Rai 1 rilancia l’eroe di Salgari cinquant’anni dopo la storica serie con Kabir Bedi
Con la messa in onda il 6 gennaio 1976 della prima puntata dello sceneggiato Sandokan, diretto da Sergio Sollima, nacque una leggenda. L’apparizione sulla scena di Kabir Bedi, con il suo sguardo magnetico, accompagnato dall’urlo diventato leggendario, catturò immediatamente 27 milioni di italiani. Un successo clamoroso che nessuno aveva previsto, tanto che la messa in onda non venne nemmeno preannunciata dal Radiocorriere TV. Registi affermati come Sergio Leone e Duccio Tessari rifiutarono il progetto, ma Sollima credeva nella forza del materiale di Salgari. Insieme allo sceneggiatore Alberto Silvestri lavorò per quattro anni a un intreccio di due romanzi di Salgari, La tigre della Malesia e Le tigri di Mompracem.
Una produzione coraggiosa
Sollima insistette per girare nei luoghi autentici tra India, Malaysia e Thailandia, rifiutando alternative al ribasso. Pretese attori asiatici per i ruoli principali e respinse le pressioni per affidare a un’italiana il ruolo di Marianna. Kabir Bedi non parlava nemmeno italiano quando si presentò ai provini nel 1974, inizialmente per un ruolo secondario. La sua interpretazione fu così convincente che divenne invece il vero protagonista. Accanto a lui, Philippe Leroy nei panni di Yanez, Carole André come la Perla di Labuan, Adolfo Celi nel ruolo del crudele James Brooke. I paesaggi esotici, le scene d’azione spettacolari e il duello con la tigre entrarono nell’immaginario collettivo. Mentre la sigla dei fratelli De Angelis (oggi ripresa nel remake) restava nella top ten per diciotto settimane.
Una fiction che strizza l’occhi alla storia
La forza di Sandokan non deriva solo dall’invenzione letteraria. Il personaggio affonda le radici in eventi storici reali che Salgari aveva studiato con attenzione. I pirati malesi che popolavano le acque del Sud-Est asiatico nel XIX secolo combattevano effettivamente contro britannici e olandesi opponendosi all’espansione coloniale. Anche James Brooke, l’acerrimo nemico di Sandokan, è una figura storica autentica. Questo avventuriero inglese nel 1841 divenne governatore di Sarawak, conducendo campagne feroci contro quella che le autorità coloniali definivano pirateria ma che rappresentava la resistenza locale. Salgari trasformò Brooke nel simbolo dell’oppressore straniero, facendo di Sandokan la personificazione della lotta indigena per la libertà.
Dalle figurine Panini all’ultimo Sandokan
Il successo dello sceneggiato del 1976 andò ben oltre i confini nazionali. La serie venne venduta in decine di paesi, e nacque un merchandising ricchissimo, dall’album di figurine Panini a innumerevoli prodotti commerciali che testimoniavano quanto profondamente il personaggio fosse entrato nella cultura popolare. La Rai cercò di replicare la formula vincente con Il corsaro nero nel 1976 e La tigre è ancora viva nel 1977, sempre con Bedi e Sollima, ma il secondo capitolo non ottenne lo stesso riscontro. Quando negli anni Novanta la Rai rifiutò di produrre un nuovo seguito, Mediaset acquisì i diritti affidando a Enzo Castellari Il ritorno di Sandokan, trasmesso nell’ottobre 1996 con un Kabir Bedi ormai quarantenne che tornava nel ruolo che lo aveva reso celebre.
La sfida della Rai: conquistare le nuove generazioni
La nuova produzione Rai punta in parte sull’effetto nostalgia, cercando di risvegliare le emozioni dell’epoca d’oro degli sceneggiati televisivi. Anni in cui la televisione italiana esercitava un’influenza culturale difficile da immaginare oggi. Produzioni come La freccia nera, l’Odissea o l’Eneide erano veri fenomeni sociali che entravano nelle conversazioni quotidiane, nelle scuole, nelle case. Resta da vedere se il nuovo Sandokan saprà conquistare fino in fondo una generazione cresciuta con linguaggi visivi completamente diversi, abituata a ritmi narrativi più serrati. E ad una complessità psicologica dei personaggi che il modello dell’eroe salgariano non sempre contemplava.
(Nella foto: Kabir Bedi)
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