Tra precarietà economica, cultura e servizi carenti, cresce l’incertezza delle nuove generazioni verso la scelta della genitorialità
La paura di diventare genitori è oggi una condizione condivisa da molti under 35. Lo conferma uno studio promosso da Magna Carta , che ha analizzato le ragioni di questa crescente esitazione. In un’Italia che invecchia e vede calare costantemente il numero delle nascite, il desiderio di costruire una famiglia sembra, dunque, sempre più fragile. Non si tratta solo di fattori economici, ma di un insieme complesso di ostacoli culturali, sociali e organizzativi.
Il nodo demografico
Nel 2024 le nascite in Italia si sono fermate a 370mila, in calo rispetto al 2023. L’età media al primo figlio si attesta a 32,6 anni, mentre il tasso di natalità è di appena 1,18 figli per donna. Un dato che supera il minimo di 1,19 del 1995, anno nel quale sono nati 526mila bambini contro i 370mila del 2024. Secondo la ricerca, un giovane su tre non si sente pronto per diventare genitore. Le risposte più comuni sono “Non è il momento giusto” o “ci penserò più avanti”. Un riscontro che è il sintomo evidente della paura di diventare genitori, alimentata da incertezze diffuse.
Genitorialità e precarietà: un binomio difficile da spezzare
Alla base della scelta – o meglio, della rinuncia – di avere figli c’è la precarietà. Difficoltà economiche, contratti instabili, costi della vita crescenti e assenza di tutele rendono complicato pensare a un futuro familiare. Come spiega Annamaria Parente, direttrice dell’Osservatorio della Fondazione, «la scarsa conciliazione vita-lavoro e le difficoltà occupazionali pesano moltissimo». È in questo contesto che prende forma la paura di diventare genitori, sempre meno un fatto privato e sempre più un fenomeno sociale.
Cosa fanno (e non fanno) le aziende per sostenere i lavoratori
Solo una minoranza di imprese italiane, secondo la ricerca, ha adottato strategie strutturate per il benessere dei dipendenti. Due su tre non dispongono nemmeno di sistemi di ascolto organizzativi. Eppure, nei casi in cui il welfare aziendale è presente, i risultati sono evidenti: lo smart working e la flessibilità oraria ottengono dai lavoratori valutazioni altissime. Anche il part time e i congedi ricevono punteggi molto positivi. Misure che, se diffuse, potrebbero contribuire ad abbattere la paura di diventare genitori.
Telecomunicazioni in prima linea sul fronte del welfare
Nel settore delle telecomunicazioni, il 97% delle aziende applica lo smart working e il 76% propone orari flessibili. Un esempio concreto di come si possa favorire un ambiente di lavoro più accogliente per chi considera l’idea di avere un figlio. Secondo Laura Di Raimondo, direttrice generale di Asstel, «la convivenza tra cinque generazioni nei luoghi di lavoro sarà una sfida cruciale, anche sul fronte della natalità». È qui che si gioca la partita contro la paura di diventare genitori, che spesso nasce proprio da ambienti lavorativi percepiti come ostili alla famiglia.
Il cambiamento passa anche dalla cultura
La ministra Eugenia Roccella, nel commentare i dati, afferma che non è solo l’economia a frenare le nascite. «Occorre – ha spiegato – scardinare stereotipi culturali e promuovere un nuovo approccio alla genitorialità». La maternità, così come la paternità, devono tornare a essere considerate scelte socialmente valorizzate, non sacrifici isolati. Superare la paura di diventare genitori significa anche restituire senso e dignità a una dimensione fondamentale dell’esperienza umana.
I servizi pubblici, l’anello mancante
Welfare aziendale e privato possono fare molto, ma non bastano. Perché i giovani tornino a immaginare un futuro da genitori, servono politiche pubbliche più efficaci: asili nido capillari, voucher baby sitter, centri estivi accessibili, congedi parentali equi e sostenibili. Tutti gli osservatori sono concordi sulla necessità di una strategia condivisa tra pubblico e privato per sostenere concretamente le famiglie. Lo studio in conclusione propone iniziative concrete per sostenere la conciliazione famiglia-lavoro.
Guardare avanti per superare la paura di diventare genitori
Si parte dalla valorizzazione degli “asili nido diffusi” o “di prossimità”, un modello tra aziende, scuole private e territorio per offrire servizi di assistenza ai dipendenti con figli piccoli. A questo si aggiunge l’integrazione di un “voucher baby-sitter” aziendale, che garantisce ore prestabilite di baby-sitting ai neogenitori secondo necessità. Con possibilità di servizi “last minute” per emergenze grazie all’innovazione tecnologica. Infine, si propone di potenziare collaborazioni pubblico-private per ridurre o eliminare i costi dei centri estivi, stabilizzare le politiche sul congedo parentale ed estendere il credito d’imposta alle aziende che investono in programmi di sostegno alla conciliazione vita-lavoro, natalità e genitorialità, incluso lo smart working.
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