Costi alti e servizi inefficienti, il problema della sanità italiana è anche una governance spesso incapace di una gestione virtuosa
Un’analisi della Corte dei Conti mette in luce le profonde disuguaglianze nella sanità italiana. Il dibattito pubblico, da anni incentrato sulla mancanza di fondi, rischia di ignorare un problema ben più radicato: l’inefficienza nella gestione delle risorse. Il nuovo rapporto della Corte, infatti, dimostra che investimenti consistenti non sempre si traducono in servizi di alto livello, lasciando i cittadini con differenze pronunciate tra una regione e l’altra. Il rapporto sulla gestione finanziaria delle Regioni e Province autonome dipinge in modo inequivocabile un quadro fatto di luci e ombre. L’indagine, basata sia sui bilanci regionali che sui dati di monitoraggio dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), evidenzia infatti che non sempre le regioni che spendono di più offrono i servizi migliori ai loro cittadini. Si tratta di un paradosso che impone una riflessione urgente sul funzionamento della sanità italiana.
Il costo dell’eccellenza: il paradosso di Trento e Bolzano
La Provincia autonoma di Trento si conferma come una delle regioni con le migliori performance nel panorama italiano. Con un punteggio di 97 su 100 nella valutazione degli ospedali, è senza dubbio un’eccellenza. Tuttavia, questo primato ha un prezzo: la spesa sanitaria pro capite si attesta a 1.434 euro per cittadino, il 24% in più rispetto a regioni con risultati quasi identici. Il paragone con la Toscana è emblematico: la regione spende 1.081 euro per abitante, ma raggiunge un risultato di 96 punti, un punto in meno rispetto a Trento. Il divario è ancora più netto se confrontato con il Veneto, che con una spesa di 1.061 euro pro capite ottiene un punteggio di 94. Questo dimostra come una gestione oculata delle risorse possa portare a risultati di alto livello senza investimenti eccessivi. Più emblematico è il caso della Provincia autonoma di Bolzano, che, con 1.562 euro pro capite, si aggiudica il primato di regione con la spesa più alta d’Italia. Eppure, a fronte di questo investimento massiccio, il suo punteggio nei servizi ospedalieri crolla a soli 62 punti, posizionandola tra le peggiori del Paese, accanto a realtà come il Molise, la Sardegna e la Valle d’Aosta.
Campania e Sardegna in affanno
Se il Nord presenta disparità significative, la situazione del Sud Italia non è da meno, con un divario spesso ancora più marcato. La Campania, ad esempio, investe una somma per abitante del tutto simile a quella del Veneto, con 1.061 euro pro capite. Eppure, a fronte di questa cifra, il suo punteggio nei LEA si ferma a 72, 22 in meno rispetto alla regione veneta. Un divario che si ripete in altre aree del Mezzogiorno, dove spesso i fondi, pur essendoci, non riescono a tradursi in servizi efficienti per i cittadini. Anche la Sardegna vive un paradosso simile. Con una spesa di 972 euro pro capite, la stessa delle Marche, ottiene solo 60 punti, il punteggio minimo per la sufficienza, mentre la regione marchigiana supera abbondantemente i 90. Questi dati mettono in luce un problema sistemico: le risorse economiche non mancano in assoluto, ma la loro gestione, la capacità di trasformarle in servizi concreti e di qualità, sembra essere la vera lacuna del sistema sanitario in molte aree del Paese.
Oltre gli ospedali: l’assistenza territoriale
La Corte dei Conti ha analizzato anche altri aspetti cruciali del sistema sanitario. Prendendo in esame l’assistenza territoriale, quella che riguarda i servizi di prossimità come i medici di base, i consultori e l’assistenza domiciliare, emerge un quadro altrettanto disomogeneo. Il Veneto si conferma leader in questo settore con 96 punti e una spesa di 1.312 euro per cittadino. La Sicilia, che investe quasi la stessa cifra (1.288 euro), ottiene un risultato catastrofico: un misero 44, meno della metà del risultato veneto. La Lombardia, pur investendo una cifra quasi identica al Veneto (1.311 euro), si ferma a 76 punti, dimostrando che anche una regione ricca e popolosa può avere difficoltà a tradurre gli investimenti in servizi efficaci. La situazione più drammatica è quella della Valle d’Aosta, che con 1.353 euro a testa si ferma al punteggio più basso d’Italia, con solo 35 punti.
Una questione di governance
Anche sul fronte della prevenzione, che include vaccinazioni, screening e controlli alimentari, il quadro è simile. Veneto e Trento dominano, con 98 punti ciascuno, spendendo rispettivamente 104 e 97 euro per abitante. La Campania, nonostante una spesa più alta (119 euro), si limita alla sufficienza, mentre la Sicilia crolla a 49 punti. La Calabria spende poco meno di Trento (95 euro contro 97). Ma con soli 41 punti si conferma la Regione con i livelli di servizio peggiori. Dall’analisi generale, dunque, emerge che il problema della sanità italiana non è solo la mancanza di risorse, ma la loro gestione. Troppe Regioni spendono cifre importanti per ottenere risultati mediocri. Mentre altre dimostrano che con un uso più efficiente dei fondi si possono garantire servizi di alto livello. In pratica è come avere una macchina costosa ma con il motore che gira a vuoto.
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