Una figura professionale che opera costantemente a fianco degli studenti con disabilità, anche per garantirgli una vita autonoma. Eppure questi lavoratori attendono da anni di essere internalizzati nel Ministero dell’Istruzione e del Merito. Intanto, mancano per questo ruolo leggi e fondi.
“L’idea della petizione ci è venuta per farci conoscere. Per dire che ci siamo ancora, che non vogliamo mollare. E che se lottiamo, probabilmente, otteniamo qualcosa”. Gianluca Tomei è un assistente all’autonomia e alla comunicazione che lavora da anni a fianco di studenti con disabilità nelle scuole, per garantire ai ragazzi una piena autonomia e integrazione. Una figura professionale, quella degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, necessaria tanto per le famiglie quanto per la scuola, creata dalla legge 104 del 92 ma che manca ancora di un testo legislativo che la disciplini e che tuteli questi lavoratori.
Assistenti all’autonomia, professionisti precari e invisibili
Una categoria di professionisti precari e invisibili, spesso anche tra le pareti delle scuole, che, dopo anni di impegno, tavoli di confronto e un disegno di legge il Dl 236 del 2022 che avrebbe dovuto internalizzare il loro ruolo nel Ministero dell’Istruzione, si trova nuovamente a rischio invisibilità.
“Siamo stanchi di promesse – si legge nella petizione lanciata dall’Associazione Misaac Nazionale -. L’internalizzazione degli Asacom, Oepac, Educatori scolastici negli enti locali, prevista dai disegni di legge unificati NT1, rappresenta un passo cruciale per garantire la continuità e la qualità del servizio. Tuttavia, l’audizione dell’ANCI alle commissioni 7 e 10 del Senato ha evidenziato gravi criticità che mettono a rischio questo processo”.
Quanto viene pagato un assistente all’autonomia?
Gli enti locali, infatti, a cui è affidata la gestione del servizio, hanno denunciato una carenza di fondi necessari per garantirlo, che di fatto si traduce in un impoverimento del servizio di assistenza e in una mancata tutela del diritto allo studio e all’integrazione degli studenti con disabilità.
“Abbiamo un lavoro povero, con delle differenze contrattuali gigantesche – commenta Gianluca Tomei, educatore che negli anni si è specializzato ed è diventato assistente all’autonomia e alla comunicazione, lavorando dentro e fuori l’ambito scolastico -. Una collega a Siracusa ha mostrato la busta paga: prende 350 euro al mese da quando il bambino che seguiva si è ammalato. Io sono 32 anni che lavoro, e guadagno comunque più di altri colleghi perché faccio tanti lavori, eppure non ho un TFR, una tredicesima. Chi non ha la mia possibilità cosa fa? C’è chi guadagna mille euro al mese, per 38 ore settimanali a scuola”.
“È una situazione umiliante – aggiunge – che ti dicano ‘se manca il bambino, i primi tre giorni ti pago, altrimenti rimoduliamo il contratto’. Anche perché è normale che capiti, i nostri studenti sono persone fragili. Ci sono colleghi che perdono ore, che non vengono pagati tre mesi l’anno perché lavoriamo nelle cooperative e in estate ci sono lavoratori sopra i 50 anni a cui viene chiesto di fare i centri estivi. Noi vogliamo mantenere la nostra professionalità, per noi è fondamentale che questa professione venga sempre più specializzata. Invece, l’idea è di mettere un educatore in classe con 4 o 5 ragazzi”.
La tutela delle famiglie e degli studenti con disabilità
Inclusione, un migliore apprendimento e autonomia. Discutere del ruolo degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione nelle scuole significa anche parlare dell’impatto che il loro lavoro quotidiano, insieme ai ragazzi, ha sulla loro vita. Anche in prospettiva futura. Una professione che lavora per fare da ponte tra le famiglie e la scuola, agevolando l’inclusione e la partecipazione attiva in classe degli studenti disabili. Evitando anche la dispersione scolastica di questi alunni.
“In questi anni ho avuto dei successi che mi hanno fatto pensare che, effettivamente, siamo utili. Ragazzi che dalle medie arrivano alle superiori con vari livelli di disabilità, di cui dicevano ‘non ce la farà mai’, ‘è un ragazzo difficile’. Eppure con il lavoro, con le tecniche di inclusione su cui lavoriamo, siamo riusciti non solo a fare stare bene quei ragazzi, ma anche a dargli una professione, un lavoro – racconta Gianluca Tomei -. Ho lavorato con Federico, un ragazzo autistico molto grave, che ora ha 26 anni e una vita normalissima: viaggia da Fiumicino tutti i giorni per lavoro, suona la batteria, e ha tanti hobbies e tanti amici. Ha una vita libera, integrata. Se Federico trovava persone che lo mettevano in una classe da solo a leggere o a scrivere, cose che non poteva imparare a fare senza tecniche che aiutano l’apprendimento, adesso sarebbe stato a casa o in qualche centro a fare ceramiche. Invece, adesso ha una sua autonomia”.
Le richieste del Misaac
L’invisibilità di questa professione diventa quindi decisiva anche per tante famiglie di studenti disabili, che sostengono gli assistenti all’autonomia e alla comunicazione nelle loro richieste. Il Misaac – Movimento Per l’Internalizzazione e la Stabilizzazione degli Assistenti all’Autonomia e alla Comunicazione – chiede “un adeguato finanziamento” per l’internalizzazione dei lavoratori, “una formazione specialistica di alto livello”, e “un aumento consistente del Fondo di Solidarietà Comunale”. “Lo Stato deve capire che il sociale non è una spesa, ma una risorsa. Anche per l’economia”, chiosa Gianluca.
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