All’asta il capolavoro scientifico del XVII secolo ideato da Blaise Pascal quasi quattrocento anni fa
Il mondo dei collezionisti e degli appassionati di storia della scienza è in fermento. Il 19 novembre prossimo, da Christie’s con una stima di 2-3.000.000 di euro, sarà battuta all’asta una scatola in legno, metallo e avorio lunga poco più di trenta centimetri. Dietro questo oggetto, in apparenza modesto, si cela uno dei tesori più significativi della tecnologia occidentale. Si tratta della Pascaline, la prima calcolatrice meccanica della storia, per cui la casa d’aste britannica ha stabilito una valutazione da capogiro: tra i 2 e i 3 milioni di euro. Il celebre congegno scientifico, antesignano dei computer moderni, si deve al genio del grande filosofo eclettico Blaise Pascal (1623-1662).
Quando i numeri divennero ingranaggi
Correva l’anno 1642 quando un giovane Pascal, appena diciannovenne, decise di sfidare i limiti del calcolo manuale. Il contesto familiare giocò un ruolo decisivo: suo padre Étienne ricopriva l’incarico di presidente della Cour des Aides de Normandie, sommerso quotidianamente da una mole di operazioni fiscali, contabilità e rilievi topografici. Osservando le fatiche paterne, il ragazzo ebbe un’intuizione geniale. L’idea rivoluzionaria prese forma attraverso ingranaggi, ruote dentate e cilindri rotanti, ispirati alla meccanica dell’orologeria di precisione. Pascal lavorò instancabilmente, realizzando nel corso degli anni una cinquantina di prototipi e una ventina di esemplari finiti, perfezionando tre versioni distinte: una dedicata ai calcoli aritmetici, una pensata per la contabilità monetaria e una terza progettata specificamente per le misurazioni sul campo. Quest’ultima variante è proprio l’esemplare che andrà in asta.
Un primato che attraversa i secoli
La Pascaline non costituisce semplicemente un oggetto d’antiquariato dal valore inestimabile. Rappresenta il primo tentativo documentato nella storia dell’umanità di trasferire un processo puramente intellettuale a un dispositivo meccanico. Gilberte Périer, sorella del genio francese, colse perfettamente l’essenza rivoluzionaria dell’invenzione quando scrisse nel 1712: “Questa opera fu considerata una novità, poiché riduceva una scienza interamente mentale a una macchina, trovando il modo di compiere tutte le sue operazioni con certezza assoluta, senza bisogno di ragionamento”. Nell’epoca contemporanea, dominata dall’intelligenza artificiale e dai supercomputer, quelle parole suonano profetiche. Pascal aveva intuito con quasi quattro secoli d’anticipo il principio fondamentale dell’automazione: affidare alle macchine compiti ripetitivi per liberare l’intelletto umano verso sfide più creative e complesse.
La rarità che fa la differenza
Degli esemplari prodotti da Pascal, soltanto nove sono giunti fino ai nostri giorni. Otto di questi sono nelle collezioni di prestigiosi musei sparsi tra Francia e Germania: il Musée des Arts et Métiers di Parigi custodisce gelosamente alcuni pezzi, mentre altri si trovano a Clermont-Ferrand, Dresda e nella collezione IBM di Bonn. Il nono esemplare, quello destinato all’incanto di novembre, costituisce l’unico rimasto in mani private. Il dettaglio che lo rende ancora più straordinario è che funziona perfettamente. Dopo quasi quattrocento anni dalla sua costruzione, gli ingranaggi continuano a girare, i meccanismi rispondono con precisione, come se il tempo non fosse mai passato. Trovare un oggetto tecnologico del Seicento in condizioni operative rappresenta un’eventualità rarissima, fatto questo che aggiunge valore a un pezzo già di per sé leggendario.
Quando il genio incontrò l’ostacolo
La storia commerciale della Pascaline non ebbe, però, il successo sperato. Pascal ottenne il brevetto e persino le autorizzazioni reali per la produzione, segnali inequivocabili del riconoscimento istituzionale della sua invenzione. Tuttavia, i costi di realizzazione si rivelarono proibitivi per l’epoca. Costruire ogni singolo esemplare richiedeva una maestria artigianale paragonabile a quella degli orologiai più raffinati, con investimenti economici che pochi potevano permettersi. Solo la regina Cristina di Svezia, celebre mecenate delle arti e delle scienze, acquistò uno degli esemplari, testimonianza del prestigio che circondava l’oggetto pur nell’insuccesso commerciale. La tecnologia di Pascal era troppo avanti rispetto alle possibilità produttive del suo tempo, un destino toccato a molte intuizioni geniali nella storia dell’umanità.
Il valore oltre il prezzo
Chi a breve si aggiudicherà la Pascaline non porterà a casa solo un oggetto costoso. Acquisirà un frammento tangibile della rivoluzione scientifica, un testimone materiale del momento in cui l’umanità iniziò a immaginare macchine capaci di pensare al posto dell’uomo. Quel piccolo congegno di ingranaggi e cilindri rotanti racchiude il DNA concettuale dei moderni computer, degli smartphone, di tutti i dispositivi oggi dati per scontati. La macchina di Pascal ricorda che l’innovazione nasce spesso da esigenze pratiche concrete – aiutare un padre oberato di lavoro – ma può generare conseguenze che trascendono di gran lunga l’intenzione originaria. Quello strumento pensato per semplificare calcoli fiscali ha innescato una trasformazione che continua ancora oggi, nell’era digitale, ponendo interrogativi sempre più urgenti sul rapporto tra intelligenza umana e artificiale.
Credit foto: Adnkronos.com
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