Dalle proteste dei residenti alle soluzioni intelligenti: come due icone del turismo mondiale stanno ridisegnando il futuro del viaggio
Camminare per Venezia all’alba, quando le calli sono ancora vuote, o ammirare il Fushimi Inari di Kyoto senza dover scattare foto tra la folla: esperienze che stanno diventando un lusso sostituite dalle immagini di folle in marcia. Nel 2024 l’Italia ha superato i 450 milioni di presenze turistiche, mentre il Giappone ha sfiorato i 40 milioni di visitatori stranieri. Numeri da record che – dietro all’overtourism – nascondono un paradosso: più turismo significa più ricchezza, ma anche più tensioni con i residenti. Prendiamo il caso delle città italiane: ogni giorno, nel centro storico, si riversano migliaia di visitatori attratti dai capolavori artistici. Il risultato sono negozi di souvenir al posto delle botteghe storiche, affitti alle stelle, residenti costretti a trasferirsi in periferia. Situazioni simili si ripetono a Barcellona, Amsterdam e in decine di altre città.
La svolta: viaggiatori disposti a pagare per la tranquillità
Dalla ricerca dell’Università di Bergamo presentata all’Expo di Osaka emerge però un dato in controtendenza con l’overtourism: quasi un turista su due sarebbe disposto a spendere il 10-15% in più pur di evitare code e affollamento. Non si tratta più della generazione che accettava di fare ore di fila per un selfie con la Gioconda. Oggi, soprattutto tra i 35-44enni, cresce la voglia di esperienze autentiche, lontano dalla ressa. Questa nuova sensibilità si traduce in scelte concrete. Sempre più viaggiatori abbandonano i percorsi tradizionali per scoprire angoli meno conosciuti. In Italia, ad esempio, cresce del 20% l’anno la domanda di agriturismi e strutture rurali. In Giappone, il ministero del Turismo registra un boom delle prenotazioni nelle prefetture meno battute, come Shimane o Tottori, lontane dai circuiti classici.
Tecnologia e tradizione per un turismo nuovo
Proprio al Padiglione Italia di Expo Osaka si sono confrontati ricercatori, politici e operatori turistici dei due Paesi per lavorare ad una roadmap comune. Al centro, tre direttrici fondamentali che, laddove sperimentate, stanno già dando risultati. La tecnologia gioca un ruolo chiave. A Kyoto, sensori intelligenti regolano l’accesso ai templi più affollati, indirizzando i visitatori verso alternative meno congestionate. In Valpolicella, un sistema di prenotazione digitale aiuta a distribuire i flussi enoturistici durante tutto l’anno. Parallelamente, si rafforza l’attenzione per le aree interne. In Giappone, il progetto Satoyama trasforma villaggi di montagna in destinazioni per il turismo slow. In Italia, borghi come Civita di Bagnoregio o Santo Stefano di Sessanio dimostrano come la rinascita passi attraverso un turismo rispettoso e di qualità.
Overtourism addio: storie da imitare
Alcuni territori hanno già trovato soluzioni innovative. Nelle Langhe, invece di limitare l’accesso, hanno creato percorsi alternativi che valorizzano cantine meno conosciute, alleggerendo la pressione sui produttori più famosi. A Matera, il biglietto unico per i Sassi include orari di visita scaglionati, migliorando l’esperienza dei turisti e la vita dei residenti. In Giappone, l’isola di Naoshima è diventata un caso studio internazionale. Abbandonata negli anni ’80, oggi attira viaggiatori da tutto il mondo con i suoi musei diffusi, dimostrando che cultura e turismo possono rigenerare un territorio senza snaturarlo.
Big data e intelligenza artificiale contro l’overtourism
Per combattere l’overtourism, dunque, la prima mossa è dotarsi di strumenti di monitoraggio avanzati. Raccolta e analisi dei dati diventano fondamentali: sapere esattamente quanti turisti arrivano, quando e dove si dirigono permette di prevenire situazioni critiche. L’intelligenza artificiale è un alleato prezioso, capace di prevedere i flussi e suggerire soluzioni in tempo reale per gestire mobilità, servizi pubblici e capacità ricettiva. Ma la vera svolta sta nel ripensare il modello turistico nel suo insieme. Destagionalizzare i flussi, promuovere mete alternative e creare un equilibrio tra esigenze dei visitatori e qualità della vita dei residenti.
Turismo rurale ed enogastronomico: la ricetta che fa bene a tutti
Per limitare l’overtourism non si può non parlare di turismo rurale ed enogastronomico. L’Italia e il Giappone stanno dimostrando come questa formula possa alleggerire la pressione sulle città d’arte, redistribuendo i flussi verso aree meno battute. Non si tratta semplicemente di spostare i turisti, ma di offrire esperienze autentiche legate alla cultura agricola e alle tradizioni locali. Dai percorsi del vino in Toscana alle fattorie didattiche del Giappone rurale, queste esperienze attirano viaggiatori sempre più attenti alla sostenibilità. Il risultato è un turismo slow e consapevole che rigenera i territori, crea economia diffusa e restituisce dignità alle comunità locali.
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