«Dove stiamo andando non c’è bisogno di strade». Continua il viaggio senza tempo di Marty e Doc
Sono trascorsi quarant’anni da quel 1985 in cui Ritorno al futuro, diretto da Robert Zemeckis e interpretato da Michael J. Fox e Christopher Lloyd, faceva il suo debutto nelle sale, conquistando pubblico e critica. La storia è semplice quanto geniale: Marty McFly, diciassettenne di Hill Valley, vive una vita ordinaria fino a quando il suo amico scienziato Doc Brown non gli rivela di aver trasformato una DeLorean in una macchina del tempo alimentata a plutonio. L’arrivo improvviso di terroristi libici costringe Marty a fuggire a bordo del veicolo temporale, catapultandolo nel 1955. Qui incontra i suoi genitori da giovani: il padre George, un ragazzo goffo e timido, e la madre Lorraine, allora diciassettenne. La sua presenza nel passato rischia però di alterare il corso degli eventi e compromettere la sua stessa esistenza futura. Con l’aiuto del giovane Doc Brown, Marty dovrà rimettere a posto la storia e trovare un modo per tornare nel suo tempo.
Quarant’anni dopo la sua uscita nelle sale, Ritorno al futuro continua a essere molto più di un semplice film: è un fenomeno culturale che attraversa le generazioni con la stessa freschezza del primo giorno. Prodotto da Steven Spielberg, il film non è mai passato di moda, anzi. Ha contribuito in modo decisivo al ritorno in auge dello stile anni Ottanta che permea ancora oggi cinema e televisione, diventando un vero e proprio almanacco di citazioni e riferimenti pop. La formula vincente risiede nella sua capacità di mettere d’accordo tutti: chi ha vissuto quegli anni e chi li ha scoperti attraverso gli innumerevoli passaggi televisivi. Non importa se si tratti di nostalgia della propria giovinezza o di un’epoca mai vissuta direttamente: il film riesce a conquistare proprio grazie a quel particolare allure nostalgico che emana, un medley perfetto tra l’innocenza degli anni Cinquanta e l’esuberanza degli Ottanta.
Pur omaggiando un genere che proprio negli anni Cinquanta aveva conosciuto la sua esplosione, Ritorno al futuro non ha mai voluto essere un film di fantascienza pura. È piuttosto un’avventura che immagina scenari futuribili, giocando con elementi della cultura pop già consolidati e proponendone altri destinati a diventare iconici. La mitica DeLorean, paradossalmente già fuori produzione all’epoca dell’uscita del film, è diventata il simbolo per eccellenza del viaggio nel tempo. Così come le Nike futuristiche indossate da Marty nel secondo capitolo della saga o la memorabile scena in cui il protagonista suona Johnny B. Goode definendola “un pezzo un po’ vecchio… dalle mie parti”. Il successo duraturo del film è dovuto in gran parte alla straordinaria sinergia del cast, capitanato da Michael J. Fox e Christopher Lloyd. I due attori, nel corso degli anni, hanno più volte scaldato il cuore dei fan con reunion che hanno tenuto vivo lo spirito della saga. Una fedeltà ricambiata dal pubblico: basti pensare al social prank diventato virale su Facebook qualche anno fa, con la finta foto d’epoca di Lorraine e George McFly al ballo “Incanto sotto il mare”.
Ritorno al futuro rappresenta il distillato perfetto degli anni Ottanta, con i suoi buoni sentimenti e quella certa dose di politically incorrect che, piaccia o meno, appartiene comunque al suo tempo. Il film ha anticipato il futuro sotto molti aspetti e allo stesso tempo ha cristallizzato l’essenza di un’epoca fatta di gilet bombati, colori fluo e accessori futuristici. Un decennio in cui, tra innocenza e inconsapevolezza, si guardava davvero al domani con ottimismo genuino. Questo approccio positivo verso il futuro è forse ciò che manca di più al cinema contemporaneo. In un’epoca segnata dal disincanto e da nuove, spesso amare consapevolezze, quella capacità di sognare e credere che tutto sia possibile non è più così immediata. La pellicola continua a rappresentare quel cinema capace di far sognare e credere nell’impossibile. In un’industria dell’intrattenimento sempre più dominata da effetti speciali e budget stratosferici, il capolavoro di Zemeckis ci ricorda che la vera magia sta nella capacità di raccontare storie che toccano il cuore. Perché, ammettiamolo, tutti abbiamo sognato almeno una volta di salire su quella macchina del tempo e portarla a 88 miglia orarie, pronti a vivere l’avventura più impossibile e affascinante di sempre.
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