Nel quartiere Oltrisarco nasce un progetto di cohousing multigenerazionale che riporta il mutuo aiuto nelle città. Anziani autosufficienti, giovani universitari e donne in difficoltà condividono spazi e competenze. Alleggerendo anche i costi per la pubblica amministrazione.
Un modello che guarda al passato, per innovare il presente
Sei appartamenti nel quartiere Oltrisarco di Bolzano sono diventati il laboratorio di una nuova forma di abitare. La cooperativa Sole, in collaborazione con Agci Alto Adige Südtirol, ha dato vita a un condominio solidale che mescola generazioni, culture e competenze diverse.
Il progetto si rivolge a tre categorie specifiche di abitanti. Anziani autosufficienti che desiderano mantenere la propria autonomia, studenti universitari in cerca di soluzioni abitative accessibili e donne con figli a carico che vivono situazioni di fragilità economica. La sfida sta nel creare una comunità vera, dove ciascuno contribuisce secondo le proprie possibilità e riceve aiuto quando serve. Non si tratta di semplice assistenzialismo, ma di un sistema partecipativo che trasforma i beneficiari in protagonisti attivi del cambiamento sociale.
L’esperienza di Cervia
Prima di arrivare a Bolzano, la cooperativa Sole aveva già sperimentato questo modello a Cervia, in provincia di Ravenna, circa dieci anni fa. Roberta Massi, presidente della cooperativa nata nel 2013, racconta che l’esigenza era trovare alternative valide alle classiche strutture per anziani, soprattutto per le persone ancora autosufficienti. Le famiglie oggi sono cambiate: molti vivono soli, i figli lavorano lontano o all’estero, e servivano soluzioni diverse. Guardando ai modelli nordeuropei, il cohousing è apparso subito come la strada giusta da percorrere.
Nel 2014 arriva l’occasione concreta con un appalto del Comune di Cervia per gestire un condominio solidale. Lì si sono ritrovate persone di origini ed etnie differenti, con problemi sociali e sanitari intrecciati. L’idea è stata lavorare sul concetto di comunità, superando la logica dell’assistenza individuale ancora molto radicata in Italia. Il Comune offriva una casa dignitosa, ma in cambio chiedeva un ritorno per la collettività attraverso piccole azioni solidali: ognuno metteva a disposizione le proprie competenze e capacità per aiutare gli altri residenti.
La svolta è arrivata anche grazie alla tecnologia. Una collaborazione con Ibm ha permesso di introdurre sistemi di sensoristica per monitorare non le persone, ma l’efficacia del modello stesso. I risultati sono stati evidenti: riduzione del ricambio del personale, meno assenze per malattia, calo del 25% nella somministrazione di farmaci per diabete, demenza e Alzheimer. La tecnologia ha consentito di controllare la qualità dell’aria, del cibo, del sonno e persino le abitudini dei pazienti. Ma il dato più significativo è arrivato dall’analisi economica condotta con l’Università. Per ogni euro investito dal pubblico, il ritorno sociale è stato di 2,02 euro. Una dimostrazione concreta che investire in questi modelli conviene a tutti.
Come funziona il progetto di Oltrisarco
A Bolzano l’iniziativa è stata possibile grazie alla collaborazione tra diversi enti. L’Istituto per l’edilizia sociale (Ipes) ha messo a disposizione appartamenti pubblici sfitti da anni e bisognosi di ristrutturazione, l’Azienda servizi sociali del Comune ha selezionato i beneficiari, mentre l’Ufficio Politiche sociali della Provincia ha supportato l’intero percorso.
Il progetto rientra anche nel programma europeo Horizon 2020 Assets ed è monitorato dal Competence Center in Management delle Cooperative della Libera Università di Bolzano insieme ad altri partner internazionali.
Samuele Verucchi, project manager della cooperativa Sole, spiega che inizialmente si pensava di destinare gli appartamenti solo agli anziani. Poi ci si è resi conto che in provincia c’erano molte donne sole con figli, in difficoltà economiche, che avevano bisogno di un alloggio. Per evitare di creare un ghetto dedicato solo al disagio sociale, si è deciso di coinvolgere anche studenti universitari. Così è nato un pool multigenerazionale, multiculturale e multietnico basato sulla solidarietà reciproca.
Gli studenti pagano un affitto calmierato in cambio di dieci ore mensili di azioni solidali. C’è chi insegna italiano agli stranieri, chi aiuta con le pratiche digitali e lo Spid, chi accompagna le persone a visite mediche o a mostre e musei, chi fa babysitting. Questo scambio crea equilibrio e trasforma tutti in attori del cambiamento.
Prima di avviare il progetto è stata fatta una mappatura dei bisogni e delle competenze di ciascuno, per capire quali servizi potevano essere offerti non solo all’interno del condominio ma anche agli altri residenti del quartiere.
L’obiettivo: estendere il modello a tutto il quartiere
L’ambizione della cooperativa Sole va oltre i sei appartamenti iniziali. L’idea è trasformare Oltrisarco in un hub, un laboratorio a cielo aperto dove sperimentare nuovi servizi di comunità. Sono stati organizzati eventi per stimolare le sinergie tra associazioni, imprese, attività commerciali e cittadini, creando uno spazio mensile di incontro aperto a tutti. Gli studenti, ad esempio, hanno accolto la richiesta di molti stranieri provenienti da Africa, Asia e Sudamerica di conoscere meglio la città, organizzando visite guidate che favoriscono l’integrazione.
Questo approccio riduce anche il carico sulla pubblica amministrazione. Le persone che prima si rivolgevano agli assistenti sociali per qualsiasi pratica ora vengono incoraggiate a diventare autonome, supportate dai vicini e dagli studenti. Si sta ricreando quel sistema di mutuo aiuto che esisteva nei piccoli centri e nelle città del passato, quando il portierato e i rapporti di vicinato funzionavano davvero. Il paradosso, come sottolinea la presidente Massi, è proprio questo: un progetto innovativo che recupera dinamiche antiche, arricchendole però con strumenti moderni e una logica imprenditoriale sostenibile.
La logica d’impresa dietro la solidarietà
La cooperativa Sole ragiona come un’impresa sociale: individua un bisogno, cerca una soluzione praticabile senza aspettare necessariamente finanziamenti pubblici, la realizza e, se funziona, la replica altrove.
Bologna sta già partendo con un condominio solidale simile. Il modello può essere esportato ovunque, anche se a Bolzano la sfida è particolare: la città è ricca ma presenta un forte divario tra chi ha molto e chi ha poco.
Invecchiare restando a casa propria
Uno degli aspetti centrali del progetto riguarda gli anziani autosufficienti. Invece di spostarsi in strutture dedicate, possono continuare a vivere nella propria abitazione con il supporto di una rete di prossimità. Questo modello favorisce l’invecchiamento attivo, mantenendo le persone inserite in un contesto sociale vivo e stimolante. Non c’è solo l’aspetto sanitario o assistenziale. Conta anche la qualità delle relazioni, il sentirsi parte di una comunità, avere ruoli e responsabilità.
Il progetto ha introdotto anche la figura dell’infermiere di comunità, un professionista che lavora in team con altre figure per portare i servizi direttamente a casa delle persone. A Cervia, una delle storie di successo è quella di una donna ghanese che è diventata community manager del condominio e ora è completamente autonoma. Questi esempi dimostrano come il modello non sia solo teorico ma produca risultati tangibili nella vita delle persone.
Credit foto: cooperativa Sole – Bolzano
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