Dal primo gennaio 2027 serviranno 67 anni e tre mesi per andare in pensione, secondo quanto prevede il Documento programmatico di bilancio appena inviato dal governo alla Commissione europea. Ma il rialzo non riguarderà chi svolge attività usuranti e gravose. Nel pacchetto anche la conferma di Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103.
Torna in vigore l’adeguamento alla speranza di vita
Dopo alcuni anni di fermo, il meccanismo che lega l’età pensionabile all’aspettativa di vita è pronto a riattivarsi. Il sistema, introdotto dalla riforma Fornero del 2011, prevede un aggiornamento biennale dei requisiti sulla base dei dati Istat relativi alla longevità degli italiani. La pandemia aveva fatto registrare un calo della speranza di vita, bloccando di fatto gli aumenti previsti. Ma con il ritorno alla normalità sanitaria, i numeri sono tornati a crescere. Nel 2024 l’aspettativa di vita ha raggiunto gli 86,8 anni, con un incremento significativo rispetto ai valori registrati durante l’emergenza Covid.
Questo miglioramento demografico si traduce automaticamente in un rialzo dei requisiti pensionistici. Dal primo gennaio 2027, l’età per accedere alla pensione di vecchiaia salirà quindi a 67 anni e tre mesi, rispetto ai 67 anni attuali che resteranno validi fino alla fine del 2026. Si tratta di un aumento di tre mesi che interesserà la stragrande maggioranza dei lavoratori italiani, sia dipendenti che autonomi, nel settore pubblico come in quello privato.
Anche chi punta alla pensione anticipata vedrà salire l’asticella contributiva. Attualmente servono 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e un anno in meno per le donne. Dal 2027 questi requisiti passeranno rispettivamente a 43 anni e un mese per gli uomini e 42 anni e un mese per le donne. Il meccanismo è previsto dalla normativa vigente e richiede un decreto del ministero dell’Economi. Ma che dovrà essere emanato entro la fine del 2025 per rendere operativo il cambiamento dal primo giorno del 2027.
Chi resterà fuori dall’aumento dell’età pensionabile
Non tutti i lavoratori dovranno aspettare di più per andare in pensione. Il Documento programmatico di bilancio prevede infatti un’eccezione: nel biennio 2027-2028 l’aumento dell’età pensionabile non riguarderà chi svolge lavori particolarmente pesanti o usuranti. Per queste categorie, l’età per la pensione di vecchiaia resterà ferma a 67 anni, anche dopo il 1° gennaio 2027.
Rientrano tra i lavori usuranti quelli che comportano sforzi fisici o stress prolungati. Si tratta, ad esempio, di chi lavora di notte in modo continuativo, degli addetti alla catena di montaggio, di chi opera in gallerie, cave o miniere, oppure in spazi ristretti come serbatoi, caldaie o cunicoli. Sono inclusi anche i conducenti di autobus e mezzi pubblici con almeno nove posti. Per ottenere l’agevolazione, è necessario aver svolto questi lavori per almeno sette anni negli ultimi dieci, oppure per metà della propria vita lavorativa.
Accanto a questi ci sono le mansioni gravose, cioè professioni molto faticose ma che non rientrano nell’elenco ufficiale degli usuranti. Tra queste figurano gli operai dell’edilizia e della manutenzione, i gruisti, i facchini, gli addetti alle pulizie, i trasportatori, gli agricoltori e i lavoratori del settore siderurgico.
>Nella lista compaiono anche gli insegnanti della scuola dell’infanzia, gli educatori di asili nido, gli infermieri e il personale sanitario che lavora su turni, così come chi assiste persone non autosufficienti.
Rientrano inoltre categorie come i pescatori, i lavoratori del vetro ad alte temperature, i conciatori di pelli e gli operai delle linee di montaggio industriali.
Secondo le stime, questa esclusione interesserà circa 10.000 persone l’anno, su un totale di 500.000 pensioni liquidate dall’Inps: appena il 2% del totale. Il costo per lo Stato sarà di 1,9 miliardi di euro nel 2027, per poi scendere a 1,2 miliardi nel 2028. Complessivamente, il pacchetto pensioni della manovra varrà 3,6 miliardi nel triennio, con una spesa iniziale più contenuta nel 2026 (465 milioni), destinata a prorogare le misure di flessibilità già esistenti.
Le altre misure sul tavolo per il 2026
Il Documento programmatico di bilancio conferma anche il proseguimento delle principali forme di pensionamento anticipato già in vigore. Ape Sociale, Opzione Donna e Quota 103 dovrebbero essere rinnovate per il 2026, garantendo canali di uscita flessibili a categorie specifiche di lavoratori. Ape Sociale, in particolare, permette l’accesso a un’indennità a carico dello Stato per chi ha compiuto 63 anni e 5 mesi, con 36 anni di contributi, ed è riservata a disoccupati di lungo periodo, caregiver familiari, persone con invalidità civile pari ad almeno il 74% e, appunto, lavoratori che svolgono mansioni gravose.
Il governo sta inoltre valutando se modulare l’aumento in maniera più graduale, con ipotesi che vanno da un incremento di un solo mese nel 2027, seguito da due mesi nel 2028, fino ad arrivare ai tre mesi complessivi previsti nel 2029, quando è già programmato un nuovo adeguamento. Un’altra strada allo studio è quella di limitare l’esclusione dall’aumento solo a chi avrà compiuto 64 anni nel corso del 2027, riducendo così l’impatto finanziario della misura. Queste opzioni, però, devono ancora trovare spazio nel testo definitivo della legge di bilancio e saranno oggetto di discussione nelle prossime settimane.
Gli aspetti fiscali del Documento
Sul fronte fiscale, il governo punta ad alleggerire il peso delle tasse per i redditi medi. Il Documento programmatico di bilancio prevede una riduzione della seconda aliquota Irpef, che passerà dal 35% al 33%, con benefici concentrati soprattutto su chi guadagna tra 28.000 e 50.000 euro lordi l’anno, mentre per i redditi più alti il vantaggio sarà più contenuto. Per sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori, l’esecutivo ha stanziato circa 2 miliardi di euro destinati a favorire gli aumenti contrattuali previsti tra il 2026 e il 2028, introducendo una mini tassazione del 10% sugli incrementi retributivi, così da rendere più conveniente per le aziende rinnovare i contratti e adeguare gli stipendi al costo della vita.
Anche le famiglie potranno contare su qualche aiuto in più. La manovra prevede il rafforzamento del bonus per le lavoratrici madri con almeno due figli e redditi fino a 40.000 euro, oltre al rifinanziamento della “Carta dedicata a te”, la misura che consente di acquistare beni di prima necessità.
Per finanziare il pacchetto di interventi, che nel complesso vale circa 18 miliardi di euro l’anno, il governo punta su un insieme di risorse. La rimodulazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, che libererà circa 5 miliardi nel 2026, una riduzione delle spese dei ministeri per 2,3 miliardi e un contributo straordinario chiesto al settore finanziario e assicurativo, da cui si attendono 4,4 miliardi nel 2026 e oltre 11 miliardi complessivi nel triennio.
Una scelta che divide la politica
L’aumento dell’età pensionabile continua a dividere la maggioranza. Una parte del governo spinge per congelare l’adeguamento, sostenendo che molti lavoratori, soprattutto quelli più anziani o impegnati in mansioni pesanti, non riuscirebbero a reggere altri mesi di lavoro. Tuttavia c’è chi ricorda che bloccare del tutto il meccanismo costerebbe fino a 3 miliardi di euro l’anno, una cifra difficile da sostenere con i vincoli europei e l’obbligo di tenere il deficit sotto controllo.
Dal ministero dell’Economia si sottolinea che l’adeguamento alla speranza di vita non serve solo a contenere la spesa pubblica, ma anche a garantire assegni più alti, perché più anni di lavoro significano più contributi versati e quindi pensioni più consistenti. I sindacati, intanto, criticano l’esclusione limitata a poche categorie e chiedono criteri più flessibili, legati alle reali condizioni di lavoro.
Il governo dovrà quindi trovare un equilibrio tra sostenibilità dei conti e giustizia sociale, in una trattativa che si annuncia complessa.
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