Save the Children e ActionAid raccontano le iniziative, supportano l’economia domestica e garantiscono il diritto allo studio
«Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età”, cantava Francesco Guccini nella sua Canzone dei 12 mesi. Per chi ha figli, però, settembre è soprattutto il mese dei conti in tasca e delle spese: se infatti in Italia la scuola è gratuita e il diritto allo studio è garantito, la realtà è molto diversa da quel che dovrebbe essere. Tra libri scolastici, assicurazione e contributi volontari, trasporti e attività extrascolastiche, nel solo mese di settembre le famiglie arrivano facilmente a superare i 500 euro di spesa per ciascun figlio. Se poi i figli sono più di uno, le spese si moltiplicano, diventando a volte difficili da sostenere, soprattutto all’indomani del periodo estivo, che pure ha i suoi costi: non solo per le vacanze, ma – per chi ha figli piccoli – spesso anche per i centri o i campi estivi.
Proviamo a fare un conto approssimativo, prendendo come esempio la scuola superiore, obbligatoria (fino a 16 anni) ma di fatto per molti ‘un lusso’: solo per i libri di testo, si spendono infatti dai 300 ai 450 euro a figlio. A questi, vanno aggiunti tra i 50 e i 200 euro di materiale scolastico (una cifra che varia molto, a seconda dell’indirizzo scolastico, che richiedere più o meno materiale tecnico), le spese dei trasporti (l’abbonamento annuale ha costi diversi a seconda delle città) e altri 50-150 euro tra assicurazione, eventuali tasse e contributi volontari.
E poi, naturalmente, ci sono le iscrizioni (e le prime mensilità) delle attività extrascolastiche, che la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze pratica: solo per lo sport, vanno via tra i 300 e i 600 euro a semestre, cui in molti casi si aggiungono i costi per un corso di lingue e/o di musica. Come se non bastasse, ci sono scuole che organizzano viaggi d’istruzione a inizio anno, per cementare il gruppo classe: un’altra spesa – per un’ottima causa – da sostenere tra settembre e ottobre, difficilmente inferiore ai 300 euro e facilmente superiore ai 500.
Va meglio alla scuola primaria, dove i libri sono gratuiti e le spese riguardano principalmente il materiale scolastico (spese non irrisorie, comunque: tra zaino, astuccio, diario, cancelleria e grembiuli se ne vanno facilmente 150-200 euro). Le scuole medie, di nome e di fatto, sono una via di mezzo: i libri si pagano, ma meno che alle superiori. Restano però le spese per il materiale scolastico, i viaggi d’istruzione, l’assicurazione e le attività extrascolastiche.
Insomma, se crescere è un diritto per tutti, i costi però sono sempre più a carico delle famiglie, chiamate a garantire ai figli non solo l’istruzione – che pure ha un costo – ma anche opportunità formative – come lo sport e la musica – che la scuola italiana, a differenza di tante scuole europee ed extraeuropee, non offre.
Ne abbiamo parlato con due associazioni che da sempre mostrano un’attenzione particolare al tema del diritto allo studio: Save the Children e ActionAid. «Noi offriamo, attraverso i nostri programmi, anche cosiddette “doti educative”, ovvero un sostegno materiale alle famiglie in difficoltà da destinare ad attività formative extrascolastiche dei figli – racconta Antonella Inverno, responsabile Ricerca e Analisi di Save the Children -. Di fatto, nei territori più disagiati, accade spesso che queste risorse siano utilizzate anche per l’acquisto dei libri, perché quasi sempre le scuole superano le soglie di costo dettate dal Ministero per l’acquisto dei libri e questo mette in difficoltà molte famiglie». Esistono, è vero, buoni libro e altri sussidi destinati a queste spese, assegnati da Comuni o Regioni, «ma innanzitutto non coprono interamente i costi effettivi e poi vengono erogati in ritardo e comunque a rimborso», spiega Inverno. Poi ci sono quelli che Inverno chiama i «costi aggiuntivi nascosti, come i contributi volontari richiesti dalla scuola: sebbene le circolari ministeriali siano molto chiare, appunto, sulla volontarietà di questo versamento, di fatto molte scuole richiedono questi contributi insieme a tasse e assicurazioni scolastiche, per cui molte famiglie, soprattutto quelle meno preparate, pensano che siano contributi obbligatori».
ActionAid, alcuni anni fa, ha svolto una ricerca sull’orientamento scolastico e in quest’occasione ha indagato quanto i costi possano determinare anche la scelta della scuola dei figli. «La scuola è gratuita solo in teoria – afferma Maria Sole Piccioli, responsabile Education ActionAid -. Nella realtà ci sono costi spesso molto alti, soprattutto nelle scuole superiori: Istat stima che la scuola costi alle famiglie circa 1.300-1.500 euro per ogni figlio. Quest’anno è previsto un rincaro sui libri del 2%: un rialzo perfino contenuto, rispetto ad altri anni, considerando il peso dell’inflazione che colpisce anche le case editrici. Sempre secondo Istat – aggiunge Piccioli -, in media una famiglia spende per la scuola di un figlio circa il 25% delle proprie entrate». Questo, fa notare Piccioli, può condizionare anche l’orientamento verso l’una o l’altra scuola: «Immaginiamo un ragazzo che vive in una zona periferica sulle montagne lombarde, che voglia frequentare un istituto tecnico a Milano: i costi del trasporto e dei pasti avranno un peso sulla scelta, perché alcune famiglie non possono permettersi queste spese aggiuntive». Esiste quindi un legame molto stretto tra costi e orientamento. «E questo ha un impatto anche sulla dispersione scolastica, visto che si abbandona più facilmente una scuola che non si è scelta». Una scuola che sia di tutti deve essere accessibile a tutti: solo questo può garantire una libera scelta dei percorsi educativi e formativi, basata sulle inclinazioni, i talenti e – perché no? – i desideri di ogni ragazza e ragazzo».
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