Medici, infermieri e farmacisti sono sempre meno: le organizzazioni europee chiedono un piano basato su reclutamento e tutela della sanità
La sanità europea sta attraversando una delle fasi più critiche della sua storia recente. L’invecchiamento della popolazione, l’aumento della domanda di cure e il numero insufficiente di professionisti sanitari stanno mettendo a dura prova i sistemi nazionali. Oggi in Europa operano circa 1,9 milioni di medici, 3,5 milioni di infermieri e oltre 400 mila farmacisti, ma questi numeri non sono più sufficienti a rispondere alle nuove sfide. Tre organizzazioni – la Confederazione delle Associazioni Mediche Europee (CPME), la Federazione delle Associazioni Infermieristiche Europee (EFN) e il Gruppo Farmaceutico dell’Unione Europea (PGEU) – lanciano un appello. Senza azioni concrete, la sanità europea rischia il collasso.
La strategia in tre mosse per invertire la rotta
Il piano proposto si fonda su tre pilastri: reclutamento, fidelizzazione e resilienza. L’obiettivo è rafforzare la capacità dei Paesi membri di formare, attrarre e trattenere personale qualificato, con misure strutturali e di lungo termine. “Prendersi cura di chi cura” non è più uno slogan, ma una necessità. Se non si mettono in campo politiche efficaci per sostenere chi lavora nella sanità europea, saranno sempre di più i professionisti costretti ad abbandonare il settore per condizioni di lavoro insostenibili.
Dopo il Covid, meno risorse alla sanità
Il paradosso più evidente è emerso dopo la pandemia: mentre il Covid-19 ha rivelato le debolezze dei sistemi sanitari, molti Stati membri hanno ridotto i finanziamenti al settore. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: reparti in affanno, liste d’attesa più lunghe e un crescente malessere tra gli operatori. Secondo CPME, EFN e PGEU, servono investimenti veri. Le iniziative europee finora adottate non hanno prodotto risultati concreti. Per evitare il crollo della sanità europea, è fondamentale rivedere le priorità politiche e rimettere al centro le risorse umane.
Formazione e reclutamento responsabile per salvare la sanità europea
Uno dei primi punti su cui intervenire è il reclutamento. Le organizzazioni europee chiedono di mantenere elevati gli standard formativi previsti dalle direttive comunitarie, per non compromettere la qualità dell’assistenza. Inoltre, promuovono programmi di mentorship che favoriscano l’inserimento dei giovani e riducano l’abbandono precoce. La formazione deve avvenire principalmente all’interno dei singoli Stati, evitando il ricorso a reclutamenti internazionali poco etici, soprattutto nei confronti dei Paesi con sistemi sanitari già in difficoltà.
Condizioni di lavoro dignitose per trattenere il personale
Fidelizzare chi lavora nella sanità europea significa garantire ambienti sicuri, stipendi adeguati e rispetto dei diritti. La Direttiva sul tempo di lavoro, ad esempio, deve essere pienamente applicata, per tutelare la salute degli operatori. Un altro aspetto critico è l’aumento degli episodi di violenza nei confronti del personale sanitario, fenomeno esploso durante l’emergenza pandemica. Servono politiche di tolleranza zero e strumenti di prevenzione efficaci.
Un sistema resiliente è un sistema più giusto
Il concetto di resilienza assume un ruolo centrale. Le organizzazioni chiedono di rivedere il Dispositivo per la Ripresa e la Resilienza (RRF), concentrando gli sforzi sulla carenza di personale e sul potenziamento delle capacità operative. Una sanità europea resiliente non è solo in grado di affrontare le emergenze, ma anche di garantire continuità e qualità nel lungo periodo. Per questo serve una visione politica che superi le logiche emergenziali e investa davvero nelle persone. Inoltre, avvertono le sigle, la crisi dei professionisti sanitari non è solo una questione gestionale, ma riguarda i diritti fondamentali dei cittadini. Il diritto fondamentale alla salute non può, infatti, essere garantito senza una forza lavoro solida, preparata e valorizzata.
La sanità europea sotto pressione
Il sistema europeo si trova di fronte a una sfida cruciale: l’invecchiamento dei suoi professionisti sanitari. Questo fenomeno non solo solleva interrogativi sulla sostenibilità futura dell’assistenza, ma pone anche l’Italia in una posizione particolarmente delicata rispetto alla media continentale. Secondo i dati più recenti di Eurostat e altri enti, l’età media del personale sanitario in Europa è in costante aumento. In particolare, si osserva che oltre un terzo dei medici e un quarto degli infermieri nell’Unione Europea ha superato i 55 anni. Questa tendenza è particolarmente marcata in alcuni paesi, con il 55,2% dei medici italiani che nel 2021 aveva 55 anni o più, un dato ben superiore al 44,5% della Francia e al 44,1% della Germania. L’Italia si distingue anche per la più alta percentuale di medici con 65 anni o oltre (26,7%).
Una categoria prossima alla pensione
Questa situazione porta con sé diverse implicazioni. Un numero significativo di professionisti sanitari si avvicina all’età pensionabile, creando il rischio di carenze di personale qualificato nei prossimi anni. La carenza di medici e infermieri è già una realtà in molti paesi dell’UE, con venti stati che nel 2022-2023 hanno segnalato una scarsità di medici e quindici una penuria di infermieri. L’età media elevata del personale, unita a un calo dell’interesse dei giovani per le carriere sanitarie, rende urgente l’adozione di strategie mirate per attrarre e trattenere nuove leve nel settore.
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