Il Parlamento europeo approva la riforma delle patenti di guida: accesso anticipato per i minorenni con accompagnatore obbligatorio, esami più severi e patente digitale. Tra gli obiettivi, ridurre le quasi 20mila vittime annuali sulle strade europee e affrontare la carente disponibilità di autisti professionisti nel continente.
La svolta europea per i giovani conducenti
L’Europarlamento ha dato l’ok definitivo alla revisione delle norme sulla patente di guida, introducendo modifiche che cambieranno il modo in cui milioni di cittadini europei si avvicinano alla strada. Le due direttive, approvate senza votazione in seconda lettura per mancata presentazione di emendamenti, rappresentano il frutto di un accordo raggiunto tra Parlamento, Consiglio e Commissione.
La novità più attesa riguarda i diciassette anni che potranno ottenere la patente B, ma con una condizione precisa. Fino al compimento della maggiore età dovranno guidare sempre affiancati da un conducente esperto, patentato da almeno dieci anni e con età non superiore ai sessantacinque anni.
Si tratta di un modello già sperimentato in altri Paesi, quello della guida accompagnata, pensato per garantire ai più giovani un apprendimento graduale e sicuro. L’obiettivo dichiarato dalle istituzioni europee è duplice. Da un lato ridurre drasticamente il numero di vittime della strada, dall’altro affrontare la grave carenza di autisti professionisti che attanaglia il settore dei trasporti in tutto il continente. Dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, gli Stati membri avranno tre anni per recepire le disposizioni nel diritto nazionale e un ulteriore anno per prepararsi alla loro attuazione. Le nuove regole dovrebbero quindi entrare in vigore entro il 2030.
Esami più rigorosi e periodo di prova obbligatorio
Gli aspiranti conducenti dovranno affrontare prove d’esame rinnovate e più stringenti. Le nuove disposizioni prevedono domande specifiche sui rischi legati agli angoli ciechi, sui sistemi di assistenza alla guida, sull’apertura sicura delle porte e sui pericoli derivanti dall’uso del cellulare durante la guida. Particolare enfasi viene posta sulla consapevolezza dei rischi per pedoni, bambini, ciclisti e tutti gli utenti vulnerabili della strada. Una scelta che riflette la necessità di formare conducenti più attenti e responsabili, capaci di condividere lo spazio stradale in modo equilibrato.
I neopatentati dovranno inoltre affrontare un periodo di prova obbligatorio di almeno due anni. Durante questa finestra temporale, l’applicazione delle norme diventa più rigorosa e le sanzioni più severe per chi viene sorpreso a guidare in stato di ebbrezza, senza cintura di sicurezza o con altre infrazioni gravi. Per quanto riguarda i controlli sanitari, la visita medica obbligatoria prima del rilascio della prima patente o al momento del rinnovo includerà non solo gli esami della vista ma anche verifiche delle condizioni cardiovascolari. Anche se, alcuni Stati membri, possano optare per un modulo di autovalutazione. Si tratta di misure pensate per garantire che chi si mette al volante sia effettivamente in condizioni psicofisiche adeguate.
Patente digitale e validità estesa
La riforma introduce anche la patente digitale, accessibile direttamente dallo smartphone tramite tecnologia di portafoglio digitale. Questo formato è destinato a diventare progressivamente lo standard in tutta l’Unione europea, semplificando i controlli e rendendo praticamente impossibile dimenticare il documento a casa. Gli eurodeputati hanno però insistito affinché ai conducenti fosse sempre garantito il diritto di richiedere una patente fisica, che dovrà essere rilasciata nel giro di tre settimane dalla richiesta.
Sul fronte della validità, la patente per motocicli e automobili avrà una durata di quindici anni, anche se gli Stati membri potranno ridurre questo periodo a dieci anni qualora il documento valga anche come carta d’identità nazionale. Per autocarri e autobus, invece, la validità sarà di cinque anni. I singoli Paesi potranno decidere di ridurre il periodo di validità per i conducenti di età pari o superiore ai sessantacinque anni. In modo da sottoporli a controlli medici più frequenti o a corsi di aggiornamento. Altro elemento chiave della riforma riguarda il riconoscimento reciproco delle sanzioni: le decisioni di sospensione, ritiro o limitazione della patente prese in uno Stato membro dovranno essere trasmesse rapidamente alle autorità nazionali degli altri Paesi, garantendo l’uniformità delle misure punitive in tutta l’Unione.
Questo meccanismo mira a chiudere una delle principali falle nel controllo transfrontaliero. Soprattutto per casi di guida sotto effetto di alcol o droghe, incidenti mortali o eccessi di velocità rilevanti.
Una risposta alla carenza di autisti professionisti
Le nuove norme affrontano anche la drammatica carenza di conducenti professionisti che sta mettendo in difficoltà l’intero settore dei trasporti europeo. Secondo recenti studi, nell’area formata da Unione europea, Gran Bretagna e Norvegia mancherebbero oltre 233mila autisti, un numero che potrebbe triplicare e raggiungere le 745mila unità entro il 2028. Si tratta di un’emergenza che mina la stabilità della catena di approvvigionamento e richiede interventi coordinati a livello continentale.
Per contrastare questo fenomeno, la riforma abbassa l’età minima per guidare veicoli professionali. I diciottenni potranno ottenere la patente per guidare autocarri (categoria C), mentre i ventunenni potranno conseguire quella per autobus (categoria D). Solo a condizione, però, che siano in possesso di un certificato di abilitazione professionale. In assenza di tale qualifica, l’età minima resta fissata rispettivamente a ventuno e ventiquattro anni. L’obiettivo è favorire l’ingresso di nuove leve in un settore che registra un’età media degli autisti di 47 anni, con un terzo dei conducenti che ha superato i 55 anni e che andrà in pensione nel prossimo decennio.
Solo il 5% degli autisti europei ha meno di venticinque anni; un dato che evidenzia la scarsa attrattività della professione per le giovani generazioni, complice anche l’elevato tasso di turnover e condizioni di lavoro spesso difficili.
Obiettivo: sicurezza stradale
La riforma si inserisce nel più ampio piano europeo volto a migliorare la sicurezza sulle strade e ridurre il numero di vittime. Nel 2024 sono state registrate circa 19.800 persone morte in incidenti stradali nell’Unione europea, con un calo del tre per cento rispetto all’anno precedente. Si tratta di un miglioramento ancora insufficiente per raggiungere l’obiettivo che l’Ue si è posta. Dimezzare il numero di vittime e feriti gravi entro il 2030 e azzerare completamente le morti sulle strade entro il 2050. Per centrare il primo traguardo sarebbe necessaria una riduzione annua del 4,5%, un ritmo molto superiore a quello attuale.
Le percentuali, nel dettaglio
Analizzando i dati più nel dettaglio, emerge che oltre la metà degli incidenti mortali si verifica su strade rurali. Le aree urbane e le autostrade, invece, rappresentano rispettivamente il 38 e il 9% dei decessi. Gli uomini costituiscono il 77% delle vittime, con le fasce d’età più vulnerabili tra i giovani dai 18 ai 24 anni e gli anziani sopra i 65 anni. Per quanto riguarda le categorie di utenti della strada, gli occupanti di automobili rappresentano il 44% dei decessi, seguiti da motociclisti al 20%, pedoni al 18% e ciclisti al dieci%. Nelle aree urbane, gli utenti vulnerabili costituiscono quasi il settanta per cento delle vittime.
L’Italia registra un tasso di 51 morti per milione di abitanti. Un valore superiore alla media europea di 44, anche se in lieve calo rispetto ai 52 dell’anno precedente. I Paesi più sicuri restano la Norvegia con 16 decessi per milione e la Svezia con 20, mentre Romania e Bulgaria si collocano in fondo alla classifica con rispettivamente 77 e 74 vittime per milione di abitanti.
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