Alla Mostra del Cinema di Venezia, i due cineasta hanno raccontato cosa si nasconde dietro la genesi delle pellicole in proiezione da ottobre nelle sale cinematografiche
Sono due figure mostruose e tragiche della letteratura gotica e horror dell’Ottocento. La creatura di Frankenstein, dal romanzo di Mary Shelley del 1818, viene rifiutata da tutti per il suo aspetto e si trasforma in ciò che gli altri vedono in lui, un mostro. Dracula, nato dalla penna di Bram Stoker nel 1897, è un vampiro immortale che vive nel tormento della solitudine e della maledizione eterna. Entrambi i personaggi, esclusi dalla società, simboli di emarginazione, che suscitano paura e al tempo stesso pietà, mettono in discussione il confine tra umanità e mostruosità, tra vittima e carnefice.
Al cinema sono stati raccontati più volte nel corso dei decenni. Da Nosferatu il vampiro di Murnau del 1922 alla versione di Francis Ford Coppola settant’anni dopo. C’è chi, negli anni Settanta, li ha fatti scontrare in Dracula contro Frankenstein. Ma anche chi ne ha fatto un adattamento comico come Fracchia contro Dracula, con Paolo Villaggio, e Frankenstein Junior di Mel Brooks. Queste due figure iconiche ora tornano sul grande schermo attraverso lo sguardo e la visione di due cineasti di fama mondiale: Guillermo Del Toro e Luc Besson.
Presentato in concorso all’82ª Mostra del Cinema di Venezia, Frankenstein di Del Toro è un progetto molto personale. Erano trent’anni che il regista messicano voleva realizzare un adattamento cinematografico del romanzo di Shelley. Ci è riuscito, scegliendo Oscar Isaac nel ruolo del dottor Victor Frankenstein, scienziato che dà vita a una creatura mostruosa, ossia Jacob Elordi, per sfidare la morte. Christoph Waltz interpreta l’ambiguo Harlander, mentre Mia Goth è la sensibile Elizabeth Lavenza, l’unica a considerare la creatura un essere umano.
«Questo è un film che vive con me fin da quando sono piccolo – ha raccontato Del Toro a Venezia -. Il dna di una diciannovenne inglese ha incontrato quello di un bambino di sette anni. Io sono la creatura. Sono Victor, sono ogni personaggio di questa storia. Questo film è un dialogo con me stesso attraverso i decenni, quando ho imparato il significato di essere figlio, ma anche di essere padre».
Per il cineasta, classe 1964, il film, dal 22 ottobre in alcuni cinema selezionati, e dal 7 novembre su Netflix, non è solo un racconto ambientato nel passato, ma uno specchio della società odierna. «Viviamo in un mondo che ci ha disumanizzato costantemente, giorno dopo giorno, dividendoci in due categorie: puri o terribili – ha detto sempre al Lido -. Non c’è dialogo o libertà su cosa significhi essere umani. Questo film fa pace con l’imperfezione e con il fatto che si può essere buoni e si può essere anche cattivi. L’esperienza umana è piena di sfumature e ci ricorda cosa significhi essere umani, compresi gli errori e il perdono».
Se Del Toro è stato sin da ragazzo un fan di Frankenstein, al contrario Besson ha confessato di non essere mai stato un grande ammiratore di Dracula. Ma dopo aver lavorato con Caleb Landry Jones in Dogman e averne scoperto l’immenso talento ha cercato una storia in cui potesse dirigerlo ancora e così ha pensato al romanzo di Stoker.
Per il suo Dracula il regista francese di Leon e Il quinto elemento è partito dalla storia originale di Vlad, principe del XV secolo che, dopo la tragica morte della moglie, rinnega Dio e viene maledetto con l’immortalità, trasformandosi in Dracula. Condannato a vagare nei secoli, trova speranza nella possibilità di riunirsi con la sua amata perduta. Nella Parigi della Belle Époque, il principe delle tenebre scorge in una giovane donna di nome Mina il volto di Elisabeta. Questo incontro riaccende in lui la speranza, innescando una spirale emotiva che mescola salvezza e dannazione. La giovane donna rimane ammaliata da Vlad, ritrovandosi al centro di una passione che supera le barriere del tempo, e della morte.
Besson ha dichiarato di aver realizzato un film molto personale nel quale ha esplorato il personaggio sotto una luce diversa, focalizzandosi sulla sua ricerca dell’amore perduto attraverso i secoli, tanto che in lingua inglese il film si intitola Dracula: A Love Tale, proprio per sottolinearne l’aspetto romantico e malinconico. «Questa è una storia d’amore su un uomo che aspetta quattrocento anni la reincarnazione dell’amore», ha detto il regista.
Nella pellicola girata in Finlandia, che uscirà nelle sale italiane il 30 ottobre con Lucky Red, a interpretare l’amata di Dracula è Zoë Bleu nel doppio ruolo di Elisabeta e Mina. Christoph Waltz fa un agguerrito cacciatore di vampiri, mentre l’italiana Matilda De Angelis è Maria, amica di Mina, che nel romanzo aveva il nome di Lucy.
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