L’ipotesi di una torre nella Casa del Tiaso regala nuove scorci sulla vita dell’élite pompeiana
Una scala che sembra salire verso il nulla in una dimora patrizia nel cuore di Pompei. E un’ipotesi affascinante che potrebbe riscrivere parte della storia urbanistica della città sepolta dal Vesuvio nel 79 d.C. Gli archeologi del Parco Archeologico di Pompei hanno pubblicato sull’E-Journal degli scavi una ricerca innovativa che getta nuova luce sulla stratificazione sociale dell’antica Roma. Anche a Pompei, le famiglie più influenti potrebbero aver edificato torri nelle loro dimore, simboli tangibili di potere e ricchezza, proprio come accadeva, molto più tardi, nelle città medievali.
Un’ipotesi suggestiva
La scoperta nasce nell’ambito di “Pompeii Reset”, un progetto di archeologia digitale in collaborazione tra il Parco Archeologico di Pompei e l’Università Humboldt di Berlino. L’obiettivo non è scavare nuove aree, ma ricostruire virtualmente ciò che il tempo e l’eruzione hanno cancellato. I piani superiori degli edifici pompeiani, quelli che ospitavano le camere da letto, i terrazzi, gli spazi di rappresentanza e, forse, le torri. Nella Casa del Tiaso gli scavi recenti hanno portato alla luce una scala monumentale che apparentemente non conduce da nessuna parte. Ma che, per gli archeologi, potrebbe in realtà portare ad una torre ormai scomparsa. Un’ipotesi sviluppata da Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei, insieme alla professoressa Susanne Muth del Winckelmann-Institut. L’idea, peraltro, trova riscontri sia nelle fonti letterarie romane sia nell’iconografia dell’epoca: gli affreschi pompeiani raffigurano spesso ville dotate di torri. Elementi architettonici che dal mondo delle ville extraurbane si trasferivano anche nelle dimore urbane dell’élite.
Torri: non solo un vezzo medievale
Nell’immaginario collettivo le torri sono collegate a paesaggi come Bologna o San Gimignano, simboli di rivalità tra le famiglie nobili. Ma l’idea della torre come manifestazione di prestigio ha radici molto più indietro nel tempo. Le fonti antiche ci raccontano di strutture simili nella Roma imperiale, come la celebre torre di Mecenate, dalla quale secondo la tradizione Nerone avrebbe osservato il grande incendio di Roma. A Pompei, queste costruzioni avrebbero avuto funzioni molteplici: luoghi di osservazione panoramica sulla città e sul golfo di Napoli, spazi per la contemplazione delle stelle durante le notti estive, ma soprattutto dichiarazioni architettoniche di status sociale. In una società dove l’apparenza contava quanto la sostanza, poter invitare gli ospiti a salire sulla propria torre privata significava dimostrare concretamente il proprio rango.
La ricostruzione digitale
“La ricerca archeologica a Pompei è molto complessa”, spiega Zuchtriegel nell’articolo pubblicato sull’E-Journal. “Oltre a quella sul campo con gli scavi che restituiscono contesti intatti sulla vita nel mondo antico, esiste anche la ricerca non invasiva, fatta di studio e di ipotesi ricostruttive di ciò che non si è conservato, ma che completa la nostra conoscenza del sito”. Il progetto utilizza tecnologie avanzate di scansione tridimensionale per documentare ogni dettaglio degli spazi architettonici conservati. Su questa base, i ricercatori sviluppano modelli digitali che ricostruiscono virtualmente le parti andate perdute. Il risultato non è semplice grafica computerizzata, ma uno strumento scientifico che permette di formulare ipotesi verificabili su come vivevano gli antichi pompeiani.
Un nuovo modo di fare archeologia a Pompei
I piani superiori delle case rappresentano la vera “Pompei perduta”. Mentre i pianterreni sono spesso ben conservati sotto metri di cenere e lapilli, i livelli sopraelevati sono andati distrutti. Eppure è proprio lì che si svolgeva buona parte della vita quotidiana: le stanze da letto, gli ambienti privati, gli spazi dove le famiglie si ritiravano lontano dagli occhi dei visitatori. E, nel caso della Casa del Tiaso, forse una torre per contemplare il mondo dall’alto. La pubblicazione immediata dei risultati sull’E-Journal degli scavi di Pompei è una piccola rivoluzione nel mondo dell’archeologia italiana. Tradizionalmente, i dati di scavo rimanevano chiusi nei cassetti dei ricercatori per anni, talvolta decenni, prima di essere resi pubblici. Il Parco Archeologico di Pompei ha invece scelto di condividere i risultati in tempo quasi reale con la comunità scientifica internazionale e con il pubblico.
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