Emi Bondi (Società Italiana di Psichiatria): «I disturbi psichici sono una vera emergenza, servono interventi urgenti e immediati. Massima attenzione ai giovani»
«Non semplifichiamo, non chiamiamolo disagio: si chiama malattia psichica. E come tale deve essere curata». L’appello arriva, nel mese in cui si celebra la Giornata mondiale per la Salute mentale – il 10 ottobre -, da Emi Bondi, presidente uscente della Società Italiana di Psichiatria. In occasione di questa ricorrenza, è stato presentato il nuovo Piano di azione nazionale sulla salute mentale, alla cui elaborazione Bondi ha preso parte, seguendone con attenzione gli sviluppi. Un piano che arriva a 25 anni dall’ultima vera riorganizzazione dei servizi e che si pone l’obiettivo di rispondere a esigenze nuove e profondi cambiamenti avvenuti.
Risale al 1998-2000 l’ultimo “Progetto Obiettivo”, il piano nazionale su cui sono organizzati, oggi, i servizi di salute mentale: era un mondo diverso, come diversi erano i bisogni dell’individuo e della comunità. «È vero che in Italia siamo molto avanti per quanto riguarda la salute mentale – spiega Bondi – e abbiamo una delle leggi più evolute e all’avanguardia, nota come Legge Basaglia. Ma è anche vero che in questi vent’anni è avvenuta una profonda trasformazione della società, passata attraverso la rivoluzione digitale e la pandemia. Di qui la necessità di ripensare i servizi per la salute mentale, anche a fronte dell’aumento dei disturbi psichici, che oggi sono una vera emergenza. Non dimentichiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità indica la salute mentale tra le priorità dei servizi sanitari, perché non c’è salute senza salute mentale. I dati, in effetti, sono allarmanti: secondo l’Oms, circa un miliardo di persone presenta un disturbo psichico: una persona su 6».
Di quali patologie parliamo?
Da un lato ci sono le patologie classiche, rispetto alle quali sappiamo offrire oggi buone risposte. Ma anche rispetto a queste, per la vera integrazione e il superamento dello stigma verso i pazienti che ne soffrono, c’è ancora tanto da lavorare. Dall’altro, ci sono le nuove patologie, tipiche della nostra epoca, che colpiscono tanto anche le nuove generazioni: penso ai disturbi del comportamento alimentare, del neurosviluppo, della personalità, così come alle dipendenze da sostanze e videogiochi e ai tanti casi di ritiro sociale e ai disturbi del controllo della violenza, che interessano una fascia considerevole di popolazione, soprattutto giovanile.
Quali sono le priorità che si intendono affrontare con il nuovo Piano?
La prevenzione, innanzitutto, a partire dalla maternità: sappiamo quanto siano importanti i primi mille giorni, dal concepimento fino ai due anni dei bambini. Uno screening per l’intercettazione precoce e il supporto in caso di eventuali disturbi nella madre è quindi uno strumento fondamentale, insieme al potenziamento dei servizi di neuropsichiatria infantile, per riuscire ad intervenire agli esordi della malattia. Occorre poi un ripensamento dei servizi, che devono riadattarsi e reinventarsi, di fronte a un contesto mutato. Per questo, nel Piano si adotta un modello biopsicosociale, che si fonda sul concetto di malattia come frutto di cause di diversa natura. Una delle parole chiave nel Piano è integrazione: agli interventi medici e farmacologici devono accompagnarsi quelli psicoterapeutici, sociali e riabilitativi, oltre a servizi specialistici per le diverse patologie. È cruciale la figura del “case manager”, che prende in carico la persona, costruendo intorno a lei un’integrazione stretta tra i servizi.
Nel Piano, si parla di “dipartimenti di salute mentale integrati”. Che significa?
Significa che le diverse discipline (psichiatria, neuropsichiatria infantile, Serd, psicologia) che si occupano di salute mentale devono lavorare insieme, pur nella peculiarità delle rispettive funzioni. Pensiamo ai bambini che diventano adulti: in questo passaggio dalla neuropsichiatria infantile alla psichiatria, attualmente spesso manca una continuità di cura. Questo, naturalmente, a svantaggio dei più giovani, a cui oggi dobbiamo invece rivolgere la massima attenzione.
E le risorse?
Questo è un tema cruciale. Insieme alla riorganizzazione – ma anche per renderla possibile ed efficace – servono risorse dedicate. Oggi i servizi pubblici sono in grave difficoltà, a causa del forte disinvestimento sulla salute mentale negli ultimi 15 anni. Il Piano del 1998-2000 indicava che il 5% dei fondi regionali per la salute dovessero essere destinati alla salute mentale: oggi la media è del 2,9%. Anche le risorse umane sono in crisi: da un lato per via del numero chiuso nell’accesso alla facoltà di Medicina, dall’altro per la fuga nel privato, oggi facciamo fatica a trovare medici, che però sono indispensabili e insostituibili per il funzionamento della presa in carico.
Si parla tanto del malessere dei giovani. Gli anziani stanno meglio?
No, tutt’altro: basti pensare che la percentuale più alta di depressione e suicidi si registra proprio tra gli adolescenti e gli anziani. Nel caso degli anziani, il legame tra salute e mentale e salute è ancora più evidente, perché la depressione influenza il decorso delle malattie organiche. Una persona depressa, se colpita da infarto, ha cinque volte in più la possibilità di morire rispetto a una persona che sta bene. In media, la malattia psichica riduce di dieci anni l’aspettativa di vita. Dobbiamo anche considerare che gli anziani spesso faticano a riconoscere ed esprimere il proprio malessere mentale e spesso lo “traducono” in malessere fisico: piuttosto che dirsi depressi, si dicono stanchi o doloranti. Ma la malattia mentale, come tutte le malattie, deve essere diagnosticata e curata e, quanto prima questo avviene, tante più possibilità ci sono di ridurre il problema.
Un appello per la Giornata mondiale?
Non bisogna avere paura della malattia mentale e non bisogna esitare a curarla: il nostro cervello è un organo, forse in questo momento il più affaticato. Dobbiamo prendercene cura, senza nascondere la malattia dietro il disagio, ma chiamandola con il proprio nome e affrontandola con un approccio globale e di sistema.
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