Import selvaggio, cambiamenti climatici e costi alle stelle: perché preferire il miele nazionale è oggi una scelta consapevole
Oggi 20 maggio si celebra la Giornata mondiale delle api, un’occasione per ricordare l’importanza di questi piccoli insetti per la sopravvivenza degli ecosistemi e per la nostra sicurezza alimentare. In Italia, le api garantiscono ogni anno l’impollinazione di milioni di piante, contribuendo direttamente alla produzione di cibo e alla biodiversità del territorio. Ma oggi, questo equilibrio prezioso è messo a dura prova. Secondo Coldiretti, lo scorso anno gli alveari presenti sul territorio nazionale erano circa 1,6 milioni, un patrimonio in calo per la prima volta dopo anni di crescita. Le api attive sono stimate in circa 80 miliardi, ma la loro salute è sempre più minacciata dai cambiamenti climatici e dall’aumento delle importazioni di miele straniero a basso costo.
Clima impazzito e produzioni in affanno
A compromettere la produzione di miele italiano sono state soprattutto le condizioni meteo-climatiche estreme. Forti sbalzi di temperatura, piogge abbondanti e fioriture irregolari hanno ridotto la disponibilità di nettare e compromesso la salute delle api. Il risultato? Una produzione nazionale stimata nel 2024 in circa 21.850 tonnellate, leggermente inferiore rispetto all’anno precedente. Molti apicoltori sono stati costretti a ricorrere a frequenti interventi di alimentazione di emergenza per evitare il collasso degli alveari. Le perdite invernali, in alcuni casi, hanno superato il 30%. E anche la nuova stagione apistica ha risentito delle bizze del tempo, con una primavera difficile e produttività molto disomogenea lungo la Penisola.
Miele dall’estero o miele italiano?
Oltre al clima, c’è un altro nemico da affrontare: l’importazione indiscriminata di miele straniero. Nei primi due mesi del 2025, secondo i dati Istat elaborati da Coldiretti, sono arrivati in Italia ben 5,4 milioni di chili di miele, di cui oltre un terzo da Paesi extra UE. Si tratta spesso di prodotti di qualità inferiore, venduti a prezzi stracciati che mettono in difficoltà i produttori italiani. Questa pressione al ribasso danneggia non solo l’economia degli apicoltori, ma anche il consumatore finale, che rischia di portare a tavola un miele meno genuino, talvolta miscelato o privato delle sue proprietà nutritive e organolettiche.
L’etichetta aiuta a scegliere
A fronte di questa situazione, una buona notizia arriva dall’Unione Europea: una nuova Direttiva ha reso più chiara l’etichettatura del miele, facilitando la scelta dei consumatori. Tuttavia, resta ancora assente l’obbligo di indicare l’origine del miele utilizzato nei prodotti trasformati, una lacuna che solo alcune aziende colmano volontariamente. “Per sostenere un settore che coinvolge molti giovani e garantire il fondamentale lavoro delle api nelle nostre campagne è importante scegliere miele di origine nazionale”, afferma Veronica Barbati, presidente dell’associazione apicoltori della Coldiretti. Un gesto semplice, ma di grande valore.
Un Paese di biodiversità
Se da un lato il consumo medio pro capite di miele in Italia è ancora basso – circa mezzo chilo l’anno, contro i 600 grammi della media europea e gli oltre 1.500 della Germania – dall’altro il nostro Paese è una vera eccellenza in termini di biodiversità apistica. L’Italia vanta oltre 60 varietà di miele, molte delle quali monoflorali, come l’acacia, il castagno o il tiglio. A queste si aggiungono le tipologie Dop, come il Miele della Lunigiana, il Miele delle Dolomiti Bellunesi e il Miele Varesino, simboli di un territorio ricco e variegato. Non mancano poi i cosiddetti “millefiori”, diversi da zona a zona a seconda delle fioriture locali. Scegliere miele italiano significa sostenere l’agricoltura locale, tutelare la biodiversità e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Le api non sono solo produttrici di miele: sono sentinelle dell’ambiente e alleate preziose dell’uomo.
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