Ad Abu Dhabi sarà venduta al miglior offerente l’auto con cui Senna vinse il Gran Premio del Brasile del 1991. Un simbolo oltre lo sport: giusto affidarlo a un privato?
Un cimelio della Formula 1
Il prossimo 5 dicembre, ad Abu Dhabi, la casa d’aste Sotheby’s metterà in vendita al miglior offerente uno dei cimeli più iconici nella storia della Formula Uno. È la McLaren MP4/6 con cui Ayrton Senna vinse, il 24 marzo del 1991, il suo primo Gran Premio del Brasile. Il campione brasiliano era all’ottavo anno di carriera in Formula Uno, aveva già conquistato due volte il campionato mondiale per piloti, al culmine di battaglie memorabili col francese Alain Prost, ma non era ancora riuscito a salire sul gradino più alto del podio sul circuito di casa, la pista di Interlagos a San Paolo.
Ayrton, pilota leggendario
Senna era nato nella metropoli paulista il 21 marzo del 1960 e tre giorni dopo il suo trentunesimo compleanno riuscì finalmente a rompere l’incantesimo. Con una buona dose di suspense… Una gara dominata fin dall’inizio rischiò di riservargli l’ennesima amarezza quando, a sei giri dalla fine, il campione brasiliano perse tutte le marce del cambio manuale, tranne la sesta, e guidando costantemente in quell’unica marcia fu costretto a concludere la gara. Uno sforzo immane per controllare la macchina, che Ayrton sfogò con un grido selvaggio di esultanza dopo il traguardo. Quella vittoria, e la macchina che la ottenne, sono diventati nel tempo – e specialmente dopo la morte di Senna, il 1° maggio del 1994 – il simbolo della determinazione feroce di un uomo assurto a idolo. In Brasile e non solo, per milioni di tifosi rimasti orfani in tutto il mondo, la MP4/6 è qualcosa di più di una semplice vettura.
Ora la McLaren della vittoria a Interlagos, a lungo posseduta dalla scuderia ufficiale e poi ceduta a un privato in un momento di difficoltà finanziaria, va all’asta per un valore iniziale che si attesta tra i 12 e i 15 milioni di dollari ma che probabilmente lieviterà (c’è chi dice di molto) durante la vendita.
Una quotazione da capogiro
È il cimelio più costoso nella storia della Formula Uno? Potrebbe battere la quotazione della Mercedes del 2013 guidata da Lewis Hamilton e venduta per oltre 16 milioni di euro e il valore raggiunto dalle Ferrari del 2001 e del 2003, portate alla vittoria del campionato del mondo da Michael Schumacher e vendute negli scorsi anni, rispettivamente, per poco meno di 16 e poco meno di 15 milioni di euro. Difficile in ogni caso che superi il record dei circa 51 milioni di euro fruttati a inizio 2025 dalla vendita della mitica Mercedes W196R con cui Juan Manuel Fangio si laureò campione del mondo nel 1954 e nel 1955.
La Formula Uno non è peraltro l’unico sport in grado di produrre cimeli dall’eccezionale valore economico. Nella lista dei “reperti” sportivi più preziosi ci sono una divisa del 1998 indossata dal cestista americano Michael Jordan e battuta all’asta per oltre 10 milioni di dollari, la maglia con cui Diego Armando Maradona segnò il “gol del secolo” contro l’Inghilterra nel 1986, venduta tre anni fa per 9,3 milioni di dollari, e il “manifesto olimpico” vergato a mano da Pierre De Coubertin nel 1892 (per invocare la rinascita delle antiche Olimpiadi) e venduto all’incanto per quasi nove milioni di dollari.
Monetizzazione o fruizione pubblica?
La questione dei cimeli sportivi (ma anche artistici) battuti all’asta suscita da sempre polemiche, più o meno aspre, circa l’opportunità di assegnare a privati oggetti che hanno assunto un valore simbolico per l’intera collettività, spesso al di là dei confini nazionali. Sono in molti, esperti o semplici osservatori, a ritenere che collocare questi cimeli in musei aperti al pubblico ne garantirebbe una fruizione più libera e piena.
La ricerca di una facile e veloce monetizzazione abbaglia i proprietari distogliendoli da progetti più meritori e non per questo privi di un ritorno economico, sulle prime magari più contenuto ma certamente più durevole. Un esempio di scuola, forse il più virtuoso al mondo, è il museo che raccoglie trofei e memorabilia del FC Barcellona, gestito dalla società sportiva (come tutto il complesso del Camp Nou, lo stadio ufficiale), visitato ogni anno da oltre un milione di persone e capace di generare utili stimati tra i trenta e i quaranta milioni di euro.
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