Un partenariato internazionale per sperimentare modelli abitativi di collaborazione. Laura Lieto, vicesindaco: «Partecipare a questo progetto significa promuovere una nuova cultura dell’abitare, fondata sull’inclusione e sulla responsabilità condivisa»
La cura reciproca e l’uguaglianza, facilitare l’integrazione, sostenere il senso di appartenenza. Sono questi i quattro principi su cui si basa il progetto Cities 4 Co-housing, un partenariato europeo a cui hanno aderito cinque città di cinque differenti Paesi: per il Portogallo Vila Nova de Gaia, per la Grecia Salonicco, per la Spagna Ayuntamiento de Fuenlabrada, per il Montenegro Nikšić e per l’Italia Napoli. Laura Lieto, vicesindaco del capoluogo campano spiega perché è importante aderire a una collaborazione internazionale: «Tutti devono poter avere un posto da chiamare casa».
Quali sono gli obiettivi del progetto?
Il progetto Cities 4 Co-housing si inserisce all’interno del programma europeo URBACT, finalizzato a promuovere forme di sviluppo urbano sostenibile attraverso il confronto tra città. Napoli ha aderito alla rete per approfondire e sperimentare modelli abitativi collaborativi, orientati alla coesione sociale, all’autonomia dei soggetti fragili e al riuso responsabile del patrimonio edilizio esistente. L’obiettivo è promuovere una nuova cultura dell’abitare, fondata su cura reciproca, inclusione e responsabilità condivisa.
Perché la città di Napoli ha deciso di aderire a Cities 4 Co-housing?
Napoli presenta una combinazione unica di bisogni abitativi insoddisfatti e risorse urbane inutilizzate. L’adesione nasce dalla volontà di rispondere in modo innovativo a fenomeni come l’isolamento sociale, l’emergenza casa e la marginalizzazione, valorizzando allo stesso tempo l’identità cooperativa dei nostri quartieri. Partecipare a Cities 4 Co-housing significa per noi trasformare il recupero edilizio in una leva di inclusione sociale, sperimentando soluzioni concrete di welfare abitativo in sinergia con esperienze europee.
Cosa significa far parte di una rete europea?
La dimensione europea ci consente di attingere a pratiche già collaudate, come il progetto CALICO a Bruxelles, e di adattarle al nostro contesto. Questo scambio è prezioso non solo per migliorare gli strumenti operativi, ma anche per rafforzare la capacità dell’amministrazione di rispondere in modo integrato a sfide complesse: dall’emergenza abitativa al bisogno di nuovi modelli comunitari. In una città con forti legami sociali come Napoli, il cohousing può diventare un laboratorio urbano di convivenza solidale.
In quali fasi progettuali saranno coinvolti gli anziani?
Il coinvolgimento attivo della comunità è uno degli elementi cardine del progetto. In particolare, il ruolo degli anziani sarà definito durante la fase partecipativa che si svilupperà nei prossimi mesi, attraverso un’interlocuzione diretta con il quartiere. La co-progettazione servirà a calibrare la composizione sociale del futuro condominio solidale di via Stadera, in funzione dei bisogni reali e delle potenzialità relazionali espresse dal territorio.
Verranno strutturati progetti di senior cohousing?
Sì, è un’opzione che stiamo valutando con grande attenzione. Napoli, come molte città italiane, vive una sfida crescente legata all’invecchiamento della popolazione. L’esperienza del condominio intergenerazionale di San Nicola a Nilo, già attivo nel centro storico, dimostra come il senior cohousing possa rappresentare una risposta efficace contro la solitudine, favorendo l’autonomia e la partecipazione sociale degli anziani. Estendere questo modello anche in altri contesti urbani significa riconoscere il valore sociale degli anziani e investire su una città più coesa e inclusiva.
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