e disabilità visiva nel mondo).
Ma che cos’è la cataratta?
La malattia è dovuta ad una progressiva riduzione di trasparenza del cristallino, una lente posta al centro del bulbo oculare, grande quanto una lenticchia, che aiuta a mettere a fuoco le immagini sulla retina, con conseguente visione sfocata e offuscata, ci spiega Francesco Bandello, presidente APMO (Associazione Pazienti Malattie Oculari), direttore della Clinica Oculistica e della Scuola di specializzazione in Oftalmologia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Quali sono le cause dell’opacizzazione della lente?
La senescenza, l’esposizione eccessiva al sole senza la protezione degli occhiali e alla “luce blu” emessa dai dispositivi digitali, dal computer allo smartphone.
Che possiamo fare quando il cristallino è ormai opaco?
L’unica soluzione alla cataratta è rappresentata dalla terapia chirurgica. Non esistono farmaci che possano eliminarla. La facoemulsificazione, l’intervento correttivo tra i più sicuri e frequenti, è quasi sempre di tipo ambulatoriale. Dopo un’anestesia di superficie, si procede alla rimozione del cristallino opaco e alla sua sostituzione con una lente artificiale. Non tutti sanno che la procedura consente di correggere anche le eventuali patologie oculari già presenti nella persona, come la miopia. Già dopo un paio di ore dall’estrazione della cataratta, il paziente riacquista la vista e può fare a meno degli occhiali.
Ci può parlare brevemente del laser a femtosecondi. Secondo lei, sarà il futuro?
Il laser a femtosecondi è utile per eseguire alcune importanti fasi dell’intervento chirurgico di rimozione della cataratta. Non può sostituire il facoemulsificatore, ma può consentire di rendere più precisi gli atti chirurgici che precedono l’asportazione del cristallino catarattoso.
Una volta si diceva che bisognava operare la cataratta quando era “matura”. Per quale ragione?
La tecnica chirurgica utilizzata a quei tempi era resa più agevole da uno stadio evolutivo molto avanzato. L’oculista pertanto invitava il paziente ad attendere. Oggi la tecnica è completamente diversa e a condizionare la tempistica è soprattutto il livello di disagio che il paziente è costretto a subire a causa dell’opacità del cristallino. Un paziente molto impegnato avvertirà l’esigenza di liberarsi dalla cataratta molto prima di uno che, viceversa già in pensione, si dedichi ad attività che non richiedano un particolare impegno visivo.
Oggi nel corso del Primo Meeting Nazionale dell’Associazione Pazienti Malattie Oculari (APMO) – di cui lei è presidente – sarà lanciata la campagna “Guardiamo lontano. Costruiamo oggi la salute di domani”, realizzata in collaborazione con SISO – Società Italiana di Scienze Oftalmologiche. Qual è l’obiettivo?
L’informazione è lo strumento più efficace per evitare ipovisione e cecità. Perdere la vista comporta la riduzione del benessere psico-fisico, e soprattutto nelle persone in là con gli anni aumenta l’isolamento sociale e aggrava il rischio di demenza, aumentando la necessità di assistenza per evitare incidenti.
© Riproduzione riservata