Come lavora la Gen Z? Secondo white paper Osservatorio hr innovation practice della school of management del Politecnico di Milano e di Indeed, chiede flessibilità e valore. Uno su due è pronto a lasciare per la salute mentale.
La Gen Z – le persone nate dalla metà degli anni ’90 fino ai primi anni 2010 – sta ridefinendo il panorama lavorativo italiano, introducendo nuove priorità e aspettative nelle aziende. A mettere meglio a fuoco tutto questo ci ha pensato un recente studio dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, in collaborazione con Indeed, la principale piattaforma di ricerca lavoro a livello globale.
Come lavora, quindi, la Gen Z? I giovani d’oggi, secondo l’indagine, cercano un equilibrio tra vita professionale e personale, un ambiente di lavoro inclusivo, concrete opportunità di crescita e la possibilità di avere un impatto significativo. In un mercato del lavoro caratterizzato da una crescente scarsità di talenti, la vera sfida per le imprese sarà quella di attrarre, coinvolgere e trattenere con successo questa nuova leva di professionisti.
Il lavoro? Per la Gen Z non è più il centro di tutto
Per i giovani della Gen Z è il benessere al di sopra di ogni cosa. Hanno detto addio al mito del lavoro-totalità. Per loro il lavoro non è più il centro dell’universo: benessere personale ed equilibrio tra vita privata e professionale sono la priorità. Per il 47,4% la possibilità di scegliere l’orario di lavoro è cruciale, così come la libertà di decidere il luogo in cui lavorare (44,7%). La mancanza di questa flessibilità è un fattore così determinante che il 15,5% ha già cambiato o prenderebbe in considerazione di cambiare impiego per questo motivo. Non solo, i giovani professionisti considerano fondamentali i servizi aziendali che supportano l’equilibrio tra vita privata e lavorativa, come congedi parentali, supporto psicologico e strutture per l’attività fisica, ritenuti indispensabili dal 63,8% di loro.
Uno su due è pronto a lasciare il lavoro per tutelare il suo benessere
Per le nuove generazioni, la salute mentale è diventata una priorità indiscussa. Non si nasconde più il disagio psicologico: quasi la metà dei giovani (il 45,6%) ha saltato il lavoro nell’ultimo anno a causa di problemi legati a stress, ansia o depressione. Sorprendentemente, quasi un giovane su due (il 47,6%) è pronto a lasciare il proprio impiego pur di tutelare il proprio benessere mentale.
L’ambiente di lavoro ha un peso notevole in questa scelta: il 54,4% dei giovani cerca un clima sereno, mentre il 44,6% attribuisce un valore enorme all’inclusività. Addirittura, un quarto dei giovani non esiterebbe a licenziarsi in presenza di rapporti “tossici” con colleghi o superiori.
Lo stipendio conta ma non basta
Per la maggior parte dei lavoratori, il salario è un fattore determinante: sette su dieci lo considerano cruciale, al punto che quasi il 40% (39,6%) è disposto a cambiare impiego se l’attuale retribuzione non soddisfa le proprie aspettative. Tuttavia, i giovani guardano oltre il semplice stipendio. Cercano attivamente anche servizi di welfare aziendale, come assicurazioni sanitarie (ritenute essenziali dal 67%) e supporto alla genitorialità (importante per il 57%), considerandoli elementi distintivi nella scelta di un datore di lavoro. Inoltre, la sicurezza offerta dal tipo di contratto è fondamentale per il 65,8% di loro, tanto che oltre un quinto (21,1%) ha già cambiato o prenderebbe in considerazione di cambiare lavoro a causa di tutele contrattuali insufficienti.
Come lavora la Gen Z: in cerca di scopo ed esperienze
La carriera per la Gen Z è un percorso dinamico, spesso internazionale, ma soprattutto deve avere uno scopo. La tradizionale lealtà all’azienda non è più una garanzia: ben il 22% dei giovani ha cambiato lavoro nell’ultimo anno, e quasi il 9% lo ha fatto senza avere un’alternativa già pronta.
Il contenuto e il significato del lavoro sono fondamentali per il 63,6% della Gen Z. Per oltre un terzo (37,7%), è essenziale comprendere l’impatto che il proprio lavoro ha sul mondo (che sia ambientale, sociale o legato al senso della vita), una tendenza che si riscontra anche nelle generazioni precedenti (39,6% per i Millennials, 38,2% per la Generazione X). Inoltre, le esperienze all’estero sono considerate cruciali dal 26,3%, a testimonianza di una generazione che è intrinsecamente mobile e proiettata verso una dimensione globale.
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