Il Paese condivide il primato con la Svezia, ma il rapporto Country Health Profile 2025 evidenzia criticità strutturali nel servizio sanitario nazionale: dalle liste d’attesa infinite alla carenza di infermieri, fino all’allarmante diffusione del fumo tra i giovanissimi.
Vivere oltre gli 84 anni
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ha pubblicato il rapporto Country Health Profile 2025, e per l’Italia arrivano dati che raccontano una storia a due facce. Da un lato, gli italiani vivono più a lungo di chiunque altro in Europa: l’aspettativa di vita tocca gli 84,1 anni, un risultato raggiunto solo dalla Svezia e superiore di sei mesi ai livelli pre-pandemici. Dall’altro, il sistema sanitario nazionale arranca sotto il peso di problemi che si trascinano da anni e che rischiano di compromettere la tenuta di un modello che fino a ieri sembrava invidiabile.
Gli anziani italiani godono generalmente di condizioni migliori rispetto alla media europea. Un risultato che si spiega tanto con la qualità del servizio sanitario quanto con uno stile di vita radicato nel tempo: la dieta mediterranea, una socialità ancora viva, abitudini alimentari equilibrate. Tuttavia, malattie cardiovascolari e tumori rappresentano oltre la metà dei decessi, mentre il cancro ai polmoni, la cardiopatia ischemica e il Covid-19 restano le principali cause di mortalità prevenibile. Un dato che sottolinea come il sistema debba investire ancora sulla prevenzione, nonostante l’Italia destini a questo capitolo il 4,6% della spesa sanitaria totale, più della media europea ferma al 3,4%.
Liste d’attesa e rinunce alle cure
Le liste d’attesa nel nostro Paese hanno raggiunto livelli insostenibili. Dal report emerge che oltre il 7% della popolazione ha dovuto rinunciare a cure mediche necessarie nel 2023. E la conseguenza diretta è l’esplosione della spesa sanitaria privata. Quasi il 24% della spesa sanitaria totale pesa direttamente sulle tasche dei cittadini, contro una media europea del 15,5%. La copertura pubblica per visite ambulatoriali e cure dentistiche rimane inadeguata, spingendo chi può permetterselo a rivolgersi al privato per accedere più rapidamente ai servizi.
Chi non può, invece, resta indietro: gli adulti a rischio di povertà hanno una probabilità 2,5 volte maggiore di segnalare bisogni medici insoddisfatti rispetto alla popolazione generale.
Il paradosso del personale sanitario
Il Country Health Profile mette in luce uno squilibrio che pesa come un macigno sul funzionamento quotidiano del servizio sanitario. L’Italia ha 5,4 medici ogni mille abitanti, un dato superiore alla media europea di 3,9 e tra i più alti del continente. Ma di infermieri ne ha solo 6,9 ogni mille abitanti, oltre il 20% sotto la media comunitaria di 9,2. Paesi come Germania e Francia ne contano rispettivamente 13 e 11. Dal 2020 il numero di laureati in infermieristica si è dimezzato rispetto alla media europea, un crollo che preannuncia difficoltà ancora maggiori nei prossimi anni.
Questo squilibrio incide direttamente sulla qualità dell’assistenza. Con pochi infermieri, i reparti ospedalieri faticano a rispondere alla domanda crescente di cura, i servizi territoriali restano sottodimensionati e l’intero sistema si logora. Il governo ha annunciato un piano triennale di assunzioni per diecimila medici e ventimila infermieri, ma i numeri restano insufficienti rispetto alle necessità reali. La carenza riguarda anche i lavoratori impegnati nell’assistenza a lungo termine, un settore che con l’invecchiamento della popolazione diventa sempre più cruciale.
Spesa sanitaria sotto la media europea
La spesa sanitaria pubblica pro capite italiana rimane inferiore del 19% alla media dell’Unione europea. Nel 2023 il nostro Paese ha destinato alla sanità l’8,4% del Pil, contro il 9,3% della media continentale e percentuali ben più alte in Francia (10,8%) e Germania (12,7%). A parità di potere d’acquisto, l’Italia spende 5.164 dollari per abitante, contro i 5.967 della media europea e i 9.365 della Germania. Il sottofinanziamento si traduce in strutture più affollate, meno servizi territoriali, carenza di riabilitazione e assistenza domiciliare. Eppure, il Paese riesce a ottenere risultati sanitari di alto livello, un’efficienza straordinaria pagata però al prezzo di un logoramento crescente del sistema.
Le disparità regionali aggravano il quadro. L’accesso ai servizi varia sensibilmente da Nord a Sud: in Calabria meno del 12% delle donne aderisce alle campagne di screening mammografico, mentre in alcune regioni settentrionali la percentuale sfiora il 50%. Anche le coperture vaccinali mostrano differenze significative: per l’influenza negli over 65 si attesta al 53%, mentre per il papillomavirus nelle quindicenni è scesa al 55%, sotto la media europea del 63%.
Allarme fumo tra i giovanissimi
Tra i dati più preoccupanti spicca quello sul fumo tra gli adolescenti. Il 27% dei quindicenni italiani ha dichiarato di aver fumato nell’ultimo mese, il terzo tasso più alto nell’Unione europea dopo Cipro e Bulgaria. Tra gli adulti la percentuale resta sotto il 20%, ma tra i ragazzi la tendenza è in crescita. Ancora più allarmante è la diffusione delle sigarette elettroniche, passate dal 13% nel 2019 al 23% tra i 15-16enni nel 2022. Si sta affermando il “policonsumo”, ovvero l’utilizzo combinato di sigarette tradizionali, elettroniche e tabacco riscaldato. Nel 2025 questa pratica riguarda il 70,7% degli studenti delle scuole superiori, quasi il doppio rispetto al 2022.
Gli adolescenti italiani registrano anche il livello più basso di attività fisica nell’Unione europea, e i tassi di sovrappeso infantile, pur rimanendo sotto la media comunitaria, sono in crescita. Il consumo di alcol resta complessivamente modesto, ma il binge drinking colpisce il 10% degli adulti e un giovane su sei.
Un sistema sotto pressione
Il rapporto certifica che l’Italia ha recuperato l’impatto della pandemia e mantiene una posizione di eccellenza in molti indicatori. La mortalità a 30 giorni dopo un infarto è scesa dal 6,5% nel 2023, e quella dopo un ictus ischemico è calata al 7,7%, risultati migliori della media continentale. Il Paese è tra i più rapidi nel rimborsare farmaci innovativi, soprattutto quelli antitumorali, anche se il mercato farmaceutico resta fortemente sbilanciato verso gli acquisti ospedalieri, che rappresentano il 75% della spesa, quasi il doppio della media europea. L’uso di farmaci generici rimane limitato al 28% contro il 56% della media continentale, un margine di risparmio che potrebbe liberare risorse preziose.
Ma tutti questi numeri non bastano a nascondere la fatica quotidiana di un sistema che regge su un equilibrio fragile. Solo il 44% degli italiani si dichiara soddisfatto della qualità dell’assistenza sanitaria, contro il 64% della media europea. L’invecchiamento demografico, la carenza di personale, le disuguaglianze territoriali e il sottofinanziamento rappresentano problematiche difficilmente risolvibili con interventi spot. La strada per trasformare la longevità in un traguardo sostenibile resta lunga e richiede scelte coraggiose; non solo aggiustamenti.
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