In un’epoca in cui le notizie sul cambiamento climatico si susseguono con crescente urgenza, è forse meno evidente un’altra crisi, più silenziosa ma non meno preoccupante, che riguarda la sfera più intima dell’essere umano: quella del desiderio. A sostenere che le due emergenze – quella ecologica e quella erotica – siano strettamente connesse è il filosofo australiano Dominic Pettman, docente alla New School di New York, che nel suo saggio Ecologia erotica. Sesso, libido e collasso del desiderio (Edizioni Tlon) propone una lettura originale e provocatoria del nostro tempo.
Secondo Pettman, la società capitalista e iperconsumistica in cui viviamo non si limita a sfruttare le risorse naturali del pianeta, ma incide profondamente anche sulle nostre energie interiori, in particolare su quelle legate alla libido e al piacere. È come se il meccanismo che guida il consumo di beni materiali avesse, parallelamente, cominciato a esaurire anche la nostra capacità di desiderare, amare, connetterci con l’altro in modo profondo e autentico. Un tema complesso, che potrebbe sembrare distante dalle preoccupazioni quotidiane, ma che in realtà tocca nel vivo molte delle fragilità contemporanee, a partire dalla solitudine crescente, fino alla diffusa insoddisfazione relazionale e affettiva.
Non è un caso che negli ultimi anni siano aumentati gli studi e gli articoli che registrano un significativo calo del desiderio, in particolare nei paesi occidentali. A fronte di una società apparentemente più libera e connessa, il desiderio sembra appannarsi, mentre crescono l’isolamento, il disinteresse, la fatica a trovare una vera intimità. In nazioni come il Giappone – dove la cultura dell’erotismo ha radici profonde – si osserva da tempo una crisi demografica legata anche al calo della libido. Pettman propone dunque un parallelismo ardito: così come il pianeta viene consumato a ritmi insostenibili, allo stesso modo stiamo consumando la nostra capacità di provare piacere, di desiderare in modo autentico e libero.
Rifacendosi alle teorie psicoanalitiche di Freud, il filosofo individua nel capitalismo il principale responsabile di questa trasformazione. Le pulsioni umane, un tempo più spontanee, sono state progressivamente riconvertite in bisogni indotti: così il desiderio, invece di esprimersi attraverso il contatto umano e l’esplorazione del corpo e dell’affettività, finisce per alimentare la spirale consumistica. Anche quando si promuove la transizione ecologica, spesso lo si fa generando nuovi desideri artificiali – prodotti ‘verdi’, auto elettriche – che non mettono realmente in discussione la logica iperconsumistica.
Fulcro centrale di queste dinamiche è la tecnologia, che se da un lato ha facilitato la comunicazione, dall’altro ha profondamente alterato le relazioni umane. I social network, le app, i dispositivi mobili nati per accorciare le distanze, hanno spesso l’effetto opposto: ci tengono costantemente connessi, ma al prezzo della qualità dei rapporti reali. Secondo Pettman, oggi accarezziamo lo smartphone più di quanto accarezziamo un’altra persona. Una battuta, forse, ma con un fondo di verità.
L’eros, spogliato della sua fisicità, diventa simulazione, consumo veloce. Il risultato è duplice e paradossale: da un lato, ci ritroviamo a inseguire senza sosta oggetti, esperienze, status che dovrebbero colmare il vuoto del desiderio, ma che spesso lo amplificano; dall’altro, questo meccanismo produce un enorme spreco di risorse naturali, alimentando una crisi ecologica che sembra non avere fine. Il sistema economico attuale, sostiene il filosofo, è in grado di sfruttare persino la nostra libido, trasformandola in carburante per un mercato che non si ferma mai.
Per invertire la rotta serve una “ecologia del desiderio”, non più qualcosa da consumare in fretta, ma da vivere con consapevolezza. Riscoprire il piacere lento, il contatto vero, il corpo, il tempo condiviso.
L’idea è semplice ma rivoluzionaria: immaginare un benessere che non sia solo economico o ambientale, ma anche umano e relazionale. Una sorta di “rinascita verde del piacere”, in cui l’amore non sia più un prodotto da vendere, ma un legame che unisce e rigenera.
© Riproduzione riservata