Una tecnologia innovativa combatte uno dei primi sintomi della malattia neurodegenerativa
Ieri, 21 settembre, si è celebrata la XXXII Giornata Mondiale dell’Alzheimer, una malattia neurodegenerativa che in Italia riguarda oltre 4 milioni di persone, tra circa 1,1 milioni di pazienti (dati ISS) e almeno 3 milioni di caregiver. Come noto, il disorientamento spaziale rappresenta uno dei campanelli d’allarme più precoci della patologia. Il disturbo dell’orientamento topografico impedisce, infatti, al cervello di creare una mappa mentale dell’ambiente circostante. Nelle fasi avanzate, questa difficoltà può spingere i pazienti ad allontanarsi dalle proprie abitazioni senza una meta precisa, creando situazioni di pericolo e forte angoscia per i familiari. Una ricerca condotta all’Università Cattolica di Milano fa emergere una soluzione tecnologica innovativa. Si tratta di uno smart body indossabile capace di rilevare i sintomi del disorientamento e guidare chi si perde a ritornare a casa.
La ricerca che apre nuove prospettive
Lo studio, coordinato da Davide Cammisuli, ricercatore dell’Associazione Italiana Ricerca Alzheimer (Airalzh) e docente presso la scuola di specializzazione in Psicologia clinica dell’Università Cattolica di Milano, ha dimostrato per la prima volta come sia possibile identificare alterazioni specifiche della cognizione spaziale già in pazienti con lieve declino cognitivo. La ricerca fa parte dei progetti finanziati dal Bando AGYR (Airalzh Grants for Young Researchers), che l’associazione destina annualmente ai ricercatori under 40. L’innovazione principale consiste nell’utilizzo di un dispositivo smart body indossabile, dotato di sensori avanzati che monitorano parametri fisiologici e caratteristiche della camminata. Questo sistema tecnologico ha dimostrato di catturare modificazioni neurovegetative del sistema simpatico collegate al disorientamento che colpisce i pazienti con disturbi cognitivi legati all’Alzheimer.
Come funziona il dispositivo intelligente
Il funzionamento dello smart body si basa su un monitoraggio continuo e non invasivo del paziente. I test sono stati condotti all’interno di un giardino urbano, dove i partecipanti hanno affrontato percorsi computerizzati comparati con deambulazioni reali su tragitti urbani. Questa metodologia ha permesso di simulare situazioni di potenziale smarrimento, replicando le condizioni che i pazienti potrebbero incontrare nella vita quotidiana. Il dispositivo integra un sistema GPS che traccia costantemente il percorso effettuato dalla persona. Quando rileva segnali di disorientamento o errori lungo il tragitto, può attivare soglie di alert personalizzabili o inviare messaggi istantanei. Questa funzione permette di guidare il paziente con deterioramento cognitivo verso la propria abitazione o il punto di partenza del percorso urbano, riducendo i rischi legati allo smarrimento.
Le frontiere della ricerca italiana
Il panorama della ricerca italiana sull’Alzheimer si arricchisce di ulteriori progetti innovativi, sempre finanziati attraverso i bandi AGYR di Airalzh. Alessia Vignoli, ricercatrice presso il Dipartimento di Chimica dell’Università di Firenze, sta sviluppando metodi per l’identificazione precoce dei rischi di evoluzione verso la malattia attraverso risonanza magnetica nucleare su campioni di sangue, offrendo un approccio completamente non invasivo per la diagnosi. Parallelamente, Andrea Magrì del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche ed Ambientali dell’Università di Catania, esplora nuove terapie farmacologiche focalizzandosi sulla possibilità di contrastare l’accumulo di proteina β-amiloide tramite molecole innovative. Lo scopo è di ripristinare la corretta funzione mitocondriale.
L’impegno dell’Associazione Italiana Ricerca Alzheimer
Dalla sua fondazione nel 2014, Airalzh ha investito oltre 4 milioni di euro per sostenere la ricerca scientifica, grazie al contributo di donatori grandi e piccoli. Questi fondi hanno permesso di finanziare 82 assegni di ricerca e 37 progetti specifici, dimostrando come la ricerca italiana possa competere a livello internazionale nella lotta contro questa malattia devastante. L’associazione continua a raccogliere fondi attraverso diverse iniziative, come la collaborazione con Michele Bravi per il libro “Lo ricordo io per te” edito da Feltrinelli. Per ogni copia venduta dal 30 settembre viene devoluto 1 euro a sostegno delle attività di ricerca.
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