La Generazione di fenomeni che ha portato l’Italia sul tetto del mondo e i trionfi di oggi l’ex schiacciatore azzurro ripercorre tre decenni di successi
Salire sul tetto del mondo. La pallavolo italiana ci è riuscita, scardinando nel secolo scorso il predominio degli squadroni est europei e d’oltreoceano. La nazionale negli Anni ’90 ha realizzato un filotto di tre mondiali consecutivi (1990-1994-1998), ripetendosi nel 2022 e 2025. È mancato solo l’alloro olimpico, sfiorato nel 1996 ad Atlanta e nel 2016 a Rio de Janeiro. Due epoche di atleti che sono riusciti a creare una tradizione tutta italiana sia tra i ragazzi che tra le ragazze. Della prima faceva parte Andrea Zorzi, schiacciatore, uno di quei protagonisti della prima “Generazione di fenomeni”. ‘Zorro’, come lo chiamano ancora oggi gli appassionati, racconta a 50&Più oltre tre decenni di questa disciplina.
Zorzi, quale fu la ricetta vincente che negli Anni ’90 vi portò ad essere una delle più forti compagini internazionali?
Mah, non parlerei di ricetta, cioè di qualcosa di ripetibile. Fu un’esperienza unica dovuta alla sensibilità di una grande coach, Julio Velasco, che riuscì a mettere insieme spiccate personalità diverse. In pratica, fu capace di fondere individualismo e collettività. Non a caso si è ripetuto oggi, portando anche le ragazze italiane a conquistare il mondiale e le olimpiadi. Veramente una persona fuori del comune e di grande cultura.
Le è mancata la vittoria olimpica?
Sì, per noi rimane la delusione più cocente. Devo dire che tanti anni dopo abbiamo fatto pace con quell’argento dei giochi di Atlanta, che oggi non consideriamo più una sconfitta, ma un piazzamento più che onorevole. Fu una partita molto equilibrata contro l’Olanda, che avevamo battuto già altre volte. Un po’ di rammarico rimane, ma nessuno oggi ci accusa di quell’oro mancato.
Possiamo dire che dagli Anni ’90 si è creata un’onda lunga che ha portato alla conquista dei mondiali nel 2022 e nel 2025?
Diciamo che noi abbiamo rappresentato una rivoluzione nel panorama del volley internazionale, ma dopo tanti anni non parlerei di vera e propria eredità. Oggi la pallavolo è uno sport più spettacolare, più fisico, più tecnico. È una grande famiglia che è andata progredendo, riuscendo a tornare agli allori di allora.
Oggi alla guida degli azzurri, c’è una sua vecchia conoscenza, Fefè De Giorgi, che come giocatore faceva parte della sua nazionale.
Cosa dire di una persona che è “pentacampione del mondo”, tre da giocatore e due da coach? Lui era un palleggiatore di grande qualità e con una spiccatissima intelligenza tattica. È fenomenale ciò che è riuscito a fare. Ci sentiamo spesso e da salentino gli piace scherzare: mi prende in giro per il mio naso troppo lungo. Parliamo anche di come il volley oggi è cambiato, ma ho contatti anche con altri amici come Bernardi, Giani, Gardini, persone che hanno scelto di rimanere nel mondo della pallavolo e per me, che oggi sono giornalista, è molto utile parlare con loro e commentare i risultati di oggi.
Guardiamo ai giovani. La pallavolo si presta ad essere praticata nelle scuole, basta una palestra. Qual è il passo che un ragazzo o una ragazza devono fare affinché da passatempo diventi sport agonistico?
Non so dire se la pallavolo sia più o meno adatto ai giovani rispetto ad altri sport. Posso affermare che il volley educa all’interdipendenza tra i giocatori. Il regolamento obbliga a non toccare la palla per due volte consecutive e di passarla al compagno. Questo è un segno di grande collaborazione all’interno della squadra, in cui deve funzionare la giusta comunicazione tra un giocatore e l’altro. Poi è chiaro che per praticare il volley a certi livelli occorrono caratteristiche fisiche particolari, come l’altezza e la velocità.
Il volley, come altre discipline, si è adeguato alla richiesta di spettacolarità. Alcuni ritengono che con l’eliminazione del cambio palla, nel 1998, sia diventato un altro sport, più dinamico. Come è avvenuta questa transizione?
Fu imposta dall’alto ed effettivamente ha cambiato la pallavolo. All’epoca molti si lamentarono per questa scelta radicale. Col senno di poi posso dire che, grazie a quella rivoluzione, la pallavolo di oggi è più spettacolare, più comprensibile. Come in tutti gli sport la prestanza fisica e la velocità sono cresciute molto e qualche volta si fa l’errore di pensare che i giocatori oggi siano meno tecnici e più atletici. Queste qualità oggi, anzi, si sono amplificate. Per difendere una palla che viaggia a 150 all’ora, ci vuole una tecnica sopraffina. Ma in tutti gli sport c’è stata un’amplificazione della velocità del gesto atletico. Guardiamo al calcio, al tennis, ad esempio, dove è avvenuto il medesimo processo.
Andrea Zorzi, oggi cosa le rimane di ‘Zorro’, il soprannome con cui era conosciuto da giocatore?
Sono molto affezionato a quel nome e ne vado fiero, anche se ho cercato di non rimanere prigioniero di quel passato. Mi ricorda di essere grato alla vita, che mi ha permesso di vivere esperienze uniche con grandi atleti e amici. Quindi nessuna nostalgia, amo ancora lo sport, ne parlo anche se non lo pratico. ‘Zorro’ rimane dentro di me anche oggi.
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