I recenti fatti di cronaca sulle autostrade italiane riaccendono il dibattito sui controlli medici per gli over 80. Il nodo dei mezzi pesanti
L’ultimo episodio di cronaca che ha visto protagonisti conducenti anziani in gravi incidenti stradali, è di sabato scorso in Svizzera: un 74enne finito nel lago di Sils con la compagna, salvi per miracolo. Più serio il bilancio estivo in Italia per incidenti causati dalla guida contromano in autostrada: il 27 luglio un 82enne è morto sulla Torino-Milano e il 28 luglio vicino a Imperia un altro anziano è entrato in autostrada dalla parte sbagliata, provocando tre feriti. Infine il primo agosto un 88enne che guidava contromano sulla Torino-Bardonecchia è rimasto gravemente ferito mentre la moglie è deceduta sul colpo. Dopo questi fatti media e giornali hanno riportato al centro dell’attenzione pubblica la questione del rinnovo della patente ai conducenti anziani e l’adeguatezza dei controlli medici per chi ha superato gli 80 anni di età.
Il compromesso della legge
Dal 2010 la legislazione italiana prevede che il rinnovo della patente ai conducenti anziani debba avvenire ogni due anni per chi ha superato gli 80 anni, mentre per la fascia 70-79 anni il termine rimane di tre anni. Questa stretta normativa nacque dopo lunghi dibattiti parlamentari e pressioni dell’opinione pubblica, ma la sua applicazione pratica ha rivelato immediatamente le criticità di un sistema sanitario già sotto pressione. L’idea originaria prevedeva che tutti gli ultraottantenni dovessero sottoporsi obbligatoriamente agli esami delle Commissioni mediche locali, eliminando la possibilità di effettuare visite presso medici delle Asl, medici ferroviari o strutture convenzionate con le autoscuole. Tuttavia, la carenza cronica di personale medico specializzato e i tempi di attesa che spesso superavano i sei mesi hanno reso questa soluzione impraticabile, costringendo il legislatore a un dietrofront nel 2012.
Il paradosso dei controlli: quando la discrezionalità diventa arbitrarietà
La situazione attuale presenta una contraddizione: se la norma appare rigorosa nei principi, la sua applicazione pratica risulta estremamente variabile. Il rinnovo della patente ai conducenti anziani dipende infatti dalla valutazione del singolo medico, creando un sistema a geometria variabile che genera disparità territoriali e personali significative. Medici particolarmente scrupolosi tendono a negare il rinnovo anche a conducenti apparentemente in buone condizioni, mentre altri professionisti mostrano maggiore flessibilità verso anziani che presentano evidenti difficoltà fisiche o cognitive. Questa discrezionalità, seppur comprensibile dal punto di vista umano, crea una pericolosa incertezza normativa e trasferisce di fatto sulle famiglie il peso di decisioni che dovrebbero essere prese su basi mediche oggettive.
Il ruolo delle famiglie: tra responsabilità morale e pressioni emotive
La questione del rinnovo della patente ai conducenti anziani coinvolge l’intero nucleo familiare, spesso costretto a mediare tra esigenze contrastanti. Da un lato la necessità di garantire la sicurezza stradale, dall’altro il timore che la perdita della patente possa scatenare nell’anziano una grave crisi depressiva e un senso di perdita dell’autonomia personale. Molti figli si trovano nella difficile posizione di dover convincere genitori ancora lucidi ma fisicamente compromessi a rinunciare volontariamente alla guida, una responsabilità che il sistema sanitario di fatto delega alle famiglie senza fornire strumenti adeguati per gestire questi delicati passaggi generazionali.
Trasporto professionale: regole severe ma contraddizioni pratiche
Per quanto riguarda i veicoli commerciali e il trasporto professionale, la normativa sul rinnovo patente anziani presenta criteri più stringenti ma non meno contraddittori. I conducenti di mezzi pesanti devono cessare l’attività a 65 anni, con possibili proroghe solo per veicoli fino a 20 tonnellate, mentre per gli autobus il limite si estende a 68 anni con controlli medici annuali. Queste regole apparentemente severe si scontrano però con la drammatica carenza di autisti professionali che affligge il settore dell’autotrasporto italiano. Molte aziende faticano a trovare conducenti qualificati, creando una pressione economica che spinge verso interpretazioni più permissive delle norme mediche.
Le nuove sfide: farmaci e sostanze terapeutiche
Le modifiche al Codice della strada (art. 187 del Codice) hanno introdotto ulteriori complicazioni nella gestione del rinnovo della patente agli anziani. Il nuovo articolo 187 punisce la mera presenza di sostanze stupefacenti nell’organismo del conducente, indipendentemente dal fatto che queste abbiano effettivamente compromesso le capacità di guida. Questa norma colpisce particolarmente proprio gli anziani, che spesso assumono terapie farmacologiche croniche contenenti principi attivi che potrebbero risultare positivi ai controlli delle forze dell’ordine. Cannabis terapeutica per il dolore cronico, benzodiazepine per l’ansia, oppiacei per patologie oncologiche: migliaia di anziani si trovano improvvisamente in un limbo normativo dove la necessità terapeutica si scontra con il diritto alla mobilità.
L’impatto sociale della perdita di autonomia
Il nodo del rinnovo della patente ai conducenti anziani non può essere affrontato considerando solo gli aspetti medici e normativi, ma deve tenere conto anche delle ricadute sociali e psicologiche. Per molti, specialmente in aree rurali o mal servite dai trasporti pubblici, l’automobile rappresenta l’ultimo ‘baluardo’ dell’indipendenza personale. La perdita della patente può significare l’impossibilità di raggiungere autonomamente strutture sanitarie, centri commerciali o luoghi di socializzazione, accelerando processi di isolamento sociale e deterioramento cognitivo. Questa considerazione non deve giustificare un certo ‘permissivismo’ nelle valutazioni mediche, ma evidenzia la necessità di politiche integrate che offrano alternative concrete alla mobilità privata.
Verso una riforma: controlli uniformi e criteri oggettivi
Il quadro normativo attuale sul rinnovo della patente ai guidatori anziani rivela la necessità di una riforma complessiva che superi le contraddizioni attuali. La vera sfida, avvertono gli esperti, non consiste nel decidere se due anni di validità siano troppi o troppo pochi, ma nel costruire un sistema di controlli uniformi su tutto il territorio nazionale, basato su criteri medici standardizzati e oggettivi. Una possibile soluzione potrebbe prevedere l’introduzione di test specifici per le funzioni cognitive e motorie essenziali alla guida, da affiancare alle visite mediche tradizionali. Simulatori di guida computerizzati, test di reattività visiva e valutazioni neuropsicologiche potrebbero fornire parametri oggettivi per decisioni oggi affidate alla discrezionalità del singolo medico.
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