La presidente del Movimento Italiano per la Gentilezza, Natalia Re, spiega funzione e obiettivi dell’Osservatorio che studia e analizza i comportamenti capaci di produrre risposte che migliorano le nostre vite. Gli effetti dell’essere gentili si possono misurare
«La gentilezza è la lingua che il sordo ascolta e il cieco vede», diceva Mark Twain. Se dovessimo scavare nella letteratura, nei film o nella musica, troveremmo una vera e propria miniera di frasi sull’argomento, tutte in grado di spiegarci cos’è la gentilezza. Ma se volessimo invece “misurarla”? Capire quanta ne abbiamo intorno? Quali sono i suoi effetti? Qualcuno potrebbe pensare che stiamo cercando di quantificare un’emozione o, peggio, un’utopia. Eppure, esiste una vera e propria scienza della gentilezza che l’Oigec – l’Osservatorio Italiano dei Comportamenti e della Gentilezza – porta avanti ogni giorno grazie alle sue attività di ricerca. Per capire meglio come è possibile indagare quello che non è un semplice valore astratto ma una competenza civica, abbiamo intervistato Natalia Re, presidente del Mig, Movimento Italiano per la Gentilezza.
Presidente, di cosa si occupa l’Oigec e in che modo affronta il tema della gentilezza? È vista come una semplice virtù etica o come una vera e propria strategia di coesione sociale e benessere collettivo?
L’Osservatorio Italiano dei Comportamenti e della Gentilezza (Oigec) nasce dall’idea che la qualità della nostra convivenza dipenda, prima di tutto, da come ci relazioniamo ogni giorno. Osservare, comprendere e migliorare i comportamenti che definiscono le nostre relazioni: questa è la sua missione. La gentilezza, in questo percorso, non è quindi un valore astratto né un gesto di cortesia fine a sé stesso, ma una vera strategia sociale. Una competenza che costruisce fiducia, riduce i conflitti e genera sicurezza e benessere collettivo.
Quali sono i fenomeni sociali e comportamentali che l’Osservatorio sta monitorando con maggiore attenzione in questo momento?
L’Oigec agisce su due fronti complementari: da una parte, la ricerca applicata e, dall’altra, la formazione civico-educativa. Attraverso indagini qualitative e quantitative, l’Osservatorio analizza i comportamenti quotidiani nei luoghi della vita reale (scuole, ambienti di lavoro, istituzioni, comunità digitali) per comprendere come la gentilezza possa diventare una leva concreta di coesione sociale. Accanto alla ricerca, poi, l’Oigec promuove percorsi di alfabetizzazione alla gentilezza, protocolli di prevenzione della violenza relazionale e modelli di leadership empatica nelle organizzazioni pubbliche e private. Ogni azione formativa nasce dalla convinzione che la gentilezza possa essere appresa, praticata e trasformata in una competenza civica capace di rigenerare il tessuto sociale. In questa fase, l’Osservatorio concentra la propria attenzione su tre aree particolarmente sensibili, vale a dire campi d’indagine ad alta rilevanza sociale e a elevato impatto emotivo, simbolico e relazionale, nei quali la comunicazione agisce come amplificatore di comportamenti, percezioni e fragilità collettive: la violenza di genere e giovanile, con un focus sui linguaggi aggressivi e sui modelli relazionali disfunzionali; il deterioramento comunicativo della rete, dove odio, sarcasmo e polarizzazione minano la fiducia reciproca; la crisi di fiducia nei contesti professionali, che genera stress, isolamento e perdita di senso comunitario.
Potrebbe fornirci allora qualche dato percentuale sui risultati più rilevanti emersi dalle vostre indagini (ad esempio, l’impatto della gentilezza)?
Le indagini condotte, basate su dati interni Oigec, coinvolgono oltre 12.000 partecipanti distribuiti in 14 regioni italiane, tra scuole secondarie, enti pubblici e aziende del terziario. Il metodo integra questionari anonimi, osservazioni partecipate e analisi semantiche dei linguaggi online, restituendo un quadro vivo e in evoluzione dei comportamenti sociali nel Paese. I primi risultati hanno evidenziato un dato incoraggiante: dove cresce la gentilezza, diminuiscono i conflitti percepiti. L’aumento di comportamenti prosociali, quali collaborazione, ascolto, rispetto del turno di parola, disponibilità all’aiuto si accompagna a un maggiore senso di fiducia e a un miglioramento del benessere psicosociale.
Quali sono i principali indicatori impiegati per misurare la diffusione o la percezione della gentilezza a livello nazionale e sui territori?
Gli indicatori utilizzati comprendono dimensioni quantitative e qualitative, misurano non solo la frequenza dei gesti gentili ma anche il clima relazionale, la percezione di inclusione e la soddisfazione sociale. Particolare attenzione è dedicata al linguaggio digitale, analizzato attraverso strumenti di sentiment analysis e monitoraggio dei termini ad alta valenza emotiva. Sul piano scientifico, l’Oigec si ispira alle ricerche internazionali sul comportamento prosociale e sulla compassione (Layous, Neff, Pommier, Gaffney, Ttofi), adattandole alla realtà italiana e arricchendole con indicatori socioculturali locali.
C’è una correlazione diretta tra diffusione della gentilezza e prevenzione di fenomeni negativi come violenza, bullismo, mobbing o stress lavorativo?
Sì. Numerose evidenze dimostrano che la diffusione della gentilezza genera ambienti più empatici, cooperativi e rispettosi, riducendo i conflitti e favorendo il benessere psicologico. Promuovere comportamenti gentili nelle scuole, nei luoghi di lavoro e nella società contribuisce concretamente a prevenire fenomeni come violenza, bullismo, mobbing e stress lavorativo, perché rafforza la fiducia reciproca e il senso di sicurezza relazionale.
L’Oigec – abbiamo visto – promuove un linguaggio rispettoso e inclusivo anche in ambito digitale. Quali sono le principali criticità che avete riscontrato in rete e quali soluzioni proponete?
Nell’ambito della comunicazione digitale, l’Osservatorio promuove l’utilizzo consapevole del linguaggio e progetti educativi rivolti a studenti, operatori della rete e istituzioni. Le criticità più diffuse sono l’anonimato aggressivo, la polarizzazione, l’ironia offensiva che vengono affrontate attraverso laboratori di empatia e programmi formativi sulla responsabilità comunicativa e relazionale e la gestione dei conflitti. Quanto detto fa comprendere come per l’Oigec la gentilezza sia una politica relazionale, una forma concreta di sicurezza sociale. Restituisce dignità al linguaggio, valore alle relazioni e speranza al futuro delle comunità. Perché solo dove c’è gentilezza può crescere una società davvero sicura, coesa e umana.
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