Uno studio sul DNA antico svela i segreti della prima pandemia della storia
Un mistero archeologico sul quale a lungo si sono arrovellati gli studiosi ha ora una risposta. La Peste di Giustiniano, la devastante epidemia che tra il 541 e il 749 dopo Cristo spazzò via una porzione significativa della popolazione di Europa e Asia, ha ora un colpevole scientificamente identificato: il batterio Yersinia pestis, lo stesso responsabile della celebre Peste Nera del Trecento (quella descritta nel Decameron di Boccaccio, per intendersi). La rivelazione arriva da un team internazionale di ricercatori che ha pubblicato uno studio basato sull’analisi del DNA antico. I risultati non solo confermano l’identità del patogeno che causò questa antica pandemia, ma offrono anche nuove prospettive sui meccanismi evolutivi che hanno guidato l’emergere delle grandi epidemie nella storia umana.
L’indagine su una malattia misteriosa e letale
Tutto nasce dall’analisi meticolosa di resti umani recuperati da un sito di sepoltura di massa nel Regno Unito, dove i ricercatori sono riusciti a estrarre e sequenziare il DNA del patogeno conservato nei tessuti delle vittime dell’epidemia. Questa operazione, tecnicamente complessa e delicata, ha permesso di identificare con certezza assoluta la presenza di Yersinia pestis nei campioni esaminati. La Peste di Giustiniano rappresentava fino a oggi un enigma epidemiologico. Le cronache storiche dell’epoca descrivevano una malattia dalle caratteristiche devastanti, capace di diffondersi rapidamente attraverso le rotte commerciali dell’Impero Bizantino e oltre, ma l’identificazione precisa del patogeno responsabile rimaneva nel campo delle ipotesi. Gli storici e gli epidemiologi avevano formulato diverse teorie, ma mancavano le prove scientifiche definitive.
Il salto evolutivo di un killer microscopico
L’analisi genetica ha rivelato aspetti sorprendenti dell’evoluzione di questo patogeno. Il ceppo di Yersinia pestis responsabile della Peste di Giustiniano presenta caratteristiche genetiche uniche che lo distinguono nettamente dai lignaggi batterici che causarono le pandemie successive. Questa scoperta suggerisce che il batterio non seguì un percorso evolutivo lineare, ma piuttosto sviluppò capacità pandemiche in momenti diversi e attraverso meccanismi indipendenti. Gli scienziati hanno inoltre dimostrato che questo particolare ceppo rappresentava quello che in terminologia evolutiva viene definito un ‘vicolo cieco’: una linea genetica che, dopo aver causato la devastante epidemia del sesto secolo, si estinse senza lasciare discendenti diretti nelle popolazioni batteriche successive. Questo dato è particolarmente significativo perché indica che ogni grande pandemia di peste nella storia umana può essere considerata come un evento evolutivo distinto, emerso da dinamiche ecologiche e genetiche specifiche.
Un mosaico geografico di prove scientifiche
La ricerca non si è limitata ai ritrovamenti britannici, ma ha integrato dati provenienti da diversi siti archeologici distribuiti attraverso l’antico mondo mediterraneo. Particolare rilevanza assume il sito di Jerash, nell’attuale Giordania, che ha fornito la prima evidenza genetica diretta della presenza del patogeno nel Mediterraneo orientale, tradizionalmente considerato l’epicentro geografico dell’epidemia. Questa distribuzione geografica delle evidenze scientifiche ha permesso ai ricercatori di ricostruire con maggiore precisione i percorsi di diffusione della Peste di Giustiniano e di comprendere come l’epidemia si propagò attraverso le reti commerciali e militari dell’epoca. I genomi batterici recuperati in Europa occidentale, precedentemente interpretati come manifestazioni periferiche della pandemia, ora assumono un nuovo significato all’interno di un quadro epidemiologico più completo.
L’impatto demografico e storico della scoperta
Le implicazioni di questa scoperta vanno oltre il campo puramente scientifico. La Peste di Giustiniano rappresenta infatti un momento cruciale nella storia europea e mediterranea, segnando la transizione da focolai epidemici regionali e sporadici alla prima pandemia globalmente documentata nel mondo antico. Le stime più conservative parlano di 25 milioni di vittime, mentre alcune ricostruzioni demografiche suggeriscono che il bilancio possa aver raggiunto i 100 milioni di morti. Questo evento epidemiologico contribuì in modo significativo al declino dell’Impero Romano d’Oriente e modificò profondamente gli equilibri politici, economici e sociali del Mediterraneo. La conferma scientifica dell’identità del patogeno responsabile permette ora agli storici di comprendere meglio i meccanismi attraverso i quali una malattia infettiva può influenzare il corso della civiltà umana.
Le dinamiche evolutive dei patogeni pandemici
L’analisi filogenetica globale condotta dai ricercatori sulla peste di Giustiniano dimostra che i batteri responsabili delle diverse pandemie storiche non derivano da un unico ceppo ancestrale comune, ma sono invece emersi indipendentemente lungo diversi rami dell’albero evolutivo di Yersinia pestis. Questa scoperta suggerisce che l’emergere della peste come minaccia pandemica sia il risultato di complessi meccanismi ecologici che operano a livello regionale, caratterizzati da ricorrenti ‘salti di specie’ dalle popolazioni animali serbatoio alle comunità umane. Il fenomeno, (spillover), rappresenta un processo che si è ripetuto nel corso dei millenni, alimentato dall’interazione tra fattori ambientali, ecologici e sociali. Lo studio dimostra che Yersinia pestis ha rappresentato una minaccia ricorrente per le popolazioni umane per oltre millecinquecento anni, adattandosi continuamente alle mutevoli condizioni ecologiche e sociali.
Studiare le epidemie di ieri per comprendere quelle di oggi
La metodologia sviluppata per questo studio rappresenta un punto di svolta nell’archeologia molecolare e nella paleogenomica. La capacità di estrarre e analizzare DNA di patogeni conservato per oltre 1500 anni apre nuove prospettive per la comprensione delle epidemie storiche e preistoriche. Gli strumenti tecnologici e analitici usati potranno essere applicati allo studio di altri eventi epidemiologici del passato, contribuendo a costruire una storia più completa e accurata delle malattie infettive. L’importanza di questa ricerca si estende anche alla comprensione delle dinamiche epidemiologiche contemporanee. Come sottolineato dagli autori dello studio, questa scoperta è fondamentale perché permette di comprendere le dinamiche delle pandemie nella storia, fornendo elementi cruciali per interpretare e prevenire le emergenze sanitarie del presente e del futuro.
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