Dal 2016 a Dubai, lavora al Consolato Generale del nostro Paese: «La medicina è un mestiere che non lascia mai indifferenti. Ti costringe a confrontarti ogni giorno con difficoltà e vulnerabilità»
«Ricevere l’onorificenza conferita dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, consegnata nella sede del Consolato italiano a Dubai è stato per me un momento significativo che ho accolto con sincera gratitudine e anche con una certa sorpresa. Non è qualcosa che si cerca né qualcosa a cui si pensa nel quotidiano. Semplicemente si lavora con costanza, impegno e serietà e, quando un gesto come questo arriva, si percepisce come un segnale di stima che viene dall’esterno e che dà senso a molte scelte fatte nel tempo». Qualche mese fa era stato intervistato da Porta a porta, il talk show di Bruno Vespa, per descrivere la situazione della sanità italiana e, recentemente, il medico siciliano Sergio Mazzei, classe 1979, ha ricevuto l’onorificenza di Cavaliere della Stella d’Italia. A Dubai dal 2016, da subito ha cercato di rendere il suo lavoro il più utile possibile, non solo nei confronti dei pazienti ma anche della comunità italiana presente : «Da medico del Consolato Generale d’Italia dal 2018 – dice – e attraverso l’attività svolta nelle strutture sanitarie dove opero quotidianamente, mi sono trovato spesso a supportare connazionali in momenti anche delicati. Ed è anche per questo che questo riconoscimento lo leggo proprio così: come un gesto che valorizza il lavoro quotidiano di chi, pur vivendo all’estero, mantiene uno spirito di servizio nei confronti del proprio Paese». Mazzei pensa anche ai tanti colleghi che operano in silenzio, che mettono al centro la cura, che rappresentano il Belpaese in ambiti diversi e lontani dai riflettori, e a tutte le persone con cui collabora ogni giorno, ai pazienti, ai colleghi e a chi lavora nei servizi consolari perché in un contesto internazionale ogni passo è frutto di cooperazione e fiducia reciproca «La medicina – continua con piglio deciso – è un mestiere che non lascia mai indifferenti. Ti costringe a confrontarti ogni giorno con difficoltà e vulnerabilità. In questi anni, lavorando tra “Al Das Medical Clinic” e “Al Zahra Hospital Dubai”, mi sono trovato spesso a gestire situazioni complesse in un ambito come quello della vulnologia, che richiede competenze specifiche ma anche una grande capacità di ascolto e pazienza». Ma il percorso in generale prima dei bagagli è stato ricco. E appaiono provvidenziali, come una stella polare, anche due missioni umanitarie in India nel 2010 e 2011, coordinate insieme alla moglie – anche lei chirurgo – dove ha toccato con mano tra i villaggi rurali il bisogno di aiutare le persone nel modo più semplice possibile: «È stata senza dubbio un’esperienza forte – ricorda -, che ci ha insegnato a lavorare con poco, a osservare con attenzione, e soprattutto ad ascoltare. Non ti senti mai ‘salvatore’, ma impari a stare nel tuo ruolo, con rispetto e concretezza. Ho lavorato poi – ricorda – per diversi anni in Italia, in particolare in Lombardia, dove ho avuto la possibilità di maturare un’esperienza solida nel campo della chirurgia generale. Ho prestato servizio in diversi ospedali pubblici e privati, lavorando sia in ambito operatorio che ambulatoriale. Uno dei periodi più significativi è stato quello presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, dove ho collaborato con l’équipe diretta dal professor Vincenzo Mazzaferro nell’ambito dei trapianti di fegato. Un ambiente altamente specializzato, che mi ha permesso di confrontarmi con casistiche complesse, metodologie rigorose e un lavoro di squadra molto strutturato». Dopo? Lecco, all’ospedale “Alessandro Manzoni”, nel reparto di chirurgia generale e negli istituti clinici “Zucchi di Monza”, dove si è avvicinato in modo più diretto alla vulnologia clinica, la branca che avrebbe rappresentato il cuore della sua attività medica, e qui ha fatto parte di un centro specializzato nel trattamento delle ulcere croniche, delle ferite difficili e delle lesioni post-chirurgiche, sviluppando un forte interesse per un approccio interdisciplinare alla cura delle ferite. Poi il cambio di passo quasi necessario. Per dare una scossa. Quando ha sentito crescere l’esigenza di ampliare il suo orizzonte professionale: «Non si è trattato – precisa – di una decisione impulsiva, ma piuttosto di una scelta consapevole, nata dal desiderio di lavorare in un contesto più aperto all’integrazione tra specialità mediche, con risorse tecnologiche avanzate e spazi reali per lo sviluppo di progetti clinici innovativi. L’Italia, pur avendo eccellenti competenze professionali e accademiche, presenta ancora oggi diverse difficoltà strutturali: carenze organizzative, eccessiva burocratizzazione, scarsa valorizzazione del merito. Queste dinamiche possono, alla lunga, limitare la crescita di un medico che sente di poter contribuire in modo più efficace, magari anche fuori dai confini nazionali». Secondo Mazzei, il sistema sanitario italiano ha molte potenzialità e i medici italiani sono tra i migliori al mondo, ma manca una struttura che sappia sostenere i professionisti in modo efficace, e che li metta al riparo anche dalle aggressioni verbali, purtroppo oggetto spesso di cronaca, e anche dai salari non adeguati rispetto ad altri luoghi. E in coda non manca qualche suggerimento per le nuove generazioni: «Diventare medico – conclude – è un percorso impegnativo ma ricco di soddisfazioni. Il mio consiglio è di coltivare sempre la passione, l’umiltà e la voglia di fare la differenza per chi si cura. È un lavoro che richiede dedizione, ma che restituisce molto in termini di crescita personale e professionale, e soprattutto di relazione umana. Infine, un aspetto che spesso si sottovaluta è l’importanza di trovare un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. La professione medica può essere molto impegnativa, e per lavorare bene è fondamentale prendersi cura anche di sé stessi, ritagliarsi momenti per riposare, dedicarsi alle proprie passioni e stare con le persone care. Solo così si può mantenere la motivazione e la lucidità necessarie per affrontare le sfide quotidiane».
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