Lo Squalo compie 50 anni. Dal terrore nelle spiagge del New Jersey alla nascita del primo blockbuster della storia
Il 20 giugno 1975, la storia del cinema cambiò per sempre. In circa 450 schermi americani usciva Lo squalo, dell’allora ventinovenne regista Steven Spielberg. Nel primo weekend di programmazione il film incassò 7 milioni di dollari e alla fine ne guadagnò più di 500 in tutto il mondo, diventando il film di maggior incasso dell’epoca. In Italia, al netto dell’inflazione, incassò circa 13 milioni e mezzo di lire nelle prime quattro settimane di programmazione – 9,3 milioni solo nel primo weekend -, posizionandosi al secondo posto tra i film di maggiore incasso della stagione 1975-1976.
Ciò che ha reso Lo Squalo (titolo originale Jaws, Fauci) così spaventosamente efficace è il fatto che, dietro la finzione narrativa, si celano eventi realmente accaduti. Peter Benchley, autore del romanzo da cui è tratto il film, si ispirò a una serie di attacchi avvenuti nell’estate del 1916 lungo la costa del New Jersey, che terrorizzarono l’America. Tra il 1° e il 12 luglio di quell’anno, uno squalo (un grande bianco o uno squalo toro) seminò il panico attaccando cinque persone e uccidendone quattro.
Il primo attacco avvenne il 1° luglio a Beach Haven: Charles Vansant, un venticinquenne in vacanza con la famiglia, venne aggredito a pochi metri dalla riva. Nonostante i tentativi di soccorso, il ragazzo morì dissanguato a causa delle gravissime ferite alla gamba sinistra. Cinque giorni dopo, a Spring Lake (70 km a nord di Beach Haven), Charles Bruder, un cameriere di 27 anni che lavorava in un hotel del posto, venne attaccato mentre nuotava. Alcuni bagnini lo soccorsero con una barca, ma lo squalo gli aveva già strappato entrambe le gambe all’altezza dell’anca. Anche lui morì dissanguato prima di raggiungere la riva. La particolarità di questi attacchi stava nella loro rarità: fino ad allora, nella storia degli Stati Uniti, non si erano mai verificate aggressioni mortali lungo la costa orientale. L’opinione pubblica era sconvolta e le spiagge, in piena stagione turistica, si svuotarono rapidamente.
Ma l’evento più sconcertante doveva ancora verificarsi. L’11 luglio, uno squalo risalì il Matawan Creek, un piccolo fiume, per circa 24 km nell’entroterra rispetto all’oceano. Il giovane Lester Stilwell, di 11 anni, venne attaccato mentre nuotava con gli amici. Il suo corpo fu ritrovato solo due giorni dopo. Stanley Fisher, un taglialegna di 24 anni che si era tuffato nel tentativo di salvarlo, venne anch’egli morso e morì in ospedale poche ore dopo. Mezz’ora dopo l’attacco a Fisher, sempre nello stesso torrente ma più vicino alla baia, il quattordicenne Joseph Dunn fu l’ultima vittima. Fortunatamente, i suoi amici riuscirono a trascinarlo fuori dall’acqua e, sebbene gravemente ferito a una gamba, fu l’unico sopravvissuto della serie di attacchi.
Questi eventi scatenarono una vera e propria “guerra agli squali”, con migliaia di pescatori che si lanciarono alla caccia del predatore. Il 14 luglio, uno squalo bianco di più di due metri fu catturato nelle acque vicino a Matawan. Nel suo stomaco, secondo i resoconti dell’epoca, vennero rinvenuti resti umani. Per molti, questo confermò che si trattasse dello “squalo assassino”, sebbene oggi gli esperti ritengano che gli attacchi possano essere stati opera di più di un predatore. Benchley rimase profondamente colpito da questi eventi e li utilizzò come ispirazione per il suo romanzo del 1974, ambientandolo però nell’immaginaria isola di Amity. La trama riprende molti elementi della tragedia del New Jersey: una comunità costiera che vive di turismo, le autorità locali che negano il pericolo per non danneggiare l’economia estiva e la caccia finale al predatore.
Per la caratterizzazione del cacciatore di squali Quint (Robert Shaw), lo scrittore si ispirò al pescatore Frank Mundus, con cui aveva realmente partecipato a battute di caccia allo squalo. Mundus era un personaggio leggendario, famoso per aver catturato con la canna da pesca nel 1964 uno squalo bianco di oltre 2.000 kg. Curiosamente, dopo aver visto il film, Mundus lo definì “il più divertente e più stupido che avesse mai visto” e “pieno di inesattezze”, pur riconoscendosi nel personaggio di Quint.
Spielberg, insoddisfatto della sceneggiatura originale di Benchley, coinvolse l’amico Carl Gottlieb per aggiungere umorismo e leggerezza a una storia altrimenti troppo cupa. Molte delle scene memorabili del film, come il monologo di Quint sulla USS Indianapolis, furono così aggiunte o modificate sul set. Le difficoltà tecniche durante le riprese sono leggendarie. Il “Bruce” meccanico (così chiamato in onore dell’avvocato di Spielberg) – in realtà tre diversi modelli di squalo robotizzato – funzionava raramente come previsto, costringendo il regista a limitarne le apparizioni e a suggerire la presenza del predatore piuttosto che mostrarla. Questo approccio, nato da una necessità pratica, si rivelò una scelta artistica geniale che aumentò la tensione e il terrore degli spettatori. Come location fu scelta l’isola di Martha’s Vineyard, in Massachusetts, grazie al suo fondale marino sabbioso che rimaneva poco profondo fino a 19 km dalla costa. Questo permetteva di manovrare facilmente gli squali meccanici e di evitare che la terraferma apparisse nelle riprese, aumentando la sensazione di isolamento. Alcune scene con squali veri furono invece girate in Australia, usando un attore nano in una piccola gabbia per simulare pesci di dimensioni gigantesche.
Cinquant’anni dopo la sua uscita, la pellicola continua ad affascinare e terrorizzare. Horror acquatico o film psicanalitico, Lo Squalo non solo ha definito il concetto stesso di blockbuster estivo, ma ha anche lasciato un’impronta indelebile nella cultura popolare, influenzando generazioni di cineasti e cambiando per sempre il modo di guardare all’oceano e ai suoi abitanti più temibili. Tra i momenti iconici del film, uno in particolare è entrato nell’immaginario collettivo: quando il capo della polizia Martin Brody (Roy Scheider) vede il pesce per la prima volta e, arretrando verso la cabina di pilotaggio, pronuncia a Quint la celebre frase: “Ci serve una barca più grossa”, scelta poi da 1.500 addetti ai lavori dell’American Film Institute come la numero 35 tra le 100 migliori citazioni cinematografiche di tutti i tempi.
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