Secondo l’ultimo Rapporto Domina sono 1,8 milioni le famiglie che hanno una colf, badante o baby sitter. Metà delle assunzioni però sono irregolari. Più di un terzo dei datori di lavoro, il 37,9%, ha oltre 80 anni, indice della centralità delle badanti nel supporto agli anziani. I dati dell’ultimo Rapporto Domina.
Sono le fondamenta “invisibili” del nostro welfare familiare. Quasi due milioni di famiglie – 1,8 per l’esattezza – ha in casa un’assistente tra colf, badanti e baby sitter. Eppure solo la metà di questi lavoratori – 900.000 – è regolarizzata. L’altra metà continua purtroppo ad alimentare il sommerso nel lavoro domestico. A dirlo sono gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio Domina – Associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico elaborati su base Inps.
Da una parte le famiglie, dall’altra la precarietà
Nel 2024, il numero di datori di lavoro domestico con un contratto regolare ha subito un’ulteriore contrazione, segnando un calo di 16.000 unità rispetto all’anno precedente. Questa diminuzione, pari all’1,7%, si inserisce in un trend negativo che ha preso il via dopo la fine della pandemia Covid. L’andamento rappresenta una netta inversione di marcia rispetto al periodo immediatamente precedente.
Tra il 2019 e il 2021, infatti, il settore aveva vissuto una fase di forte espansione, registrando un aumento significativo del 14,4% nel numero di datori di lavoro. Tuttavia, negli ultimi tre anni, si è assistito a una caduta considerevole, con una riduzione complessiva del 13,8%. Un dato che evidenzia come la ripresa post-pandemica in questo specifico ambito non sia riuscita a mantenersi, portando a una progressiva regressione.
Chi sono i datori di lavoro di colf, badanti e baby sitter
Una porzione significativa, il 58%, di questi datori di lavoro è rappresentata da donne. Questo dato riflette probabilmente il ruolo tradizionale di cura che spesso ricade sul genere femminile, specialmente all’interno del nucleo familiare. L’età media è un altro fattore distintivo: il 37,9% dei datori di lavoro ha più di 80 anni. Questa statistica evidenzia la centralità dei collaboratori domestici, in particolare delle badanti, nel fornire supporto e assistenza alle persone anziane non autosufficienti, permettendo loro di rimanere nella propria casa.
D’altra parte, una quota del 28,5% è composta da individui sotto i 60 anni. In questi casi, la motivazione principale per l’assunzione di personale domestico è spesso legata alle esigenze di famiglie più giovani, che cercano principalmente colf o baby sitter per la gestione della casa e l’assistenza all’infanzia.
Un’ulteriore categoria in crescita è quella dei grandi invalidi, che costituiscono oltre 105.000 dei datori di lavoro, segnando un incremento del 4,3% rispetto al 2021. Questo aumento suggerisce una crescente necessità di assistenza professionale a domicilio per le persone con disabilità. Al contrario, la presenza del clero come datore di lavoro è in netta diminuzione, scendendo a meno di 3.000 casi, con un calo del 14,7%.
Infine, un aspetto interessante è la frequente relazione di parentela tra datore di lavoro e collaboratore. Si contano infatti più di 17.000 rapporti di lavoro che intercorrono tra parenti fino al terzo grado, evidenziando come l’assistenza familiare sia spesso affidata a membri della stessa famiglia. In alcuni casi, ancora più rari ma significativi, il rapporto si instaura addirittura tra coniugi, come dimostrano i 661 casi registrati.
Chi convive e chi non
Il panorama del lavoro domestico in Italia mostra una netta divisione geografica per quanto riguarda la convivenza tra datore di lavoro e collaboratore. Oltre 213.000 rapporti di lavoro, che rappresentano il 23,6% del totale, prevedono la convivenza. Questo modello è particolarmente diffuso nel Nord Italia, con picchi notevoli in Trentino-Alto Adige (52%) e Friuli-Venezia Giulia (49,8%). Al contrario, nelle regioni del Sud, il fenomeno è molto meno comune, toccando i minimi in Sicilia (5,7%) e Sardegna (7,8%).
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