Nel 1985 lo scienziato scoprì la funzione dei geni che presiedono al corretto sviluppo del corpo umano. Una vita tra scienza e divulgazione, con un occhio alla filosofia e ai lirici greci.
Edoardo Boncinelli era una figura “rinascimentale”. Non solo perché, nato nel 1941 nell’isola di Rodi ancora italiana, era cresciuto a Firenze, assorbendo tutti i tratti sornioni e irriverenti del genio fiorentino, ma soprattutto per essere riuscito a incarnare, nei suoi 84 anni di vita, l’idea – classica e umanistica – del sapere universale. Di una coesistenza dei saperi, piuttosto, per cui discipline anche lontane si illuminano reciprocamente e si trasmettono prudenza e azzardo, rigore e creatività. Di sé diceva “sono un ribelle esorbitantemente disciplinato” e il titolo dell’autobiografia pubblicata nel 2014 – Una sola vita non basta: storia di un incapace di genio – riassume perfettamente questa caratteristica.
Addio a Edoardo Boncinelli, chi era lo scopritore dei “geni-architetto”
Laureato in fisica all’Università di Firenze, Boncinelli si era in seguito dedicato allo studio della genetica e della biologia molecolare, mostrando un particolare interesse nei processi di sviluppo embrionale degli esseri viventi. A Napoli, dove lavorò presso l’Istituto di Genetica e Biofisica del Consiglio Nazionale delle Ricerche, compì nel 1985 la sua scoperta scientifica più importante. Intuì e verificò l’esistenza di alcuni geni omeotici, o “geni architetto”, che sovrintendono al corretto sviluppo dell’organismo umano. Di più, osservò che questi geni sono gli stessi anche in specie animali molto diverse e di diversa complessità a livello organico: una scoperta fondamentale e rivoluzionaria che ancora deve essere pienamente esplorata in tutte le sue implicazioni.
Un genio poliedrico tra scienza, filosofia e divulgazione
Negli anni Novanta Boncinelli diventò direttore del laboratorio di biologia molecolare dello sviluppo presso l’Istituto scientifico universitario San Raffaele e del Centro per lo studio della farmacologia cellulare e molecolare del CNR di Milano. Più tardi passò a dirigere la SISSA (Scuola internazionale superiore di studi avanzati) di Trieste. Dopo i corsi più tradizionalmente scientifici tenuti alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università Federico II di Napoli, insegnò “Fondamenti biologici della conoscenza” presso la facoltà di filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.
Dalla fine degli anni Novanta ha affiancato alla ricerca una costante attività di divulgazione scientifica, testimoniata da decine di pubblicazioni che spaziano dalla genetica alle neuroscienze, dalla psicologia all’etica, dalla teoria dell’evoluzione al discorso sul senso della vita e l’esistenza di Dio. Per giungere a Leopardi – “poeta, filosofo e scienziato” – e ai lirici greci, dei quali propose traduzioni personali di 365 frammenti poetici, uno per ogni giorno dell’anno, in un libro del 2008. Con L’anima della tecnica ha vinto nel 2006 il premio letterario Merck Serono, dedicato a saggi e romanzi che rendono la cultura scientifica accessibile anche ai meno esperti. Nel 2016 ha ricevuto, “honoris causa” , la laurea magistrale in Scienze Filosofiche dall’Università di Palermo.
Il progresso scientifico nasce dall’inquietudine dell’uomo
Neanche la malattia (soffriva da qualche anno del morbo di Parkinson) ne ha frenato, fino alla fine, entusiasmo e irrequietezza: gli stessi a cui ha dedicato nel 2024 il suo ultimo libro, che presenta l’uomo come L’animale inquieto.
Innamorato della scienza e delle sue possibilità, Boncinelli ne ha esaltato il lato creativo – quasi “artistico”, si potrebbe dire – e ne ha indagato paradossi e misteri. La scienza, basata sul metodo sperimentale e sul principio di fallibilità, è nella sua visione l’unico “totem” del mondo moderno, che deve invece rifiutare certe pretese aleatorie della filosofia e certi eccessi sclerotici delle religioni.
Il progresso scientifico, ha scritto Boncinelli, si basa sull’inquietudine costitutiva dell’essere umano: non una smania senza direzione, ma un impulso mediato dalla coscienza e dalla volontà, che impediscono di commettere all’infinito lo stesso errore. Questo progresso ha portato gli esseri umani a sperare, ormai ragionevolmente, di poter vivere fino a cento anni. Quando gli chiedevano il segreto della longevità, strizzava gli occhietti penetranti, bofonchiava e poi sentenziava con un filo di ironia: mangiare tutto con moderazione, fare sport con moderazione e usare il cervello senza moderazione.
(Foto apertura: ColorMaker / Shutterstock.com)
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