Il codice più misterioso al mondo continua a sfidare studiosi e crittografi. L’ultima ipotesi lo collegherebbe ad un dialetto medioevale del Friuli-Venezia Giulia
Un libro antico, con pagine ingiallite ricoperte di simboli incomprensibili e illustrazioni bizzarre: piante che sembrano non esistere in natura, donne nude immerse in vasche di liquidi colorati, diagrammi astronomici che non corrispondono a nessun calendario conosciuto. Questo è il Manoscritto Voynich, che da sei secoli sfida chiunque tenti di decifrarlo.
Il volume è relativamente piccolo: sedici centimetri di larghezza, ventidue di altezza, cinque di spessore. Le sue 204 pagine in pergamena di vitello contengono circa 170.000 caratteri che compongono 35.000 presunte parole, scritte in un alfabeto che nessuno è mai riuscito a decifrare. Il testo è diviso in sezioni: una botanica, con 113 disegni di piante sconosciute; una astronomica o astrologica, con corpi celesti e segni zodiacali; una biologica, popolata da donne nude immerse in vasche comunicanti piene di liquidi; una farmacologica, che mostra l’utilizzo di piante insieme a strani contenitori. C’è persino un foglio ripiegato sei volte con disegni circolari in cui si riconoscono il sole, la luna e dei castelli. La parte finale contiene paragrafi contrassegnati da stelle, forse una sorta di indice.
La storia moderna del manoscritto inizia nel 1912, quando l’antiquario polacco-lituano Wilfrid Voynich lo acquistò dal Collegio Romano dei Gesuiti. All’interno, Voynich trovò una lettera datata 19 agosto 1665, scritta da Jan Marek Marci, rettore dell’Università di Praga, indirizzata al celebre erudito gesuita Athanasius Kircher. Marci gli chiedeva di decifrare il manoscritto, affermando che Rodolfo II, sovrano del Sacro Romano Impero tra il 1576 e il 1612, appassionato di occultismo, credeva che il libro fosse stato scritto da Ruggero Bacone, il frate francescano del XIII secolo noto per i suoi studi di alchimia. L’impresa si risolse in un fallimento. Il manoscritto passò poi al commerciante di libri antichi Hans Kraus, che infine lo donò all’Università di Yale nel 1969, dove è catalogato con il codice MS 408.
Nel tempo si sono moltiplicate le teorie più disparate. Nel 1978 il filologo John Stojko sostenne che era scritto in ucraino, ma la traduzione non corrispondeva ai disegni. Nel 1987 il fisico Leo Levitov lo attribuì agli eretici Catari, ma senza alcun riscontro reale. L’ingegnere turco Ahmet Ardıç ha visto nel testo una rielaborazione del turco antico, proponendo traduzioni che però non convincevano gli specialisti. Per l’egittologo tedesco Rainer Hannig si tratta di un codice cabalistico in uso a studiosi ebrei medievali.
Anche la teoria del falso rinascimentale è stata smontata nel 2009, quando le analisi al radiocarbonio condotte dall’Università dell’Arizona hanno datato la pergamena tra il 1404 e il 1438.
A quel punto, diversi esperti hanno suggerito che potesse essere un manuale di medicina medievale, che univa rimedi ottenuti dalle piante all’influsso degli astri sulla vita umana. Nel Medioevo si credeva che ogni parte del corpo umano fosse governata da un pianeta o da un segno zodiacale, e che le malattie dovessero essere curate nel momento astrologico giusto con le piante appropriate. La teoria delle Segnature sosteneva che Dio avesse creato le piante con caratteristiche fisiche che indicavano il loro uso terapeutico: una pianta con foglie a forma di cuore serviva per le malattie cardiache, una con linfa rossa per i disturbi del sangue. Le illustrazioni del Voynich, con le loro piante fantastiche e i diagrammi zodiacali, lo confermerebbero.
Altri hanno parlato di alchimia: le donne nude nelle vasche potrebbero rappresentare processi alchemici di purificazione e trasformazione, mentre le piante strane potrebbero essere rappresentazioni simboliche di sostanze chimiche.
C’è poi l’ipotesi che il volume sia stato scritto in uno stato di trance, producendo una scrittura automatica priva di significato reale ma dall’apparenza coerente. Nel Medioevo non erano rari i casi di monaci, suore o eremiti che affermavano di ricevere visioni divine e scrivevano testi incomprensibili che ritenevano messaggi celesti.
Questa teoria però non spiega la regolarità statistica della scrittura, che mostra modelli linguistici troppo strutturati per essere casuali.
Recentemente, alcuni ricercatori hanno applicato al testo l’intelligenza artificiale, scoprendo che la sua struttura assomiglia a quella di lingue naturali reali, non a quella di testi cifrati o inventati. Le parole hanno lunghezze coerenti, si ripetono con frequenze simili a quelle di lingue vere, e mostrano una regolarità matematica presente in tutte le lingue umane.
Il Medioevo, del resto, era un mosaico linguistico complesso: accanto al latino colto esistevano centinaia di dialetti, lingue germaniche, slave, romanze che si mescolavano e contaminavano a vicenda, spesso lasciando pochissime tracce scritte.
L’ultima teoria in ordine di tempo arriva dall’Italia ed è stata proposta da Eleonora Matarrese, filologa ed etnobotanica dell’Università di Bari. Dopo sedici anni di ricerche, la studiosa sostiene di aver identificato la lingua del manoscritto come un dialetto medio-alto tedesco di area carnica, legato alle zone di Timau e Tolmezzo, in Friuli-Venezia Giulia. Il manoscritto conterrebbe un erbario, un lunario agricolo basato sull’osservazione della natura, un trattato di scienza idraulica e un trattato agronomico, tutti legati alle conoscenze contadine delle valli carniche. Come sempre accade quando si tratta del Voynich, però, la comunità scientifica rimane divisa e molti studiosi chiedono ulteriori verifiche.
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