Il Governo sta valutando di affidare all’INPS la gestione del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr), limitando gli anticipi per esigenze personali. Una misura per sostenere il sistema pensionistico, ma che solleva interrogativi tra i lavoratori.
Una riforma per un sistema pensionistico sostenibile
Nel 2025, la spesa pensionistica italiana ha raggiunto i 289,4 miliardi di euro, pari al 15,3% del PIL nazionale. Questi dati, certificati dalla Ragioneria Generale dello Stato, evidenziano la crescente pressione sul sistema previdenziale. Le proiezioni demografiche sono altrettanto allarmanti. Entro il 2050 oltre un terzo della popolazione sarà over 65, con un indice di dipendenza degli anziani che potrebbe superare il 65%, ben oltre la media europea del 59,1%.
In questo contesto, il Governo ha proposto una riforma significativa: affidare all’Inps la gestione del Trattamento di Fine Rapporto (Tfr). Oggi, infatti, è accantonato direttamente dalle aziende o destinato, su scelta del lavoratore, a fondi pensione complementari. L’obiettivo dichiarato è rafforzare la previdenza pubblica, senza introdurre nuovi prelievi fiscali o tagli.
Come funzionerebbe la nuova gestione Inps del Tfr
La proposta prevede che il Tfr maturato dai lavoratori venga trattenuto dall’Inps e destinato a finanziare il sistema pensionistico. Si tratterebbe di una riorganizzazione delle risorse esistenti. I contributi di fine rapporto non verrebbero eliminati, ma impiegati in modo diverso per garantire maggiore flessibilità in uscita dal lavoro, ad esempio riducendo l’effetto penalizzante del moltiplicatore 3,2 che regola l’accesso alla pensione anticipata.
Secondo il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, questo meccanismo offrirebbe una via d’uscita a quei lavoratori che, pur avendo maturato i requisiti, restano bloccati da limiti rigidi, favorendo quindi un’uscita più graduale dal mondo del lavoro.
Limitazioni sull’uso del Tfr: niente più anticipi
Uno degli aspetti più controversi della proposta riguarda la limitazione degli anticipi. Oggi il Tfr rappresenta una risorsa a cui il lavoratore può accedere in caso di necessità, ad esempio per acquistare la prima casa o per affrontare spese sanitarie importanti. Con la nuova gestione, invece, diventerebbe un capitale vincolato, accessibile solo al momento del pensionamento.
Questa trasformazione ridurrebbe la possibilità per i lavoratori di disporre di una parte del proprio risparmio durante la vita attiva, mutando la natura del Tfr da strumento flessibile e personale a riserva obbligatoria gestita dallo Stato. Una modifica che rischia di generare malcontento, soprattutto tra chi vede nel Tfr una sorta di “paracadute” individuale.
Giovani e previdenza complementare
Nel dibattito in corso, grande attenzione è rivolta anche al ruolo dei giovani. Il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, ha sottolineato l’urgenza di coinvolgere maggiormente le nuove generazioni nella previdenza complementare. Attualmente, solo un quarto dei lavoratori ha meno di 35 anni, una soglia preoccupante per la sostenibilità futura del sistema.
Per invertire questa tendenza, si valuta il ritorno alla formula del silenzio-assenso: i neoassunti che non esprimano una preferenza esplicita vedrebbero il proprio Tfr versato automaticamente in un fondo pensione complementare. L’intento è stimolare l’adesione a questi strumenti fin dai primi anni di lavoro, evitando il procrastinarsi delle scelte previdenziali e creando fin da subito un capitale integrativo.
Una riforma tra opportunità e timori
La proposta di affidare all’Inps la gestione del Tfr apre dunque scenari inediti. Da un lato, potrebbe rappresentare un’opportunità per rafforzare la tenuta del sistema pensionistico e garantire maggiore flessibilità nell’uscita dal lavoro. La gestione pubblica del Tfr, regolata da criteri trasparenti, avrebbe anche il pregio di ancorare il capitale a obiettivi collettivi, all’interno di un sistema solidaristico.
Dall’altro lato, la limitazione dell’accesso anticipato al Tfr preoccupa molti lavoratori, che vedono in questo risparmio una leva fondamentale per affrontare spese importanti o momenti di difficoltà. Il timore è che la centralizzazione delle risorse possa ridurre la libertà individuale, rendendo meno tangibile il valore di un risparmio maturato nel tempo e percepito come proprio.
Il percorso normativo e il ruolo della prossima Legge di Bilancio
Il Governo intende inserire questa riforma nel pacchetto della prossima Legge di Bilancio 2026, oppure promuoverla attraverso un decreto ad hoc. Si tratta di una scelta che si inserisce in un contesto economico e demografico molto delicato, in cui cresce la spesa sociale e si restringono i margini di manovra finanziaria.
Il presidente dell’Inps ha dichiarato che il sistema pensionistico italiano “regge”, ma ha anche ribadito l’importanza di un impegno condiviso. Il coinvolgimento delle giovani generazioni, la valorizzazione della previdenza complementare e una più equa distribuzione degli strumenti di flessibilità rappresentano i pilastri su cui costruire una sostenibilità a lungo termine.
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