La Capitale lancerà dal 2026 un progetto di assistenza domiciliare negli stabili con alta concentrazione di over 65. Il modello punta a ridurre i costi per le famiglie e a contrastare l’isolamento sociale degli anziani attraverso la condivisione delle risorse.
Un progetto che parte da lontano
Roma si appresta a diventare un laboratorio per l’assistenza agli anziani con un modello che potrebbe ridisegnare il welfare cittadino. A partire dal 2026, i condomini popolari della Capitale sperimenteranno la figura del badante di condominio, un operatore che si occuperà di assistere più nuclei familiari all’interno dello stesso stabile.
L’iniziativa nasce da una proposta della consigliera del Partito Democratico, Valeria Baglio, approvata dalle commissioni competenti lo scorso 22 ottobre, e prevede un finanziamento a carico del Comune. Non si tratta di un’idea completamente nuova: anni fa, al quartiere Don Bosco, un progetto simile aveva ottenuto risultati molto soddisfacenti. Quella prima sperimentazione dimostrò che la condivisione di una figura professionale tra più famiglie non solo abbatteva i costi, ma creava anche reti di solidarietà tra gli inquilini.
Il meccanismo prevede che attraverso un tavolo di coordinamento – composto da associazioni del terzo settore, servizi sociali territoriali e amministratori condominiali – vengano individuati gli stabili con maggiore concentrazione di anziani sopra i 65 anni non autosufficienti. Il badante condominiale si occuperà di attività essenziali per chi ha perso parte dell’autonomia. Ritiro e consegna di farmaci, accompagnamento alle visite mediche, preparazione dei pasti, piccole faccende domestiche e, aspetto non secondario, compagnia.
Restano escluse le prestazioni medico-sanitarie specialistiche, per le quali servono competenze specifiche che la badante condominiale non possiede.
Come funziona la figura del badante condominiale
Il modello del badante di condominio è nato circa un decennio fa a Bologna. L’intuizione alla base del progetto era semplice ma efficace: condividere le risorse per superare due ostacoli principali al benessere degli anziani, ovvero l’isolamento sociale e l’insostenibilità economica di un’assistenza individuale continuativa.
Oggi questo modello si è diffuso in numerose città italiane e viene riconosciuto dalle amministrazioni locali come valida alternativa all’assistenza domiciliare tradizionale. L’ultima città ad aver avviato la sperimentazione prima di Roma è stata Torino, nel capoluogo piemontese. Il badante condominiale alterna la sua presenza negli appartamenti degli anziani che aderiscono al servizio, occupandosi di una vasta gamma di compiti. Oltre alle mansioni pratiche come cucinare, pulire, fare la spesa o accompagnare alle commissioni, riveste un ruolo fondamentale nella socializzazione e nel contrasto alla solitudine. Un aspetto che assolutamente non va sottovalutato. Per molti anziani che vivono soli, la presenza regolare di una figura di riferimento rappresenta l’unico contatto umano quotidiano.
Il risparmio economico, inoltre, è notevole. Una famiglia che necessiterebbe di tre o quattro ore giornaliere di assistenza individuale può arrivare a ridurre la spesa fino al 60-70 per cento attraverso la condivisione dei costi con altri condomini.
Si stima che oggi oltre 650 condomini in Italia abbiano adottato questo modello, coinvolgendo circa 15.000 anziani e creando 2.800 posti di lavoro regolari nel settore dell’assistenza. Un altro dato significativo riguarda la riduzione del lavoro irregolare: il tasso di irregolarità contrattuale si è ridotto del 78 per cento, facendo emergere una parte consistente del lavoro sommerso che caratterizza il settore.
A Roma, agenzie specializzate già offrono già servizi di badante condominiale, occupandosi della selezione del personale, della gestione contrattuale e dell’organizzazione dei turni.
Dall’assistenza alla rete sociale
L’obiettivo del progetto capitolino va oltre la semplice assistenza materiale. Come spiegano le promotrici dell’iniziativa, avere una figura di riferimento conosciuta e di fiducia, capace di mettere in rete bisogni ed esigenze, rappresenta il vero valore aggiunto. Il badante condominiale può coordinare anche momenti di socialità: dal gioco delle carte alla visione collettiva di film, dalla lettura condivisa dei giornali all’organizzazione di piccole attività ricreative. In questo modo, il condominio smette di essere un semplice contenitore di appartamenti e diventa una vera comunità solidale.
Dopo l’approvazione definitiva in Assemblea capitolina, prevista nelle prossime settimane, verrà istituito un tavolo di lavoro entro 90 giorni. A questo tavolo parteciperanno tutti gli attori coinvolti: associazioni del terzo settore, servizi sociali municipali, rappresentanti dei condomini popolari e amministratori di condomini privati interessati ad aderire in futuro. Il compito del tavolo sarà individuare le palazzine dove avviare la sperimentazione e selezionare le figure professionali più adatte. L’idea è di partire dalle case popolari, dove si concentra la maggior parte delle famiglie con difficoltà economiche, per poi estendere gradualmente il modello anche ai condomini privati che vorranno aderire, eventualmente contribuendo con una quota economica.
Il progetto capitolino rappresenta un’esperienza che potrebbe fare scuola. L’obiettivo è dimostrare che è possibile immaginare forme innovative di welfare territoriale. Dove il condominio diventa il luogo in cui si costruiscono reti di prossimità e solidarietà.
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