Il più famoso serial killer della storia scomparve nel nulla portando con sé il segreto della sua identità
Il 9 novembre 1888, poco dopo le 10:45 del mattino, Thomas Bowyer bussa alla porta della stanza 13 di Miller’s Court, uno squallido vicolo londinese nei pressi di Spitalfields Market. È stato mandato dal padrone di casa a riscuotere l’affitto arretrato da Mary Jane Kelly, una giovane prostituta di venticinque anni. Nessuno risponde. Bowyer si avvicina alla finestra rotta e guarda dentro, poi indietreggia urlando. Mary Jane giace sul letto, massacrata con ferocia. Il corpo fatto a pezzi, il volto mutilato, gli organi interni asportati.
Quella mattina segnò l’apice del terrore che da tre mesi paralizzava Whitechapel, il quartiere più miserabile della capitale dell’Impero britannico. Mary Jane era l’ultima vittima di Jack lo Squartatore, l’assassino più famigerato della storia criminale britannica, che – dopo tanto orrore -, scomparve come un fantasma nella nebbia, lasciando dietro di sé cadaveri e un mistero destinato a rimanere irrisolto per sempre.
Chi aveva ucciso con ferocia 5 prostitute, tra il 31 agosto e il 9 novembre 1888? E soprattutto, perché si era fermato improvvisamente? Per entrare nella mente dell’assassino bisogna immergersi nell’inferno di Whitechapel, il quartiere dell’East End dove tutto accadde. Un labirinto di vicoli oscuri, tuguri fatiscenti e case popolari sovraffollate, dove migliaia di persone vivevano ammassate in condizioni disumane. La rivoluzione industriale aveva attirato masse di lavoratori dalle campagne e dall’Irlanda, creando una popolazione disperata che lottava quotidianamente per la sopravvivenza. Di notte, le strade erano illuminate solo da pochi lampioni a gas che proiettavano ombre inquietanti sui muri anneriti dalla fuliggine. Tra questa umanità sofferente, centinaia di prostitute cercavano di guadagnare pochi penny vendendo il proprio corpo agli angoli delle strade o nei cortili bui. Tra loro Jack scelse le sue vittime.
La prima fu Mary Ann Nichols, detta Polly, il cui corpo venne trovato all’alba del 31 agosto 1888. Aveva la gola tagliata e l’addome squarciato. Otto giorni dopo fu scoperta Annie Chapman, anche lei con la gola recisa e le mutilazioni all’addome, ma questa volta l’assassino aveva asportato anche organi con precisione chirurgica, un dettaglio che fece ipotizzare che potesse avere conoscenze mediche. La notte del 30 settembre, il killer colpì due volte. Prima uccise Elizabeth Stride intorno all’una di notte, ma probabilmente venne disturbato, perché il corpo presentava solo la gola tagliata. Meno di un’ora dopo toccò a Catherine Eddowes, alla quale invece asportò anche organi interni con precisione inquietante. Fu dopo questo doppio omicidio che arrivò la lettera destinata a dare il nome al mostro. Indirizzata alla Central News Agency, scritta con inchiostro rosso e firmata “Jack the Ripper” (“Jack lo Squartatore”), la missiva derideva la polizia e prometteva nuove uccisioni.
Scotland Yard brancolava nel buio. Le indagini erano ostacolate dalle condizioni stesse di Whitechapel: testimoni poco affidabili o terrorizzati, scarsa illuminazione notturna, un dedalo di vicoli dove era facilissimo sparire e una popolazione diffidente verso le autorità, che rappresentavano il potere che li opprimeva quotidianamente. L’ispettore Frederick Abberline e i suoi uomini interrogarono centinaia di persone, seguirono innumerevoli piste, perquisirono case e bordelli, ma ogni traccia sembrava evaporare. La stampa alimentava l’isteria e gruppi di vigilanti si organizzarono per pattugliare le strade con bastoni e lanterne.
Alcuni testimoni riferirono di aver visto le vittime in compagnia di uomini poco prima degli omicidi, ma le descrizioni erano vaghe: a volte un uomo dall’aspetto rispettabile con baffi e cappello a cilindro, altre una figura rozza e minacciosa, o ancora uno straniero dall’aspetto ‘ebraico’, riflesso dell’antisemitismo dilagante nel quartiere.
Infine, Mary Jane Kelly, l’ultima vittima. Più giovane e più attraente delle altre, lavorava in una stanza propria, non sulla strada. L’assassinio avvenne al chiuso, il killer ebbe così tutto il tempo di dare sfogo alla sua furia omicida. Poi, il silenzio. Nei mesi e negli anni successivi ci furono altri omicidi a Whitechapel, ma nessuno portava il marchio dello Squartatore. Era morto? Era in manicomio? Era fuggito? O aveva soddisfatto l’oscuro impulso che lo aveva spinto a uccidere?
Gli studiosi hanno proposto centinaia di teorie e sospettati. Tra i nomi più ricorrenti, Montague John Druitt, un avvocato trovato morto nel Tamigi poche settimane dopo l’ultimo assassinio, sospettato dalla famiglia di “tendenze omicide”. Gli investigatori indagarono su Aaron Kosminski, un barbiere ebreo polacco ricoverato in manicomio, mentre alcuni indicarono figure fantasiose come il principe Alberto Vittorio, nipote della regina Vittoria, o Lewis Carroll, l’autore di Alice nel Paese delle Meraviglie. Teorie che dimostrano quanto il caso abbia catturato l’immaginazione popolare. Analisi moderne del DNA su uno scialle presumibilmente appartenuto a una delle vittime hanno suggerito Kosminski come colpevole, ma la metodologia e l’autenticità del reperto sono state ampiamente contestate. La verità è che, con ogni probabilità, non sapremo mai chi fu veramente Jack lo Squartatore. L’assassino ha portato il suo segreto nella tomba, lasciando dietro di sé un’eredità di terrore e fascinazione.
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