Dalla scelta dell’abete agli addobbi plastic-free, passando per i regali esperienziali e un cenone a km 0: come trasformare le festività in un gesto d’amore verso il Pianeta, senza rinunciare alla tradizione
La colonnina del termometro sale sempre di più, mentre gli inverni sono sempre meno nevosi. Se vogliamo difendere l’ambiente, anche il Natale può diventare il momento adatto per fare qualcosa di concreto per il Pianeta e mettere in campo delle azioni virtuose per delle festività a basso impatto.
Iniziamo proprio da lui: l’Albero, simbolo per eccellenza dello spirito natalizio. Vero, finto? Un vecchio dilemma la cui risposta non è così scontata. Siamo portati a pensare che acquistarne uno sintetico sia un gesto d’amore verso la natura. Lo è, effettivamente, ma solo se lo riutilizziamo per almeno 15 o 20 anni. Un tempo piuttosto lungo per ridurre l’impatto dei materiali visto che la maggior parte è realizzata in Pvc e metallo, difficili da riciclare. Inoltre, non consideriamo mai che vengono prodotti soprattutto in Asia, con un notevole impatto in termini di emissioni per il trasporto. Quindi, se ne possediamo già uno, bene: basterà curarlo per evitare che si rovini. Magari se ne dobbiamo comprare un altro, allora sarà meglio cercarlo di seconda mano o realizzato con plastica 100% riciclata.
L’abete naturale, invece, può essere la scelta più green per alcune ottime ragioni: viene coltivato in appositi vivai e durante la sua ‘lunga’ crescita assorbe anidride carbonica e produce ossigeno, stabilizzando il suolo. Però – c’è un però – è meglio acquistarlo a km 0 presso vivai locali o nazionali per evitare l’inquinamento da trasporto; così come deve essere certificato PEFC o FSC. Soluzioni per il “dopo Feste”? Mai gettarlo nel cassonetto indifferenziato. Se ha le radici e si trova ben inserito nel suo “pane di terra”, si può provare a piantarlo in giardino o, al più, affidarlo ai servizi comunali di raccolta del verde. È stato tagliato? Basta portarlo all’isola ecologica: lo trasformeranno in compost o in combustibile per biomassa. Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma: anche l’albero di Natale.
Passiamo alle decorazioni. La maggior parte degli addobbi in commercio è di plastica di bassa qualità. Spesso sono ricoperti di glitter per aumentare quell’allure di luminosità tipico delle feste, ma in realtà si tratta di microplastiche che finiscono per disperdersi nell’ambiente con notevole facilità. L’alternativa naturale spesso è quella più bella (e profumata). Per le decorazioni possiamo recuperare qualcosa dal passato, quando avevamo meno ma più inventiva. Basta qualche fetta d’arancia o mela essiccata appesa con uno spago grezzo ai rami dell’albero e subito si crea un effetto caldo e accogliente. Possiamo aggiungerci stecche di cannella e anice stellato, magari legate insieme con un nastro di cotone rosso. Oltre all’effetto cromatico, diffondono un aroma speziato per tutta la stanza. I classici omini di pan di zenzero o biscotti di pasta frolla bucati prima della cottura sono decorazioni deliziose e “a rifiuto zero”. Altre idee per completare la decorazione: vecchi spartiti musicali o scampoli di tessuto trasformati in origami, ghirlande o fiocchi. Se poi preferiamo acquistare degli addobbi, è meglio orientarsi su materiali come legno, vetro, metallo, ceramica o feltro di lana. Dureranno in eterno, guadagnando fascino.
Anche l’illuminazione vuole la sua parte: smaltiamo le vecchie luminose a incandescenza in un negozio di elettrodomestici che svolge tale servizio e compriamo luci a Led che consumano fino all’80% in meno di energia, oltre a durare molto più a lungo. Per ridurre ancora di più i consumi colleghiamo il tutto a una presa con timer. Non serve che l’albero resti acceso alle tre di notte quando tutti dormono.
I regali. Al di là del contenuto e della scelta, invece di regalarsi il solito oggetto, magari si può optare per donare un’esperienza. Scegliere l’immateriale vuol dire eliminare il problema della produzione, del trasporto e dello smaltimento. Persino del pacchetto e degli incarti. Soprattutto, significa regalare un ricordo. Quindi, largo a corsi di cucina vegetariana, ceramica, fotografia, abbonamenti a stagioni teatrali, musei, giornate in Spa e terme, trattamenti di bellezza e cura del corpo, cene in agriturismi, degustazioni di vini, esperienze sul territorio, pass per eventi. Tutti ‘pensieri’ che, tra l’altro, sostengono l’economia di prossimità e riducono l’impronta di carbonio. Vogliamo comunque fare dei pacchetti? Possiamo orientarci su diverse soluzioni. La prima è il Furoshiki, l’arte giapponese di avvolgere oggetti con quadrati di stoffa annodati. Si possono usare foulard vintage o ritagli di tessuto colorato, così che l’incarto diventa parte del regalo stesso. Altre soluzioni possono essere la carta di giornale, vecchie mappe o spartiti, persino disegni. Per chiudere i pacchetti, usiamo la tecnica delle pieghe degli origami o spaghi di canapa, juta, cotone o rafia. Tutto compostabile al 100%.
A tavola si gioca un’altra partita cruciale per l’ambiente. Pranzi e cenoni, sinonimo di abbondanza, lo sono anche di avanzi che finiscono nella spazzatura. Ora – non serve diventare vegani dall’oggi al domani – ma è bene ridurre il consumo di carne, tre le principali cause di emissioni di gas serra. Possiamo riscoprire la ricchezza della cucina povera e “di magro”, magari rivalutando lenticchie e ceci per fare zuppe nobili, polpettoni vegetali e ragù alternativi. Per il pesce, preferiamo quello azzurro locale, le vongole veraci o di stagione dei nostri mari, così come per frutta e verdura orientiamoci su prodotti di stagione, meglio se a km 0.
A Natale la tentazione di usare piatti e bicchieri di plastica per non lavare le stoviglie per venti persone è forte. Ma il costo ambientale è altissimo. Meglio tirare fuori il “servizio buono” della nonna. Non solo la porcellana, il vetro e i tovaglioli di stoffa rendono la tavola più elegante e accogliente, ma si possono organizzare turni e squadre per pulire. E se poi non si può proprio farne a meno, usiamo stoviglie in polpa di cellulosa compostabili nell’umido.
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